L'analisi della sfida col Verona: niente modello Atalanta, Gasperini ricerca la sua Roma
Con i risultati a favore ci si allena meglio. Ma per arrivare alla squadra dei sogni ci vorrà tempo. E non va sprecato con paragoni inutili

(GETTY IMAGES)
Nella valutazione del processo di crescita della Roma di Gasperini c’è forse un riferimento sbagliato che varrebbe la pena scansare subito, a maggior ragione dopo la vittoria sul Verona che qualcuno ha considerato comunque deludente. La Roma non deve porsi oggi come modello l’Atalanta e ragionare di conseguenza su quello che manca: troppo diverse le basi su cui si è poi costruita quella squadra negli anni e troppo distanti anche le prospettive e le ambizioni tra i due club per poter considerare valido quel riferimento. Non entriamo nel merito: non c’è una realtà migliore e una peggiore, ma consideriamo che l’allenatore ha visto l’approdo di Roma come un upgrade e avrà avuto i suoi motivi. Si tratta solo di evitare paragoni che oggi possano fuorviare se si deve dare un (parziale) giudizio. La Roma di Gasperini rispetto all’Atalanta di Gasperini ha in comune solo l’allenatore. Direte: è già tanto! Sì, perché le idee tattiche sono quelle, ma le declinazioni tecnica, agonistica, ambientale e psicologica di quelle idee stanno assumendo connotazioni tanto diverse da consigliare molto prudenza sul tema. Se n’è accorto molto presto Gasperini, che, non per caso, già da qualche settimana ha provato a scansare ingombranti paragoni sulle strutture fisiche differenti tra i giocatori delle due squadre in diversi ruoli, per esempio sulle fasce. E sulla qualità delle soluzioni offensive, e sulle modalità di pressione, e sulle marcature sulle palle inattive ecc ecc. Là dove c’è diversità i più superficiali vedono un problema, i più geniali un’opportunità. Anzi, è opinione condivisa che se Gasperini ha avuto una “colpa” negli anni passati è stata proprio quella di dare, ad un certo punto del suo percorso all’Atalanta, un indirizzo troppo muscolare alla sua squadra a scapito della tecnica che nelle versioni migliori della sua gestione del club nerazzurro era stata invece la chiave di volta per ottenere continuità nei successi. Non c’è, dunque, da rimpiangere le strutture fisiche più imponenti che avevano i bergamaschi rispetto ai romanisti oggi, ma di capire come queste differenze possano essere declinate a vantaggio dei risultati. E lo diciamo in un momento in cui si vincono partite a ripetizione, come non eravamo praticamente più abituati a vedere. Eppure neanche ora siamo riusciti a toglierci di dosso questa sensazione di precarietà anche dopo diversi successi consecutivi: così come era capitato per un po’ con Mourinho, poi con De Rossi e infine con Ranieri, si vincono le partite e poi si torna a casa bofonchiando “sì, però”. Il fatto è che nessun allenatore può trasformare una squadra di buoni giocatori in campioni o viceversa. Esistono semmai allenatori più bravi di altri che attraverso le loro idee riescono ad esaltare al massimo il potenziale tecnico a disposizione ed altri che invece finiscono con il deperirlo. E, per fortuna, oggi la Roma è in mani piuttosto solide da questo punto di vista.
Non settimane, ma stagioni
Bisogna dunque aver fiducia perché la Roma è in buone mani, anche se restiamo convinti che il processo di crescita generale della squadra verso ciò che Gasperini ha in mente abbia bisogno di parecchio tempo, da conteggiare non in settimane, ma in mesi e forse stagioni. Ciò non significa che i punti guadagnati in questo inizio di campionato siano frutto di fortuna, o che non si possa puntare nell’immediato a un obiettivo ambizioso, ma solo che la rosa della Roma ha bisogno di aggiustamenti graduali nel tempo per poter corrispondere alle esigenze del tecnico. Anche De Rossi avrebbe avuto diritto ad un arco temporale più ampio ma a lui non è stato concesso. Confidiamo solo che non si ripeta lo stesso errore con Gasperini, anche se dovessero arrivare periodi più bui.
I principi di Gasperini
Questa doverosa premessa ha l’ambizione di contenere nello stesso discorso le ambizioni di chi è felice guardando solo ai risultati e le perplessità di chi è invece consapevole che nelle prestazioni di Pisa, col Torino, nel derby e con il Verona il risultato sia stato deciso da eventi che hanno più a che fare con la buona (o la cattiva) sorte piuttosto che con il reale valore di una squadra o dell’altra. Quando vedevi le partite dell’Atalanta, invece, certe partite non potevano mai sfuggire alla logica imposta dalla squadra dominante e semmai la casualità derivava solo per certe mancate vittorie. Se con la Roma non è ancora possibile godere della stessa sensazione è per diversi fattori che distinguono in maniera incomparabile i percorsi delle due squadre. D’accordo, la Roma ha decisamente minor fisicità rispetto a quell’Atalanta, ed è una squadra che senza la piena disponibilità di Dybala, di Bailey e anche di Pellegrini, finalmente lanciato sulla via del pieno recupero, non può risolvere le partite facendo affidamento ai gesti tecnici e di sicuro fatica anche a gestire per 90 minuti le partite sia per la condizione fisica non ancora rifinita sia per le condizioni meteorologiche indubbiamente penalizzanti per una squadra che deve pressare lungo l’intero arco della gara. Qualcuno vorrebbe suggerire al tecnico di cambiare un po’ mentalità di fronte a certe difficoltà, magari abbassando il proprio baricentro e rinunciando alle pressioni più estreme. Ma significherebbe chiedergli di rinunciare ai suoi principi di base, cosa che lui ha escluso di poter fare. Non c’è, dunque, strada alternativa: bisogna arrivare lì e per arrivarci non si può far altro che insistere, cercando nel frattempo di raggiungere i risultati sperati, partita dopo partita.
Le difficoltà del momento
Si può obiettare poi sulla qualità generale della proposta di gioco della Roma, ma questo non ha tanto a che fare con le responsabilità dell’allenatore, quanto alle caratteristiche dei giocatori della rosa. Sulle fasce la Roma ha giocatori di buon livello, non eccezionali, in mezzo l’eccellenza è solo Koné, ma anche lui ha diversi margini di miglioramento, in difesa è difficile rinunciare a Mancini e Ndicka, ma per prevenire contrattempi o infortuni bisognerà cominciare a pensarci, mentre davanti al momento non ci sono sostituti dello stesso valore tecnico per Soulé e Pellegrini ed è per questo che, nel preparare adesso la squadra che dovrà affrontare il Lille e quella che chiuderà questo mini ciclo domenica a Firenze, Gasperini si trova in fortissima difficoltà. A vantaggio del tecnico lavora il tempo. E sapere di avere tanti margini miglioramento, guardando tutti gli altri dal punto più alto della classifica, sia in Italia sia in Europa, in questo momento è di grande conforto. Anche se siamo appena all’inizio.
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