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Atalanta-Roma, il quinto indizio sarebbe la prova

Una bella prestazione (e magari i tre punti) contro i bergamaschi metterebbe d'accordo tutti sul futuro roseo della squadra

Di Francesco dirige l'allenamento, di LaPresse

Di Francesco dirige l'allenamento, di LaPresse

27 Gennaio 2019 - 10:30

Va bene, la fase difensiva del Sassuolo non è stata irreprensibile e in un certo momento della partita le cose hanno rischiato pure di complicarsi; certo, il Parma ha un po' facilitato il compito perché s'è solo difeso e poi Olsen nel primo tempo ha salvato il risultato; ok, la Virtus Entella è una squadra di serie C e poi prima del 2-0 si è addirittura rischiata la brutta figura del pareggio; e poi, siamo d'accordo, il Torino all'inizio s'è presentato troppo dimesso e quando poi ha cominciato a giocare in fondo aveva pareggiato e nel finale Belotti ha avuto la palla del 3-3. Va bene, certo, ok, siamo d'accordo, non sono stati impegni irresistibili. Ma oggi no, però. Viene in mente Verdone. «Vabbè, ma sul colore non je poi di' niente». E parafrasando, «Vabbé ma se vinci a Bergamo non je poi di' niente». Sarebbe questo l'effetto di un'eventuale quinta vittoria consecutiva. Perché sul colore di una vittoria così nessuno potrebbe davvero dir niente. Il quinto indizio sarebbe una prova.

Vista da destra e vista da sinistra, la stagione della Roma si presta a speculari interpretazioni: i "cattivisti", restano convinti che la società abbia smontato una squadra quasi vincente e in più Di Francesco sia scarso, e quindi i patimenti della prima parte della stagione sono solo la logica conclusione di una strategia sbagliata, e i buoni risultati dell'ultimo periodo solo un fuoco di paglia che presto sarà spento dall'acqua (fredda) di nuove sventure; i "buonisti" hanno condiviso invece la logica delle cessioni, giustificano ogni errore commesso con la teoria dell'adattamento necessario, ritengono che Di Francesco abbia lavorato al meglio e che d'ora in poi sarà una cavalcata trionfale. Nei millemila punti interni della retta disegnata tra i due opposti si dibattono quelli che cercano di valutare i fatti con obiettività, registrando gli errori e apprezzando gli sforzi, riconoscendo la buonafede e la competenza di chi ogni giorno lavora a Trigoria per ridurre il gap con le più forti società d'Italia e d'Europa che sono partite troppo avanti in questa corsa al successo, al momento negata alla Roma se non in virtù di clamorosi exploit.

Ma di sicuro un'eventuale ottima prestazione (più che la vittoria, a questo dovremmo guardare) oggi al cospetto della squadra più in forma del campionato metterebbe d'accordo tutti. Cattivisti e buonisti, pessimisti e ottimisti, pallottiani e sensiani, tottiani e antitottiani, difrancescani e antidifrancescani, zaniolisti estremi o zaniolisti cauti (nessuno è anti, almeno fino al primo tiro sbagliato), stadisti e radiolari, romanisti dei tempi moderni. E Di Francesco? Sente la partita, tanto da aver rimesso in discussione alla vigilia una formazione che per diversi giorni è apparsa scontata. Un po' di pretattica anche per lui. Ed è una novità.

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