L'analisi di Roma-Bologna: la creatura di Gasperini cresce e ha varie forme
Vittoria convincente e primi meccanismi chiari di sviluppo. Due sistemi di gioco, cambi di posizione e ruoli variabili, in attesa di Dybala

(GETTY IMAGES)
La creatura di Gasperini prende forma. Buona la prima, come si dice in questi casi. Ma nella città dei facili entusiasmi e delle facili depressioni è bene essere cauti. Basti ricordare che sono state buone anche le prime di Ivan Jurić e di Daniele De Rossi e poi è finita come sappiamo. Ma questa rubrica torna con il solito obiettivo: offrire qualche spunto di riflessione in più rispetto al dibattito sulla partita, a volte guardando al di là del risultato. Ci sono sentieri del tifo che la ragione non conosce. Ma quasi tutte le strade di natura tecnico-tattica e atletica sono invece riconoscibili. Ecco perché le due materie - tifo e tattica - non sempre camminano nella stessa direzione. Per fortuna la prima uscita della Roma di Gasperini ha messo d’accordo tutti. Perché il risultato maturato sul campo è meritato sia sotto il profilo tattico sia sotto quello statistico e contemporaneamente ha fatto felice un popolo intero. Semmai dovremmo chiederci che cosa ne sarebbe stato del puro dibattito calcistico sulla Roma, se un alito di vento avesse abbassato di 3 cm il tiro-cross di Castro o spostato di 5 quello di Wesley. Ma ci si penserà in un’altra occasione. Per il momento, però, dicevamo che le cose stanno funzionando sotto ogni punto di vista.
I due sistemi di gioco: 3421 e 442
Cominciamo col dire che davvero non ha più senso parlare di un sistema di gioco unico nel calcio moderno. Minimo sono due: in possesso e in non possesso. L’evoluzione del pensiero calcistico così fortemente sviluppata da tanti allenatori avanguardisti (tra questi c’è sicuramente Gian Piero Gasperini) è tale che non è più facile mettersi d’accordo sui numeri. Analizzando la prima Roma, la base di ogni discussione deriva dallo schieramento 3421, con tre difensori centrali, due esterni di gamba come Wesley e Angeliño, due centrocampisti centrali come Cristante e Koné, due mezze punte come Soulé ed El Shaarawy, un attaccante centrale come Ferguson. Più o meno la struttura della squadra in fase di possesso palla è stata questa. Ma in non possesso le cose cambiano. Ad esempio contro il 4231 dell’Everton in amichevole Gasperini aveva sostanzialmente chiesto alla sua squadra di muoversi accoppiandosi agli avversari con il 352 (tre centrali sulle tre punte, tre centrocampisti sui mediani e il tre quarti avversario, gli esterni sui terzini, gli attaccanti sui centrali), stavolta invece ha optato per un più semplice 442: Soulé e Ferguson sono andati a marcare i due centrali di difesa del Bologna, ma su De Silvestri ha allargato El Shaarawy, contemporaneamente facendo salire Wesley sull’altro terzino, Lykogiannis. Per conseguenza, Angeliño è andato a fare il quarto difensore (sui quattro attaccanti) spostando invariabilmente uno dei due difensori centrali (più spesso Ndicka, ma a volte anche Mancini) sul trequarti avversario Odgaard, lasciando all’altro la marcatura di Immobile (e poi di Castro). Così Hermoso è diventato quasi il terzino destro, chiamato ad occuparsi di Cambiaghi. Perché cambiare? Forse le caratteristiche degli avversari o forse perché El Aynaoui da “trequartista” non gli ha rubato l’occhio (si butta ancora poco dentro).
Le molte forme in possesso palla
La nuova Roma è quindi una creatura multiforme. Anche in fase di possesso palla, ad esempio, la scomposizione dei metodi di costruzione di un’azione prevede a volte l’allargamento laterale di uno dei due centrocampisti con l’immediata percussione spesso centrale degli esterni. Fateci caso: quando Koné si apriva alla sinistra di Ndicka come primo effetto Angeliño prendeva la posizione di mezzala. Così come molte volte è facile vedere un centrale dei tre partire in solitaria per andare a rappresentare l’elemento di disturbo nella finalizzazione in area di rigore. È capitato così, ad esempio, che Mancini abbia in qualche modo attirato l’attenzione dei marcatori liberando Ferguson. Accuratezze tattiche già viste anche nelle precedenti gestioni, che speriamo ora possano trovare quella ritualità che solo il tempo può garantire. Gasperini non ha ovviamente la formula magica, ma di sicuro nell’impianto di gioco romanista sono stati messi dei giocatori molto giovani e per questo malleabili e in grado di interpretare con entusiasmo le idee dell’allenatore. Questo, al momento, è tutto quello di cui c’è bisogno.
Il fattore tecnico
Gasperini è un animale da campo, ama assumersi in prima persona la responsabilità delle spiegazioni tattiche nelle esercitazioni a Trigoria, funzioni che tanti suoi colleghi delegano agli assistenti. Ma non basterà neanche trasmettere tutto ciò che è necessario. Ciò che non va mai dimenticato, infatti, è il fattore tecnico. Per funzionare, ogni sistema di gioco ha bisogno di calciatori di alto livello. Un allenatore è bravo soprattutto quando riesce in qualche modo a contenere gli effetti negativi delle mancanze tecniche dei propri calciatori e ad esaltare al massimo i punti forti di ognuno. Ecco dunque nella Roma, che si è vista con il Bologna, esaltate le capacità tattiche di El Shaarawy, grazie soprattutto alla contrapposizione di un non incontenibile De Silvestri, ecco la necessità di dirottare Hermoso a destra su Cambiaghi nonostante il disagio apparente del piede opposto preferito ma sfruttando in qualche modo l’esperienza maturata in tanti anni di calcio ad alto livello del giocatore spagnolo e anche l’attitudine piuttosto compassata dell’avversario. Così come nella coppia dei centrali difensivi ha staccato Mancini su Immobile delegando a Ndicka la marcatura di Odgaard, e quando è capitato che i due difensori si fossero trovati su direzioni diverse, è bastato un cenno d’intesa per tornare ognuno al proprio posto. Della bravura nell’interpretazione di Cristante non c’è ormai più nulla da aggiungere, il rammarico deriva semmai dai suoi limiti tecnici e dinamici. Koné ha invece margini di miglioramento impressionanti ed è il motivo per cui alla Roma hanno accettato di spostare al 30 giugno 2026 il fardello di certe plusvalenze senza privarsi di lui. Ferguson in questo momento è preferito a Dovbyk (che potrebbe anche lasciare la Roma) ed è la vera speranza per il futuro, avendo un prezzo sostenibile anche se onerosissimo, già fissato da far valere alla fine della prossima stagione. Chiaro poi che cambia tutto se oltre a Soulé, un ragazzo in continua crescita ma ancora non affermatissimo ad alti livelli, riusciranno a dare il loro contributo Bailey quando tornerà a disposizione e l’attaccante esterno che deve ancora arrivare. E soprattutto Paulo Dybala, il vero fuoriclasse di questa squadra. Anche quando è entrato a pochi minuti dalla fine, nelle condizioni di forma approssimative in cui si trova in questo momento, l’argentino ha dato dimostrazione a tutti della sua classe immensa. L’importante è che quando non giocherà (e purtroppo la storia ci anticipa in qualche modo che sono tante le partite in cui non potrà dare il suo contributo) ci saranno uomini in grado se non di non farlo rimpiangere almeno di surrogarlo degnamente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA