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L'analisi di Roma-Verona: se manca uno stile bisogna trovarlo

La Roma alla ricerca della sua identità, nel frattempo deve studiare meglio gli avversari e recuperare i titolari

La reazione dei calciatori al 2-0 del Verona (AS Roma via Getty Images)

La reazione dei calciatori al 2-0 del Verona (AS Roma via Getty Images)

21 Febbraio 2022 - 11:33

Diventa quasi impossibile individuare nel corso della stagione una Roma che sia stata filosoficamente, tecnicamente e tatticamente uguale a quella precedente. Dall'avvento di Mourinho si è passati attraverso diversi periodi tattici e anche se in un paio di occasioni si è avuta l'impressione che si fosse trovata la quadratura del cerchio, è bastato magari un risultato sgradito per ritrovarsi di nuovo alla casella iniziale. Dunque, qual è il modo migliore per far giocare bene questa squadra? Qual è il sistema di gioco ideale, o almeno il più redditizio? La natura di questa squadra è attendista o deve assecondare la sua propensione offensiva? C'è margine per portare pressioni fino alla prima impostazione avversaria o è una squadra strutturalmente più adatta ad aspettare bassa per non perdere compattezza? Forse la responsabilità maggiore dell'allenatore - al netto delle giustificazioni per le ripetute assenze che hanno impedito di formare un vero e proprio gruppo squadra e delle aberrazioni arbitrali su cui non faremo mai calare l'attenzione - sta proprio nel fatto che oggi la Roma non sembra avere un suo stile riconoscibile. E in nessun caso questa caratteristica può avere una valenza positiva. La Roma aveva cominciato con un 4231 non troppo offensivo nella sua impostazione filosofica e dopo un'entusiasmante fase iniziale di sei vittorie consecutive si è passati ad un'alternanza di risultati che ha convinto l'allenatore, in un momento in cui doveva fare i conti con tante assenze in alcuni ruoli chiave, a passare alla difesa a tre da cui nelle ultime 13 uscite ha derogato solo tre volte (contro Juventus e Cagliari in campionato e contro il Lecce in Coppa Italia ). Recentemente sembrava poi che a prescindere dal sistema di gioco l'allenatore volesse dare un'anima più aggressiva alla sua squadra esasperando le pressioni offensive anche a costo di rischiare qualcosa alle spalle, ma questa strada non è stata percorsa contro il Verona.

Gli altri, questi sconosciuti

Anzi, contro la squadra di Tudor è emerso un altro problema ricorrente in questa stagione: la scarsa attenzione che viene mostrata in campo nei confronti delle caratteristiche soprattutto tattiche degli avversari. C'è forse un problema specifico nella preparazione delle partite, acuito dalla frequenza degli impegni e dall'impossibilità di lavorare quotidianamente sul campo con lo stesso gruppo di giocatori. L'assurdo primo tempo di sabato pomeriggio è stato motivato infatti soprattutto dall'incapacità dei giocatori di fronteggiare la muscolare vivacità degli ospiti. Già prendere il primo gol in quella maniera è inaccettabile: la teatralità con la quale Faraoni ha finto disinteresse per la battuta della punizione laterale dopo neanche cinque minuti di gioco avrebbe dovuto attirare l'attenzione dei giocatori in barriera, in particolare Felix, che invece ha guardato l'evoluzione del triangolo come se fosse uno spettatore da casa. Dopo il gol, la partita per il Verona s'è messa in discesa e la Roma ha cominciato a fare i conti con quel macigno psicologico che in questi anni è sembrato insostenibile da reggere per le spalle purtroppo ancora fragili della squadra. Così è venuta a mancare la lucidità che avrebbe dovuto invece consentire ai giocatori di fronteggiare il Verona come si deve fare con l'Atalanta e col Torino, le altre due squadre che giocano in questa maniera grazie all'influenza specifica portata dal capostipite del settore Gasperini e poi rilanciata dal suo allievo Juric. Contro queste squadre le partite sono sempre "sporche", vivono di tanti duelli individuali che bisogna vincere, è fondamentale cercare sentieri verticali da risalire attraverso continui scarichi e ripetute rotazioni. E ovviamente bisogna evitare di affrontare le pressioni con il passo lento, stanco e a volte troppo sufficiente con cui spesso i romanisti cercano di contenere gli avversari, finendo invece per esaltarne il palleggio, arrivando sempre in ritardo.

L'apporto dinamico

Ci sono poi le scelte tecniche, sia quelle iniziali che quelle del secondo tempo. Considerando ad esempio le difficoltà già palesate dal limitato dinamismo della coppia Oliveira-Cristante, ci si poteva aspettare Veretout in campo dall'inizio. Nel secondo tempo invece è cresciuto l'apporto di giocatori freschi almeno mentalmente come Zalewski, Volpato e Bove. Anche il modo di giocare è cambiato, la velocità di trasmissione è aumentata, c'è stata una maggiore ricerca della verticalità, è aumentata la tensione difensiva mentre calava quella dei veronesi, forse inconsciamente già soddisfatti per lo straordinario primo tempo di cui erano stati protagonisti. Il fatto di aver trovato il pareggio prima della metà del tempo ho fatto il resto. L'anima della partita è cambiata, la Roma ha moltiplicato gli sforzi e all'improvviso si è resa conto che l'impegno che nel primo tempo pareva insormontabile è diventato alla portata.

Lo stile Mourinho

E qui torniamo al discorso iniziale: sarebbe infatti opportuno che la Roma si dotasse di un proprio stile di gioco che resti immutabile per quanto possibile alle difficoltà o alle facilità delle singole partite. Ogni grande squadra ha un suo stile preciso: a voler sintetizzare, si può fare il calcio che piace a Guardiola, quello che piace a Simeone, quello che piace a Klopp, quello che piace a Gasperini, individuando in questi quattro allenatori altrettanti stili di gioco molto precisi che non cambiano certo a seconda dell'avversario che si va ad affrontare. Una volta c'era anche lo stile Mourinho: il portoghese allenava squadre sempre molto solide difensivamente (ha quasi sempre vinto i campionati con la miglior difesa) ma anche in grado di segnare attraverso la partecipazione di molti attaccanti alla manovra. Certo, il calcio che gli avevamo visto fare all'Inter e con il quale è diventato grande oggi non esiste più, se ne è reso conto lui per primo e da uomo intelligente quale indubbiamente è ha provato nel tempo strade diverse attraverso diversi sistemi di gioco. È vero che quest'anno ha quasi sempre schierato le sue squadre per reazione alle assenze con cui doveva fare i conti, ma sarebbe anche il caso che soprattutto in prospettiva futura individuasse una modalità più precisa, soprattutto quando (se?) finalmente recupererà tutti gli infortunati. La Roma dovrebbe essere in grado di fare la sua partita sia giocando contro il Torino che contro l'Inter, contro il Verona e contro il Sassuolo, contro la Juventus e contro la Lazio. L'incertezza non aiuta i giocatori.

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