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Segno e son desto, mercato d'attacco per la Roma

Per vincere domani servirà migliorare il reparto offensivo. La conferma dalle statistiche: la squadra attacca molto, ma sbaglia ancora troppo

23 Maggio 2018 - 07:06

Da Kolarov a Pegolo, o a Manolas, se preferite, sono passati esattamente nove mesi, che è il tempo di un parto e nel nostro caso di una maturazione definitiva, perché la Roma ha preso forma attraverso 38 partite (il riferimento in questo caso è al solo campionato di serie A), in cui ha segnato 61 gol e ne ha subiti 28. Pochi? Troppi? Vedremo.

Tutto parte da Alisson

Di sicuro nell'analisi soprattutto della fase difensiva sul Romanista di ieri abbiamo verificato come in realtà soprattutto Alisson possa ascriversi dei meriti assoluti riguardo l'impermeabilità finale del reparto. I 28 gol issano la Roma al secondo posto della graduatoria delle squadre meno battute, dietro solo alla Juventus (4 reti in meno), ma davanti a Napoli, Inter, Atalanta e via via tutte le altre. Ma in realtà gli avversari della Roma sono riusciti a tirare nello specchio della porta molte più volte di quanto non abbiano fatto gli avversari di Juventus, Napoli, Atalanta, Inter e Milan. Così alla fine si può sostenere che il merito del basso numero di gol sia soprattutto di Alisson, che non a caso nella classifica delle percentuali di parate (in funzione dei tiri subiti) risulta il miglior portiere della serie A con un rapporto del 79%, davanti a Perin e Handanovic (75%), Sirigu (72%), Sportiello (71%), Reina e Strakosha (70%) e poi gli altri.

Perché si segna poco

Allo stesso modo, ma rovesciando la prospettiva, esistono i fondamenti per sostenere che la Roma sia stata capace di costruire una mole record di azioni potenzialmente da rete, ma in rapporto abbia segnato poco e quindi la qualità dei tiri verso la porta degli avversari (dei tiri, quindi, non necessariamente dei tiratori) è stata indubbiamente più bassa rispetto a quella di altri tiri di altri giocatori. La percentuale realizzativa della maggior parte degli attaccanti romanisti è desolatamente bassa: 8% per Schick, 10% per Defrel, 13% per Dzeko, 15% per El Shaarawy. Un po' meglio hanno fatto Perotti (21%) e Ünder (22%). Niente, però, al confronto di Dybala (29%) e Higuain (25%), tanto per citare i due principali attaccanti della squadra che teoricamente si dovrebbe sfidare il prossimo anno. Diventa logico pensare che qualcosa andrà fatto soprattutto davanti, e in termini di qualità. Come curiosità, citiamo i due migliori giocatori della rosa in riferimento alla percentuale realizzativa, con una quota raggiunta che è esattamente quella di Dybala (29%): Manolas e Gerson, entrambi a quota 2 reti.

Un gol ogni otto tiri

Se prendiamo la percentuale realizzativa per squadra comprendiamo meglio la natura del problema: rispetto alla mole di tiri effettuati verso la porta (dove la Roma, con 645 tentativi è seconda solo al Napoli, con 656), il rapporto con i gol effettivamente realizzati è molto basso (13%) e colloca la Roma al dodicesimo posto della relativa classifica, capeggiata dalla Juventus e dalla Lazio (21%, mentre nella classifica dei tiri sono rispettivamente settima e ottava). Significa che le squadre di Allegri e Inzaghi segnano un gol ogni cinque tiri, mentre quella di Di Francesco uno ogni otto. Anche così si spiega il divario in campionato con i bianconeri (e se invece la Lazio è rimasta dietro è per la pessima fase difensiva). Di conseguenza, anche nella classifica dei tiri fuori dallo specchio la Roma è fuori dal podio, per l'esattezza al quinto posto, dopo Napoli, Milan, Lazio e Juventus.

