Gasperini dritto ai 3 punti
A 5 mesi dall’arrivo la sua impronta è evidente. Fra chiarezza espositiva, valore del lavoro e uomini recuperati
(MANCINI)
Per una volta nessuna conferenza prepartita, eppure l’eco delle parole di Gasperini risuona forte e chiara. Non da un giorno, ma dai 145 trascorsi fra il suo arrivo ufficiale nella Capitale e la gara contro il Parma. Il primato in classifica dopo otto giornate (a distanza di un decennio dall’ultima volta) è figlio legittimo tanto delle indubbie capacità sul campo, quanto della lucidità espositiva. Pubblica e - bisogna presumere - anche e soprattutto al chiuso dello spogliatoio. Dove la trasmissione del valore del lavoro deve essere stata necessariamente recepita, dopo essere stata apprezzata perché immune da pregiudizi. E dove si cominciano ad assimilare i dettami tattici e a credere nelle potenzialità di una rosa non perfetta, migliorabile (in particolare per rendimento casalingo e capacità realizzativa), ma in vetta con pieno merito (fra en plein di vittorie in trasferta e difesa meno battuta d’Europa).
L’ambizione di Gian Piero è palese fin dal suo insediamento sulla panchina giallorossa: «Ho scelto la Roma perché è una grande sfida, l’adrenalina di cui ho bisogno». E fa rima con convinzione, avvalorata dai risultati più che dai proclami: «Non ci danno credito, ma noi intanto cresciamo», afferma orgogliosamente dopo la vittoria a Firenze che regala alla squadra la prima sosta da capolista. Concetto ribadito pochi giorni fa, nel post-gara col Sassuolo. Espresso in forma differente ma con uguale sostanza anche in precedenza, a proposito di un possibile obiettivo quarto posto: «Nessuno parla più di Scudetto, solo di qualificazione in Champions perché porta tanti soldi. Ma i miei obiettivi sono tecnici, non finanziari». Musica per le orecchie dei romanisti. D’altra parte la fama di presunto antipatico Gasp se la scrolla fin dalle prime uscite. I tifosi apprezzano la sincerità, i giocatori pure. E sul caso Pellegrini, trascinato per tutta l’estate, alla vigilia dell’esordio in campionato il tecnico non le manda a dire: «La società non vuole prolungargli il contratto, ma lui ha bisogno di giocare». Lorenzo alla fine resta e viene rilanciato nel derby, in cui risponde alla grande risolvendolo ancora una volta. E oggi, pur depauperato della fascia assegnata con i criteri gasperiniani (sul braccio del giocatore con più presenze, nel caso specifico Cristante), il numero 7 è tornato a essere una risorsa importante. Incassando a più riprese gli attestati di stima dell’allenatore. Gian Piero dimostra ancora una volta di non avere preclusioni. Nei confronti di nessuno: dopo essere stato in lista di partenza per tutto il mercato, Hermoso parte titolare giocando anche bene. Celik sembra rinato. Baldanzi, a un passo dal Verona a fine sessione ed escluso dalla lista Uefa, trova i suoi spazi. Lo stesso Dovbyk, non esattamente il prototipo dell’attaccante desiderato, supera nelle gerarchie iniziali Ferguson.
Sono proprio i due centravanti le note dolenti di un avvio sopra le aspettative. Eppure Gasperini li pungola, li stimola, dosa bastone e carota con entrambi, pur di recuperarli alla causa. «Lavoro con tutti, ma davanti devo trovare soluzioni». Dopo una convincente preseason, l’irlandese resta ai margini. «Deve dare risposte sul campo - spiega l’allenatore prima della trasferta a Reggio Emilia - al momento stanno mancando in maniera evidente. In settimana l’ho visto fare il primo allenamento giusto, l’unica soluzione è il lavoro». In quest’ultima frase è condensata gran parte della dottrina gasperiniana, che non fa sconti a nessuno ma a nessuno chiude le porte in faccia. Nemmeno le stelle di prima grandezza sono esentate, com’è giusto che sia. Quando Dybala spiega il ko interno con il Viktoria Plzen con un sommesso «siamo entrati in campo mosci», Gasp tuona: «Non ne voglio nemmeno sentir parlare». Tre giorni dopo la Roma vince e convince contro il Sassuolo: la prestazione della Joya è sontuosa, coronata dal gol decisivo e vale la vetta. Le regole sono semplici ma ferree: si spinge forte in allenamento, gioca chi risponde meglio alle sollecitazioni tattiche e fisiche, esce chi è fuori forma. Senza sconti, ma sempre con la possibilità di rientrare. Anche perché Gian Piero è stuzzicato dalle sfide. Perfino da quelle che appaiono impossibili a un primo superficiale sguardo. Non a chi ha assestato l’Atalanta nel gotha del calcio. Ed è venuto a Roma per spiccare il volo.
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