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Steven Nzonzi, il leader silenzioso del centrocampo

Con lui è cresciuta tutta la squadra. Ha dimostrato di poter giocare anche insieme a De Rossi, garantendo solidità piuttosto che effetti speciali

Steven Nzonzi, di LaPresse

Steven Nzonzi, di LaPresse

05 Ottobre 2018 - 07:27

Lui non parla, gioca. Sempre meglio, come inevitabilmente potevamo aspettarci dopo un'estate trascorsa a godersi la medaglia di campione del mondo conquistato con la Francia in Russia. Lui non ama gli effetti speciali, è convinto che la concretezza valga di più di qualsiasi altra cosa. Lui era nato attaccante, poi è stato promosso retrocendo, prima centrocampista offensivo, quindi centrocampista davanti alla difesa. Lui non sarà mai uno di quelli che sfrutterà gesti ruffiani, baci sulla maglia, inviti sotto la Curva, preferisce i fatti.

Lui è uno di quei giocatori che devi seguirlo quando non ha il pallone tra i piedi piuttosto che quando ce l'ha, solo così uno ne può apprezzare la qualità migliore, cioè quella di capire quello che sta succedendo in campo. Lui parla francese, inglese (ha giocato con Blackburn e Stoke City), spagnolo (Monchi la prima volta lo acquistò per il Siviglia), questione di settimane pure l'italiano, ma in campo fa parlare il suo calcio. Lui è Steven Nzonzi, trenta anni il prossimo dicembre, francese di origini congolesi, l'uomo giusto al posto giusto nel quattro-due-tre-uno con cui Di Francesco sta riportando la Roma dove deve stare la Roma.

Il meglio deve arrivare

Quando è arrivato è stato accolto come l'uomo del destino, il giocatore che doveva ridare qualità e quantità al centrocampo giallorosso rimasto orfano della cresta belga (Strootman era ancora a Trigoria). C'era attesa, molta, per vederlo in campo, ingigantita pure dal fatto che quel titolo di campione del mondo gli aveva impreziosito il curriculum. Forse anche per questa attesa, le sue prime apparizioni in campo con la maglia giallorossa, non è che avessero convinto più di tanto.

Ma che ruolo ha? Regista? Intermedio? Più difensivo che offensivo? Può giocare insieme a De Rossi, oppure uno o l'altro? Interrogativi rimasti tali perché il vero Nzonzi ancora non si era visto. E giù giudizi poco carini (eufemismo), coinvolgendo anche Monchi. Il problema era che Nzonzi aveva bisogno soltanto di ritrovare la migliore condizione. Troppo frettolosamente ci si era dimenticati che di fatto è tornato ad allenarsi intorno a metà agosto quando è sbarcato da queste parti. Era arrivato a Siviglia una settimana prima, sapendo però di non dover disfare le valigie, si stava concretizzando il suo trasferimento alla Roma. Ha avuto bisogno di conoscere, capire, vedere, integrarsi, abituarsi a qualcosa di completamente nuovo prima di sentirsi nella Roma. Ora pare proprio che la Roma se la sia presa, anche se c'è ancora qualcuno che continua a guardarlo con occhio critico.

Con questo Nzonzi, Di Francesco ha potuto varare con maggiore tranquillità il quattro-due-tre-uno che ha rimesso in piedi la traballante Roma delle prime giornate. Con questo Nzonzi, il tecnico ha capito che insieme a De Rossi poteva mettere in piedi una squadra che non fosse troppo sbilanciata e in grado di garantire la copertura necessaria alla linea difensiva. Con questo Nzonzi nessuna paura neppure nello schierargli al fianco Cristante , ruolo inedito per l'ex dell'Atalanta dove però ha dimostrato di poterci stare. Con questo Nzonzi si può. E a quelli che continuano a storcere la bocca, fategli vedere le statistiche delle ultime partite in cui il francese è stato il giallorosso che ha percorso più chilometri.

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