C'è il gioco, meno la qualità

Un dato curioso è invece quello che vede la Roma primeggiare ed è relativo alla classifica dei tiri da dentro l'area di rigore: guida la Roma con 388 tiri, davanti all'Atalanta (383), al Napoli (379), all'Inter (352), alla Fiorentina (339), alla Lazio (336) e alla Juventus (304). Significativo che la Roma abbia scoccato addirittura 84 tiri più della Juve da dentro l'area di rigore e abbia segnato alla fine 25 gol in meno. Nei tiri da fuori area comanda invece il Milan (299), poi Fiorentina e Napoli (281); solo quarta la Roma (261), comunque davanti alla Juventus (254). Al di là della semplice considerazione numerica, è evidente come grazie ad una migliore organizzazione del gioco offensivo la squadra di Di Francesco si sia avvicinata di più al cuore delle difese avversarie, ma lo abbia fatto con una efficacia indubbiamente minore. E dunque si torna, invariabilmente, al discorso della qualità tecnica, il vero parametro di riferimento che Monchi dovrà tener presente nell'ottica del rafforzamento della squadra sul mercato.

La differenza col Napoli

Che le due squadre pratichino un calcio molto simile è opinione condivisa tanto da essere forse una verità incontestabile. Roma e Napoli sono state le squadre più offensive del campionato e indubbiamente la squadra campana ha avuto un tasso superiore sotto il profilo della spettacolarità. La differenza fondamentale tra le due squadre viene data da un'altra statistica da cui deriva un'altra classifica che ospitiamo in queste pagine e fa riferimento al numero dei cross su azione effettuati (tolti dunque quelli da calcio piazzato): la Roma è infatti seconda solo all'Inter in questa graduatoria (722 i cross per i giallorossi, 800 per i nerazzurri), segno evidente che molto spesso in queste squadre i giocatori vanno alla ricerca della conclusione dei loro attaccanti d'area, Dzeko e Icardi. Il Napoli è invece addirittura al terz'ultimo posto della classifica, con appena 457 cross, 265 in meno, praticamente sette in meno a partita. A conferma del fatto che la squadra di Sarri predilige il fraseggio basso e difficilmente cerca la soluzione alta, in mancanza di un ariete che non c'è. Diverso è quando in campo c'è Milik che però per via dell'infortunio è stato assente per tutta la prima parte della stagione.

Juve baricentro basso

Che siano in ogni caso le squadre più offensive e sbilanciate in avanti del campionato è un dato non discutibile. Basti vedere le statistiche del baricentro medio, forse il dato più significativo per individuare le formazioni che amano imporre il proprio gioco agli avversari. La classifica parla chiaro: mediamente i giocatori del Napoli sono piazzati su un punto lontano 53,6 metri dalla propria porta, al secondo posto la Roma con 52,5 metri, al terzo la Sampdoria di Giampaolo con 51,5 metri, poi il Milan (51,2), l'Inter (51,1), l'Atalanta (51). Più in basso un gruppone che passa dal Genoa (50,2) fino al Torino (48,3) che comprende anche Fiorentina, Sassuolo, Lazio, Juventus e Udinese. E qui c'è forse la più evidente spiegazione alle critiche che vengono mosse ogni tanto ad Allegri: con quello spessore tecnico come può la squadra bianconera piazzarsi a metà di questa classifica? Inevitabile invece che in coda alla graduatoria ci siano le tre retrocesse, Benevento, Verona e Crotone.

Palla al Napoli

Quando si parla invece di dominio della partita, e quindi di possesso palla, bisogna inchinarsi alle virtù quasi barcellonistiche della squadra di Sarri, capace di staccare tutti nella percentuale del controllo del pallone in ogni partita di questo campionato. Per due terzi di ogni match la palla l'hanno tenuta loro, contro qualsiasi avversario. Subito dietro però c'è proprio la Roma di Di Francesco, con il 58%, poi Juventus, Inter, Milan e Atalanta. A metà classifica la Lazio, con il 51%, come il Torino: Inzaghi non tiene affatto al dominio della partita, a lui interessa rubare il pallone e verticalizzare negli spazi alle spalle della linea difensiva avversaria, grazie soprattutto alla qualità sulla trequarti di giocatori come Milinkovic-Savic, Felipe Anderson e Luis Alberto. Sono strategie, scelte tattiche: ugualmente rispettabili quando poi diventano efficaci e indubbiamente la Lazio quest'anno lo è stata. A guidare la seconda parte della classifica una retrocessa: il Benevento. Non è un caso neanche questo: l'allenatore dei campani fa parte di quel gruppo di tecnici convinti che la bellezza sia un mezzo efficace per raggiungere i risultati. Meritano il sostegno, anche quando poi i risultati non arrivano. Perché poi, per vincere, servono i giocatori più forti. Questo non va mai dimenticato.

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