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Pugni e abbracci: qui si fa la Roma

Carica i tifosi, conforta i giocatori senza paura di fare scelte. E se c’è da attaccare non si spaventa: l’Arechi lo dimostra. Furiosa la sua reazione dopo l’unica sbavatura che poteva costare il gol del 2-1

José Mourinho (Getty Images)

José Mourinho (Getty Images)

31 Agosto 2021 - 10:29

Chissà se è più Mourinho quello che uscendo dal campo dà tre manate sul vetro per esaltare ulteriormente i tifosi della Roma in festa, o quello che abbraccia Diawara mentre gli spiega il compito a cui dovrà dedicarsi di lì a poco, nel momento in cui lo lascerà entrare in campo; o quello che nell'unica sbavatura difensiva della quasi perfetta prestazione della Roma a Salerno entra in campo vanamente inseguito dal quarto uomo e mulina le braccia furiosamente per richiamare tutta la difesa alla doverosa attenzione; o quello che nel post partita sorride amabilmente ad Ambrosini; o quello che agita il pugno uscendo dal campo per festeggiare la quarta vittoria consecutiva; o quello che parla del tempo necessario per costruire una squadra competitiva o quello che dice che non bisogna far passare troppo tempo per poterlo fare; o quello che sposa incondizionatamente il comportamento della società sul mercato o quello che chiede però di affrettare gli acquisti; o quello che richiama alle regole e poi sorride beatamente con una fetta di pizza e una lattina di Coca-Cola in mano; o quello che fa giocare le prime tre partite della stagione con un atteggiamento tattico molto cauto o quello che manda nove uomini all'attacco (a parte il portiere e un difensore) nella parte centrale del primo tempo della quarta partita che non riesce a sbloccare. Forse la risposta è più semplice di quello che può sembrare: Mourinho è tutto questo e tanto altro, ed è questo il suo segreto. Forse non è straordinario in niente, eppure sembra straordinario in tutto. E la cosa più importante è che alla Roma occorreva esattamente uno come lui, in questo preciso momento storico. In questa rubrica, negli ultimi anni, ci siamo sempre sforzati di capire le proposte degli allenatori che hanno occupato la panchina della Roma, qualche volta appoggiando la loro causa, a volte un po' meno, e comunque criticando nella maniera più analitica possibile e partendo comunque sempre da una base di rispetto che secondo chi scrive non deve mai mancare, se non altro per i diversi gradi di conoscenza che ci sono quasi sempre tra chi allena a questi livelli e chi scrive su un giornale. E restiamo convinti che non sia mai giusto esagerare nelle critiche solo perché sulla panchina della tua squadra del cuore in quel momento non siede il migliore di tutti. Al confronto con Guardiola ogni allenatore del mondo rischia di sembrare scarso: ma che colpa ne avrebbe? Onore al merito di Dan Friedkin per la scelta fatta. Non sappiamo se Mourinho sia il più bravo allenatore del mondo, per qualcuno ancora lo è, ma è sicuramente quello che serviva alla Roma in questo momento, forse addirittura più di Guardiola. La Roma doveva riaccendersi, prima che giocare bene. La Roma aveva bisogno di credere in se stessa, prima di credere di poter battere gli altri. La Roma aveva bisogno di questa comunione con i suoi tifosi, quella che abbiamo visto a Salerno, ad esempio, quella che si è vista all'Olimpico nelle due sfide casalinghe di questo inizio di stagione. E ad officiare questa cerimonia non poteva che esserci un maestro come lui.

La partita senza storia

Della partita di domenica c'è ben poco da dire: raramente nel campionato italiano si è vista una tale disparità tecnica, ma soprattutto tattica. Come testimoniano le grafiche, Castori ha impostato sin dal primo minuto una squadra decisamente difensiva rinunciando aprioristicamente a qualsiasi iniziativa ragionata offensiva, puntando tutto su catenaccio e contropiede, proprio come si faceva una volta. È uscita una partita a senso unico, con un passivo che alla fine condanna non solo la minor qualità dei padroni di casa, ma soprattutto la loro inadeguatezza tattica. Il possesso palla nel primo tempo è stato di 20% contro 80%. I lanci lunghi sono stati 64 a 13 nel primo tempo, i passaggi in totale addirittura 161 contro 698, le azioni offensive 17 contro 66, i tiri 4 contro 25, i passaggi concessi per azione difensiva (è l'indice che ti permette di capire quanto una squadra abbia pressato alta) sono stati di 21,3 contro 3,5. Sono numeri che non si sono mai verificati negli ultimi anni, mai c'era stata una tale differenza in campo. Viste le abitudini di casa nostra se per paradosso anche il secondo tempo fosse finito come il primo, in tanti si sarebbero sperticati nell'esercizio delle lodi all'allenatore di casa. E invece, aldilà della comprensibile volontà di non sprecare energie inutili contro una squadra evidentemente più attrezzata, non può più essere ritenuto accettabile un progetto tattico di chi ancora, nel 2021, pensa di resistere agli attacchi avversari solo rintanandosi dentro la propria area di rigore.

La qualità della Roma

C'è poi da sottolineare la straordinaria qualità delle giocate dei giocatori della Roma. Le reti sono state tutte di eccezionale fattura, a cominciare dalla coordinazione per il gran sinistro di prima intenzione di Pellegrini per il gol che ha spaccato la partita, passando per la sofisticata combinazione stretta che ha favorito il raddoppio di Veretout, planando sul primo gol italiano di Abraham (difficilmente ricordiamo un portiere tanto lontano dal punto in cui finisce il pallone calciato in porta: il destro dell'attaccante inglese ha sorpreso Belec non solo nell'esecuzione, ma proprio nell'idea). E terminando con il destro a giro ancora del capitano, un'altra prodezza bella da vedersi e difficile da farsi, favorita dalla splendida intuizione di Veretout che, recuperato il pallone sul fondo vicino alla bandierina, non si è limitato a rimetterlo in gioco con un classico scarico, ma lo ha orientato direttamente verso il compagno che arrivava centralmente ad attaccare direttamente la porta. Si chiama mentalità offensiva. Poi, sia chiaro: sono tante le squadre oggi che sembrano vivere uno stato di grazia come quello della Roma: c'è il Napoli, che magari fatica, ma vince sempre. C'è la Lazio che sta cominciando ad assorbire gli insegnamenti tattici di Sarri. C'è l'Inter, che non sembra affatto ridimensionata rispetto a quella che ha dominato lo scorso anno. E c'è il Milan che, grazie al lavoro della coppia Maldini-Massara, sembra aver costruito anche quest'anno una squadra in grado di competere per lo scudetto fino alle ultime giornate. Sono in cinque, insomma, a godersi il primo posto a punteggio pieno e a vantare le proprie ambizioni nella corsa al titolo. Non sarà facile, ma nel gruppone al momento c'è anche la Roma di Mourinho. Chi lo avrebbe mai detto?

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