ASCOLTA LA RADIO RADIO  

Nun je da' retta Roma

La prima fonte di un giornalista sono gli occhi. Di un romanista pure: guardate quelli di Daniele e finiamola qui

L'abbraccio tra De Rossi e Totti, di LaPresse

L'abbraccio tra De Rossi e Totti, di LaPresse

31 Maggio 2019 - 09:13

Sapete qual è la prima fonte di un giornalista? Gli occhi. Se non l'hai imparato sul campo, te lo insegnano per l'esame di Stato da professionista. I tuoi occhi prima di tutto, prima del Presidente degli Usa che parla di armi di distruzione di massa in Iraq, prima dei testimoni oculari, prima delle fonti dirette, primarie, secondarie, istituzionali. Guardate quelli di De Rossi e chiudiamola qua. Scrivere oltre anche solo una parola per argomentare (!?) che Daniele De Rossi non è l'anima nera della Roma ma la sua anima è un delitto.

Prima di ogni mail mandata o fatta leggere o raccontata da chissà chi e chissà perché ci stanno sempre gli occhi, anzi «lo sguardo livido di Totti», come è stato scritto. E questo non si può sentire prima che leggere. Perché pure qua basta vedere. Francesco Totti durante quel saluto col sorriso di Daniele alla sua gente, era visibilmente più emozionato del suo ex compagno. E se c'è stato un momento in cui Daniele quel sorriso lo stava per perdere dentro un pianto, è stato quando si è tuffato nella giacca del suo capitano. Non è livido tutto questo. È Roma. Poi forse, probabilmente, Totti e De Rossi in questa stagione non si sono parlati per lungo tempo, forse avevano visioni diverse su Di Francesco (forse, ma credo di no), forse non erano d'accordo su alcune scelte societarie, forse, ma pure nel caso fosse la domanda è una sola e bella chiara: embé?

Si litiga. Si litiga anche di brutto se ci tieni, se rappresenti per me qualcosa. Si litiga dentro lo spogliatoio, dentro una squadra. Da che mondo del calcio, i senatori pesano, i senatori contano, i senatori indirizzano. Sono tutte strastorie di calcio, ed è strapieno di storie di calcio di squadre che hanno vinto con giocatori che non si potevano vedere tra di loro e, qualcuna, anche con l'allenatore. Il problema non sono queste cose, il problema è quando escono. Il problema non è nemmeno tanto chi le racconta (ognuno fa il suo lavoro e ognuno ha la sua coscienza), ma chi ha voluto farle sapere. E perché.

La mattina del tweet, molto prima della conferenza, Daniele e Francesco si sono incontrati per caso al bar vicino alla sala mensa della squadra. Non aspettavano di incontrarsi in quel momento. Non stavano davanti alle telecamere. Si sono abbracciati. E se poi il 26 maggio nessuno dei due ha pianto, l'hanno fatto tutte e due in quel momento. E lì non c'erano audio, vocali, labiali, lì c'era un abbraccio. Come all'Olimpico. E l'abbraccio dopo uno strappo, l'abbraccio dentro a un addio è anche più abbraccio. Non sono interpretazioni, sono occhi. Qualcosa che si presenta con la forza della verità, o dell'incredibile. Per esempio: «Vi faccio arrivare decimi». Bisogna commentare? È già il pronome che fa male.

Bisogna spiegare che, ammesso e non concesso (almeno si specifica che era in un momento di collera) De Rossi abbia detto quella cosa, che quella cosa non può mai essere vera. Sostanzialmente vera. Che la verità putativa e morale è un'altra. Che esiste un significante e un significato (linguistica spicciola) che le cose vanno contestualizzate, che ognuno di noi (io sicuramente) venisse ripreso h24 rischierebbe il carcere per le cose che dice (se fa pe di' eh, appunto).

