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La partita

La Roma la vince da grande

Con due gol, a cavallo dell’intervallo, di El Shaarawy e Abraham, e due assist di Dybala, Mourinho dimentica Zaniolo e si porta al terzo posto

Esultanza di gruppo al Picco dopo la rete di Abraham

Esultanza di gruppo al Picco dopo la rete di Abraham (GETTY IMAGES)

23 Gennaio 2023 - 09:28

Col fantasma di Zaniolo che aleggia sul Picco, ma non allarga i suoi effetti potenzialmente nefasti sulla squadra, la Roma passa pure con lo Spezia con le reti di El Shaarawy e Abraham e due assist di Dybala, finisce un’altra partita senza subire reti (la quarta su cinque gare del 2023), supera con disinvoltura un altro impegno complicato di campionato e si piazza al terzo posto al momento in coabitazione con l’Inter (che stasera giocherà e presumibilmente batterà l’Empoli), a un punto dal Milan secondo (che domani affronterà la Lazio all’Olimpico) e avendo staccato l’Atalanta fermata ieri sera allo stadium dalla Juventus, in orgogliosa rimonta.

La Roma ha saputo costruire la sua vittoria con l’attenzione che l’occasione richiedeva: sapeva di correre qualche minimo rischio di condizionamento per via del caso Zaniolo (poi sistemato perfettamente dal genio comunicativo di Mourinho a fine gara: «Io penso che Nicolò dal 1 febbraio sarà con noi, offerte per lui non ce ne sono») e anche per il mancato impiego dell’ancora acciaccato Pellegrini, ma pure di poter godere del vantaggio di avere di fronte una squadra che era stata impegnata in settimana in Coppa Italia con l’Atalanta (anche se con soli tre titolari di Bergamo impiegati ieri dal primo minuto) e che si è presentata comunque ai blocchi di partenza senza i migliori giocatori di ogni reparto, nello specifico il difensore Kiwior (appena ceduto all’Arsenal), il centrocampista Bastoni e l’attaccante Nzola fermi ai box (e in più ha perso Holm dopo pochi minuti). In campo sin dall’inizio lo schieramento tattico ha prodotto dieci duelli individuali tra due squadre impostate con lo stesso sistema, tre difensori, quattro centrocampisti, tre riferimenti offensivi. Diverse solo le disposizioni dell’attacco: un trequartista (Agudelo) e due punte (Verde e Gyasi) molto larghe, tanto da far pensare al colombiano come falso nove per i padroni di casa; due trequartisti (Dybala e El Shaarawy) e una punta (Abraham) per la Roma.

Dietro i soliti tre difensori, in barba a qualsiasi rischio squalifica per Napoli (Mancini, Smalling e Ibañez, con i primi due diffidati), sulle fasce Celik (altro diffidato, sanzionato e dunque assente al Maradona) e Zalewski, in mezzo i due non velocissimi ma affidabili mediani Cristante e Matic. Gotti ha perso il promettente svedese di fascia destra Holm dopo 13 minuti (dentro lo spagnolo Ferrer), mentre Mourinho ha rischiato di perdere Celik che, al primo contrasto con Gyasi, ha temuto di essersi rotto un dito di una mano: Spinazzola si è andato subito a scaldare, ma poi il pronto soccorso sul turco ha avuto effetto e il rischio frattura è stato derubricato a semplice lussazione, e Leonardo è tornato a sedersi in panchina. Appena entrato, lo spagnolo dello Spezia ha rischiato di far subito un danno, questo era sembrato almeno a vedere un tocco malandrino nei confronti di Zalewski appena entrato in area, ma poi il replay ha evidenziato come il tocco in realtà non abbia cagionato la caduta del romanista e sia stato prodotto peraltro da una anomala apertura di gamba proprio del giovane polacco. Con le alte pressioni delle due squadre, in un campo piuttosto piccolo come il Picco, si è determinato un curioso mucchio di duelli individuali, con la Roma che aveva immaginato un’uscita rapida ed efficace sulla verticale Dybala-Abraham e con Gotti che aveva invece sperato di colpire in transizione tenendo alta la pressione. 

Tra il pensare e il fare la differenza l’ha fatta la qualità delle giocate dei romanisti, con un crescendo nel primo tempo culminato con il gol allo scadere di El Shaarawy. Ma ci si è arrivati attraverso le combinazioni tra Zalewski, Matic, Dybala ed El Shaarawy (azione corale al 21’, parata di Dragowski), e poi al 25’ con la punizione dal limite di Dybala fermata di testa dalla barriera, con il coast to coast di Ibañez libero da marcatori al 34’, col destro alto di Zalewski al 40’, con la torre di Abraham che ha superato di poco Mancini al 41’, con un altro destro di El Shaarawy alto al 42’ per finire col gol a tempo quasi scaduto, con la più semplice delle verticalizzazioni: lancione lungo di Smalling, spizzata di Amien per anticipare Abraham, tocco di El Shaarawy per la volata verticale di Dybala e meraviglia dell’argentino che di destro, quando tutti si aspettavano il suo sinistro in porta, ha restituito la palla al Faraone che ha potuto segnare a porta praticamente vuota.
Nel secondo tempo Gotti si è presentato con Maldini ed Esposito al posto di Verde e Hristov, a ridisegnare una squadra più offensiva, ma con lo stesso sistema, con Gyasi aperto a destra a far tutta la fascia, Ferrer ad abbassarsi tra i tre difensori con Caldara ed Amien, e Agudelo ad affiancare il figlio di Paolo in attacco.

Al 2’ Bourabia ha steso malamente Smalling, meritandosi un secondo cartellino giallo che Sozza non ha comminato. Due minuti dopo proprio Esposito (noto tifoso romanista appena arrivato allo Spezia dalla Spal di Daniele De Rossi) ha regalato maldestramente un pallone a Dybala che l’ha servito subito a Abraham che ha saltato Caldara (già ammonito) come un fuscello con un tunnel e poi ha battuto Dragowski facendo passare anche a lui la palla tra le gambe. Per evitare altri rischi Gotti ha tolto Bourabia appena graziato da Sozza per inserire il più offensivo Kovalenko, sbilanciando ulteriormente la squadra. E in pratica non c’è stata più partita. La Roma ha avuto la chance di fare il terzo gol un paio di volte (con Abraham dopo una respinta del portiere e con Celik, liberato da un’altra delizia di Dybala), ma poi si è accontentata di non subire neanche un tiro in porta, con gli ultimi cambi utili a spezzare il ritmo già lento di suo dei padroni di casa. Così Belotti, Camara e Solbakken hanno timbrato il cartellino senza neanche toccare palloni.

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