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L'analisi

Tatticamente: l’errore è pensare di essere i più forti

Il dibattito sul tracollo: Milan, Inter e Napoli sono più “squadra” di noi. Per salire di livello si è scelta la strada di Mourinho: va seguita ancora

Pellegrini e Smalling dopo un gol subito a Udine

Pellegrini e Smalling dopo un gol subito a Udine ((As Roma via Getty Images))

06 Settembre 2022 - 08:30

Non sono passati neanche cinque giorni e l’ammonimento di Roma-Monza si è immediatamente verificato: «Il problema - puntualizzavamo nel commento tattico della sfida della scorsa settimana in riferimento alle difficotà iniziali della Roma col Monza - si riproporrà nelle partite in cui la Roma faticherà ad alzare le sue pressioni e anche ad impostare una manovra pulita attraverso rotazioni o ricerca o ricerca sofisticata di linee di passaggio, e un eventuale gol subito potrebbe spingere a dare delle valutazioni negative delle prestazioni della squadra. Sarà bene ricordarselo quando accadrà perché quella rappresenterà probabilmente l’eccezione all’interno di un progetto studiato a tavolino dall’allenatore portoghese che resta quello di rendere la squadra giallorossa impermeabile agli attacchi avversari e capace però di un onda d’urto impressionante quando se ne può liberare ogni potenzialità». Non è vanagloria ciò che ci ha spinto oggi a riproporre un brano dell’ultimo TatticaMente, quanto la necessità di spiegare per quale motivo dopo la sconfitta di Udine non siamo tra quelli che ritengono particolarmente preoccupante la questione. Dobbiamo partire però da un presupposto: quali sono le reali potenzialità della Roma? Perché forse l’errore è proprio quello di essersi già sentiti più bravi di tutti. No, la Roma non è ancora squadra come lo sono Milan, Inter e Napoli. Anche a livello di individualità, soprattutto in un momento in cui le sono venuti a mancare due dei giocatori individuati da Mourinho come insostituibili titolari (Zaniolo e Wijnaldum), persistono ancora delle differenze.

L’evoluzione di Mourinho

Che cosa ci si aspetta, dunque, da Mourinho? Qualcuno può pensare che il portoghese punti tutto sul gioco, sulla costruzione dal basso, sulle linee di passaggio sofisticate e sui tagli offensivi che liberano in continuazione nuovi livelli di giocata per dominare il possesso palla e battere attraverso lo spartito qualsiasi avversaria? Se qualcuno lo pensava forse vive su Marte, non su un pianeta, quello calcistico, dove le carriere degli allenatori difficilmente nascondono sorprese. La maggiore qualità di Mourinho, partendo dal tipo di calcio che indubbiamente piace a lui (e che è sicuramente piaciuto a quasi tutti tifosi delle squadre in cui ha militato) è quella di attirare (in questo caso a Roma) il più consistente numero di campioni possibile che lui poi è davvero un asso a gestire. Un po’ quello che si sapeva di Allegri, ma a differenza del toscano Mourinho ha avuto un merito non indifferente nelle ultime stagioni: non si è nascosto dietro le proprie convinzioni e si è aperto alle novità, probabilmente anche per via di uno staff in continua evoluzione che gli fornisce evidentemente anche spunti innovativi. Tutto questo per dire che nella serata in cui ti vai a confrontare con una squadra di grande forza fisica e dinamismo, e di non secondarie qualità tecniche in diversi dei suoi elementi, per vincere devi evitare assolutamente errori tipo quelli che hanno consentito all’Udinese di ritrovarsi nel doppio vantaggio dopo un’ora di gioco.

I numeri della partita

I quattro gol poi vanno contestualizzati e non bastano a deprimere all’improvviso le qualità  dei difensori a disposizione, Rui Patricio compreso. In circostanze normali i primi due gol una squadra del livello della Roma non li subisce, e gli altri due ci sembrano diretta conseguenza dell’atteggiamento non più solido della squadra nella parte finale della partita. Non c’è neanche bisogno di citare il curioso dato degli expected goal: 1,10 per l’Udinese, 1,96 per la Roma. È la prima volta, su cinque partite, che il dato non rappresenta fedelmente anche il risultato. Secondo le occasioni create, insomma, la Roma avrebbe meritato di vincere la partita 2-1 invece l’ha persa 4-0. Ma la squadra di Mou ha gestito il pallone per gran parte dell’incontro, ad eccezione forse dei primi 10 minuti di gioco, con picchi dell’80% nella fase centrale della ripresa. Migliore è stata la precisione dei passaggi, migliore la distribuzione dei lanci lunghi (nel senso che la Roma vi ha fatto meno ricorso rispetto all’Udinese), migliore è stata la percentuale dei duelli vinti, migliore il dato delle azioni offensive per minuto, migliore persino l’intensità del pressing, tenuta alta per quasi tutta la partita tranne che nel quarto d’ora finale, quando ormai era chiaro che non c’era più nulla da fare. E non stiamo certo difendendo l’ignobile prestazione che ha portato la Roma a subire un pesantissimo passivo, il più consistente della storia di Mourinho dopo l’umiliante 5-0 del Barcellona di Guardiola nel 2010. Non stiamo dicendo che va tutto bene, non stiamo dicendo che non ci siano margini di miglioramento su cui Mourinho ha il dovere di lavorare. Stiamo semplicemente dicendo che la partita di Udine, come ha immediatamente rilevato l’allenatore, si è perfettamente dipanata secondo un canovaccio che se l’avesse potuto immaginare Sottile non l’avrebbe scritta così bene.

Il 4-3-3 una soluzione?

Il problema del centrocampo poco dinamico della Roma era stato perfettamente già individuato da Mourinho il quale però in questo momento si ritrova senza alternative. Non per caso aveva fortemente caldeggiato l’ingaggio di Wijnaldum, il giocatore che nella sua testa avrebbe dovuto migliorare la casella occupata da Veretout. Non per caso l’infortunio dell’olandese è stata una delle più brutte notizie che potessero arrivare alla Roma e al suo allenatore in questo inizio di stagione. Mettiamoci anche l’infortunio di Zaniolo, a togliere quel peso specifico che Nicolò è perfino lieto di portare sulle sue spalle e il quadro è completo. Ecco perché al momento riteniamo non ci siano soluzioni differenti per migliorare tatticamente la Roma a meno che l’allenatore non ritenga di cambiare qualcosa nel sistema di gioco, tornare a lavorare sulla difesa a quattro per utilizzare tre centrocampisti: Pellegrini e Zaniolo restano due straordinari mezze ali con licenze da trequartista. Dybala sarebbe impiegato sempre nel suo ruolo e Abraham restare il riferimento offensivo (con Belotti in alternativa). Si tratterebbe insomma di variare verso il 433, in pratica togliendo un difensore e aggiungendo un centrocampista alla squadra, potendo comunque contare sull’eclettismo di Cristante. Si risolverebbe anche il problema dei centrali di difesa e con il rientro di Zaniolo e l’inserimento di Camara in attesa di Wijnaldum ci sarebbe margine per vedere tutta un’altra Roma.

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