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L'analisi di Roma-Lille: le difficoltà sono quelle, inutile lo sfascismo

Con il Lille sono stati fatti meno errori che con il Verona. Ma il risultato è stato diverso. Bisogna lasciare a Gasperini il tempo di lavorare

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
04 Ottobre 2025 - 06:30

È arrivato quel momento in cui a Roma ci si comincia a dividere seguendo ognuno le proprie teorie. È il momento dello sfascismo, una religione che irretisce tutti: opinionisti, tifosi, commentatori, allenatori ed ex allenatori, dirigenti ed ex dirigenti di ogni fascia di età, di ogni condizione sociale, di ogni competenza. Sanno tutti tutto, l’importante è inquadrare un obiettivo e colpire fino al prossimo episodio. Solo che l’unico vero anello debole di ogni considerazione, quando il mercato è chiuso e le strutture societarie più o meno definite è invariabilmente l’allenatore. Così nel tempo sono stati tutti impallinati, da Di Francesco a Garcia, da Zeman a Fonseca, da Mourinho a De Rossi, passando per Jurić e finendo con Ranieri, che ha compiuto il suo capolavoro, uscendo vittorioso prima che qualcuno potesse dargli il benservito, magari dopo un paio di sconfitte. Ora c’è già chi se la prende con Gian Piero Gasperini, come se non si sapesse che per impiantare a Roma la sua idea di calcio sarà necessario far passare tante partite, in tanti giorni, tante settimane e probabilmente tanti mesi. Invece no. Per ora il flusso dell’onda emotiva non distingue obiettivi. Nel tritacarne, alla seconda sconfitta, sono già finiti tutti, dai proprietari ai dirigenti, dal direttore sportivo ai giocatori e qualcuno magari comincia pure con l’allenatore. Vedrete, però, che se le cose non dovessero sensibilmente migliorare, alla fine, per deduzione (il)logica, la fiumana verrebbe convogliata solo in un’unica direzione, quella del tecnico, data l’inveterata abitudine da queste parti di considerare possibile ogni volta il miracolo di invertire il rendimento di una squadra semplicemente affidandola a un nuovo stregone. Tanto quando perdi Mourinho è “bollito”, De Rossi “inesperto”, Jurić troppo “strano” e Ranieri… ah, no, Ranieri è andato via in tempo

Intanto siamo primi

Non vogliamo fare processi preventivi su un argomento che ovviamente non è all’ordine del giorno, quello del futuro dell’allenatore. Ma siamo già un po’ preoccupati per la piega che può prendere il dibattito, qualora le cose a breve termine non dovessero migliorare. Dal punto di vista dei risultati, per esempio, le cose stanno persino funzionando, nonostante il doppio passo falso tra campionato e coppa nelle sfide casalinghe contro Torino e Lille. I tornei sono lunghi e c’è ampio margine per rimediare. Quello che preoccupa, semmai, sono alcune delle prestazioni viste in questo primo periodo stagionale e avevamo sottolineato delle incongruenze anche nelle partite in cui si era vinto, consapevoli che il risultato positivo avrebbe comunque mascherato certe questioni e consentito comunque al (bravissimo) tecnico che ha la Roma di lavorare con serenità. La partita con il Lille ha tirato fuori, però, vecchi problemi che nessun allenatore da solo è in grado di sovvertire, almeno fino al giorno in cui non si riuscirà a portare a termine un cambiamento radicale nella rosa giallorossa con talenti veri liberi di crescere nell’incubatrice di Trigoria. Abbiamo però l’impressione che anche stavolta sul mercato si sia persa l’occasione di rinforzare realmente la squadra con i giocatori adatti all’allenatore, ma questo problema, già denunciato quando il mercato si stava chiudendo, si potrà risolvere solo nelle prossime sessioni di mercato. Per ora bisogna far di conto con quello che c’è e bisogna inevitabilmente affidarsi all’allenatore e per il futuro, al direttore sportivo, dando forza e spessore alle loro strategie, anche nei momenti in cui si ritiene che si stia sbagliando qualcosa. Altrimenti prevarrà sempre la tentazione di cambiare di nuovo e ricominciare in questo eterno loop capace di sommare disastri ad altri disastri. 

Le tre variabili

Che margini di miglioramento ha ora questa squadra? Bisogna partire dall’assunto che, come più volte sottolineato in queste pagine, Gasperini è un maestro del contro-gioco, un inventore di un genere calcistico che praticamente solo lui al mondo ad alti livelli promulga ed è connaturato nella sua stessa filosofia un concetto che va sempre tenuto presente: difficilmente si vedranno con la Roma partite spettacolari, almeno fino al giorno in cui la condizione fisica, le strutture muscolari e la capacità tecnica della squadra non saranno esaltate ai loro massimi livelli. Fino ad allora ci si dovrà accontentare di sprazzi di buona Roma dentro partite piene di duelli muscolari, il cui esito potrà ogni volta determinare una rete per la Roma o una rete per gli avversari. E bisognerà essere in grado di accettare di buon grado l’uno e l’altro evento. 

L’alone di precarietà

Col Torino e con il Lille, ad esempio, si sono persi due contrasti e si sono presi due gol che hanno fatto perdere due partite. Con la Lazio e col Verona è successo il contrario, ma l’alone di precarietà che in questi anni ha sempre permeato ogni partita della Roma incombe anche sulla testa di Gasperini fin quando, per l’appunto, non sarà possibile tirare fuori tutte le migliori caratteristiche. Per ora ne mancano diverse, quella tecnica su tutte. Contro il Lille, ad esempio, si sono raggiunte cifre imbarazzanti quanto a percentuali di (in)accuratezza di passaggi (appena 78,38%) e palle perse (151), fonte Wyscout. Però può indurre a riflessione il fatto che in tempi recenti si è fatto peggio. Per l’esattezza contro il Verona, quando sono state 158 le palle perse e la percentuale di accuratezza si è fermata al 77,61%. Che cosa c’è stato di diverso? Il risultato finale. Col Verona si è vinto e nessuno si è indignato, con il Lille si è perso e la squadra all’improvviso sembra non avere alcuna prospettiva. Semmai ci si potrebbe interrogare sull’opportunità di mandare Pellegrini a correre dietro alle discese del terzino Meunier. Ma sono le controindicazioni di una filosofia che prevede sempre marcature individuali. Ora ci sarà l’esame della Fiorentina, appena rinfrancata dalla vittoria in Conference League contro il Sigma Olomouc, ma reduce da un pessimo inizio di campionato (sedicesima in classifica, con appena 3 punti). Pioli sta alternando diversi sistemi di gioco, dal 352 al 442 passando per il 3421 e il 3412, e questo rende non semplice capire se Gasperini stia pensando di trarre indicazioni dallo schieramento avversario. Peraltro, vista l’imminente sosta e visti gli impegni assolti fino ad oggi, ci sembra piuttosto scontato che giocheranno ancora i tre difensori (Hermoso sembra più indietro), con Rensch (o Wesley) con Angeliño in fascia, Koné con Cristante, e davanti Soulé e Pellegrini alle spalle di Dovbyk, favorito su Ferguson. Poi alle contrapposizioni tattiche penserà Gasperini...

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