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L'analisi di Roma-Atalanta

Segnali di non resa: i motivi per sperare

Oltre il pareggio di giovedì. Con la squadra e la strategia giuste, Fonseca potrebbe aver trovato la Roma per Manchester. Ma Cagliari è a rischio

, di LaPresse

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24 Aprile 2021 - 11:20

Stavolta Fonseca è stato di parola. Per quanto possa sembrare paradossale, la Roma con l'Atalanta ha assunto un atteggiamento molto più aggressivo di quanto non sia accaduto contro il Torino e forse così Fonseca ha trovato anche la squadra per Manchester, con Cristante in grado di sdoppiarsi tra regia di centrocampo e terzo centrale in non possesso e sperando magari nel rientro di Smalling e Spinazzola. Sostanzialmente, attraverso una strategia più offensiva, il portoghese ha ritrovato, anche se non nella continuità dei 90 minuti, la Roma della prima parte di stagione, quella delle pressioni alte e delle continue riaggressioni, quella che batteva regolarmente le squadre più deboli e a volte subiva le ripartenze degli avversari più forti, tanto da far passare il concetto che a guidarle fossero sempre allenatori più furbi del portoghese. E proprio questa considerazione deve aver spinto Fonseca qualche settimana fa a ripensare strutturalmente le strategie delle partite e l'atteggiamento progressivamente più cauto assunto dalla squadra è diventato quasi un rifugio nel quale rinchiudersi per pigrizia anche contro squadre meno dotate. Gli infortuni hanno fatto il resto. Ne è derivata una versione di Roma difensiva e tremolante che ha distorto l'identità della squadra e confuso tutti gli osservatori. L'errore è stato quello di snaturarsi proprio con le piccole: provate a sommare oggi a questa classifica i sei punti lasciati per strada contro Parma e Torino e la Roma si ritroverebbe ancora in corsa per il quarto posto, subito dietro il Napoli, tre punti sopra la Lazio (che però ha una partita in meno).

Troppe volte dal portiere

Lodevole, dunque, il tentativo di rischiare il tutto per tutto pur di ritrovare la vecchia identità proprio contro l'Atalanta. Nei primi 20 minuti la Roma era stata in grado di rispondere colpo su colpo alle iniziative dei bergamaschi, capitati all'Olimpico proprio nel periodo di forma stagionale migliore, quello in cui diventa quasi impossibile batterli… Poi, è vero, l'Atalanta ha preso il sopravvento anche perché è al pieno delle forze mentre la Roma a una settimana dalla sfida di Manchester lamenta ancora le assenze di Smalling, Spinazzola, Kumbulla e, nello specifico, anche Diawara, sicuramente migliore di Villar quando la palla ce l'hanno gli avversari. Per non dire di Zaniolo. Ma la Roma ha avuto il merito di non arrendersi e nel finale ha avuto diverse occasioni per vincere. Quello che ancora a volte non si riesce a capire della Roma è l'atteggiamento che porta la squadra ad autoinfliggersi dei rischi che si potrebbero tranquillamente evitare. Nessuno obbligherebbe ad esempio i giallorossi a tornare dal proprio portiere se non si trova una linea di passaggio sulla trequarti avversaria. A maggior ragione contro l'Atalanta, squadra abituata ormai a giocare uomo contro uomo, di fronte a qualche linea chiusa si potrebbe provare anche ad alzare la palla sugli attaccanti evitando il ricorso esagerato ai piedi di Pau Lopez, non certo un fuoriclasse della materia. Solo nel primo tempo giovedì sono stati 22 i retropassaggi al portiere, quasi il doppio di quelli che l'Atalanta ha effettuato a Gollini. E questo difetto non ha nulla a che vedere con la costruzione dal basso, licenza primaria per ogni squadra che voglia puntare qualcosa sul suo gioco e non sul testa o croce del rilancio al buio. Ma un conto è far partire l'azione col portiere, altra cosa è non trovare un passaggio offensivo e portare 20 giocatori a correre verso la propria porta, facendo innalzare il livello di ansia di chi quel pallone lo deve poi addomesticare e rigiocare e cambiando, di conseguenza, anche il contesto mentale di quella singola azione e, spesso, dei minuti immediatamente successivi.

Gli scherzi della testa

Chiarito questo, si potrebbe parlare poi dei diversi atteggiamenti tenuti nel corso dei 90 minuti dei giocatori. A volte i giallorossi sembrano contagiarsi a vicenda di un sentimento negativo, quello che ti porta ad abbassare lo sguardo dimesso, a sbracciare contro il compagno che ha sbagliato, a restare bloccati sul campo a guardare lo sviluppo di un'azione invece di prenderne far parte. Quando poi arriva l'episodio che all'improvviso ridesta tutti, come se risuonasse un fischietto a riattivare tutte le sinapsi appannate, ecco che la squadra si trasforma, gli sguardi tornano fieri, l'atteggiamento propositivo, la concentrazione costante. Dall'espulsione di Gosens in poi la partita ha clamorosamente cambiato padrone, l'Atalanta ha cominciato a sbagliare tutti i passaggi e a cercare solo lanci lunghi, ha totalmente rinunciato alle pressioni offensive (il dato dell'intensità di pressing, i passaggi concessi per azione difensiva, è passato dalla media di 12 del primo tempo a 61 nel penultimo quarto d'ora e a 64 all'ultimo quarto d'ora), le azioni offensive drasticamente calate, persino la percentuale dei duelli vinti è crollata. All'improvviso le teste dei 22 giocatori sono cambiate. E purtroppo la Roma ha peccato di superficialità nelle conclusioni.

I limiti della superAtalanta

Tatticamente sono poi usciti fuori tutti i limiti dell'organizzazione di Gasperini connessi alla filosofia della marcatura a uomo. Nel momento in cui ci si ritrova in inferiorità numerica diventa impossibile garantire la copertura di tutte le linee di passaggio perché manca un uomo nel meccanismo. L'unica alternativa resta quella quindi di abbassare drasticamente le linee della pressione per difendersi con la massima densità possibile. Certo è che vedere giocare l'Atalanta nel pieno delle sue forze è diventato davvero uno spettacolo. Fisicamente sono mostruosi (e su questo tema bisognerebbe capire di chi è il merito: di Gasperini o del professor Bangsbo?). Ma tatticamente sono preparatissimi e tecnicamente sono cresciuti in maniera impressionante. Ogni uscita palla al piede sembra perfettamente studiata per neutralizzare il pressing degli avversari, e, quando si aprono gli spazi nei quali attaccare, sono ormai abituati a ragionare sempre in funzione del compagno, mai con l'istinto individuale.

Quale Roma a Cagliari?

Se tra la gara con l'Ajax e quella col Torino sono cambiati otto giocatori, è probabile che la stessa cosa accadrà domani. E per questioni tecniche, tattiche e motivazionali contro una squadra che si sta giocando la salvezza chi andrà in campo dovrà davvero dare il massimo per portare a casa tre punti. Poi si penserà all'Old Trafford.

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