Chiedete a Steven Nzonzi come si è comportato De Rossi con lui e con gli altri. Fra l'altro non risulta che De Rossi abbia rescisso il contratto ad agosto, ma che non glielo abbiano rinnovato a maggio. Andate a prendervi una cazzo di partita a caso di quest'anno (e di sempre) di De Rossi, quando esulta, quando strilla, quando s'abbraccia, quando s'allena a Natale col buco nella cartilagine, quando corre, quando è mare, e accostategli questa frase: «Vi faccio arrivare decimi». Pausa. Stop. Basta.

Ma più che questo passaggio ditesto (apprezzabile solo se la considerate una provocazione punk) è quel che il testo lascia di passaggio che non va: il sottotesto. Proprio il frutto di quello che sarebbe il lavoro di inchiesta. Quale è l'apporto "pubblico" di tutta questa storia? Quale il contribuito per migliorare e arricchire il destinatario, favorire punti di vista diversi, problematizzare e far sapere? Quale sarebbe? Che De Rossi è stata l'anima nera della Roma? Che è uno che guida le fronde contro l'allenatore e contro Totti? Che ha giocato contro la Roma??!?! Che ci ha fatto arrivare decimi (forse senza de lui ce sarebbero riusciti ad arriva' decimi veramente)? De Rossi. Stiamo parlando di Daniele De Rossi. Con quella faccia lì, quegli occhi lì, quella storia lì, quegli anni lì, quel tutto lì.

Quale sarebbe la storia che darebbe forza a tutto questo? Tipo: "Che da una mail di Lippie si scatena l'orda nera contro lo Stadio per portare Ferrero a Trigoria, e altro che romanismo! Visto che sarebbe una cosa retorica e sbagliata ed è meglio avere un approccio aziendale visto che è quello che scartavetra certe connivenze ed è meglio recidere e fare scelte impopolari perché quelle più giuste...". Si potrebbe continuare, ma io le madri di giovani giocatori non le vorrei nemmeno citare in questo contesto.

Il sottotesto è che la cessione di De Rossi avrebbe delle ragioni, con un corollario cogente: che chi contesta la scelta del mancato rinnovo è strumentalizzato, o lobotomizzato, oppure al servizio di chissà chi. Chi scrive ancora oggi è favorevole allo stadio, per esempio. Chi scrive è stato contrario senza se e senza ma alla scelta di non rinnovare per due semplici, puri, banalissimi motivi: 1) perché so' romanista e De Rossi mi rappresenta tanto; 2) perché vojo bene alla Roma e sta scelta sapevo che avrebbe portato tutto 'sto tsunami di fango (per tornare con l'italiano più elegante) sulla Roma. E vedere la Roma così fa solo male.

Se c'è un romanista contento di tutta questa situazione non è romanista. Se c'è un romanista che ieri mattina è stato felice di quello che ha letto non è romanista. Ora i ponti sono crollati, purtroppo. Sono state spianate autostrade a chi diceva cose false e strumentali contro la Roma ma oggi si trova fisiologicamente legittimato da tutta questa situazione. Gli altri sono all'angolo. O eroi. E gli eroi perdono.

Se ci stanno quelli che parlavano male di De Rossi e ora lo lo difendono è proprio per via di questa scelta! Questo è lo scempio più grande! Questa la cosa più dolorosa. Volano stracci, ma c'è semplicemente chi ama le bandiere. Ci sono tante, tante persone che non hanno capito e condiviso questa scelta senza essere al libro paga di nessuno, senza essere coinvolte in chissà quali internazionali nere o rosse, senza essere predisposte a cordate napoletane o russe. Anzi. Ma si può far passare De Rossi come un mostro?? Un mostro contro la Roma?? Il capo della faida contro Totti e l'allenatore!? Daniele De Rossi. La prima fonte di un giornalista sono gli occhi. Quella di un romanista pure. Apriteli, anche se stanotte che era 30 maggio sarebbe stato solo il caso di chiuderli per stare un po' a guardare Agostino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA