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Tatticamente

L'analisi tattica di Verona-Roma: Fonseca e l'importanza di saper cambiare

Contro una squadra così aggressiva, Paulo ha chiesto ai suoi per una volta di rinunciare al possesso palla per cercare la profondità

03 Dicembre 2019 - 09:57

Chi, leggendo i meritati elogi per il Verona di Juric, si fosse fatto l'idea che la Roma non abbia meritato la vittoria domenica è completamente fuori strada. Lo testimoniano i numeri, qualora non sia bastata la visione della partita o, peggio, ci si sia fatti influenzare dal sentito dire: sia per i gol attesi (1,71 a 1,06 per la Roma, fonte Wyscout), sia per le occasioni prodotte (5 a 3 per la Roma, fonte Lega Serie A), sia per il conto dei tiri totali (8-6) sia per quello dei tiri in porta (5 a 3), la squadra giallorossa ha fatto di più e ha fatto meglio, ha segnato tre gol alla seconda difesa del campionato (che mai in casa ne aveva presi più di uno, e mai in assoluto più di due), ha alternato la sciabola e il fioretto e ha vinto una partita su un campo difficile già di suo e reso infido dalla pioggia incessante 72 ore dopo un'altra importantissima vittoria in trasferta, peraltro decisiva per il passaggio del turno in Europa League.

1 - Sul pallone portato da Kolarov, Veretout si troverebbe sulla traiettoria, ma devia la sua corsa creando spazio per l'inserimento di Pellegrini e facendosi seguire da Amrabat

La scelta di Fonseca

Stavolta però l'allenatore ha dovuto preparare (in un solo allenamento) una partita diversa sotto il profilo della costruzione del gioco, dimostrando peraltro una volta di più non solo la sua duttilità tattica (consolidata anche dalla scelta difensiva del 3421 finale, con l'inserimento di Fazio al posto di Dzeko e Pellegrini falso nove), ma anche la sua grandissima capacità di leggere in anticipo i problemi che possono cagionare gli avversari, come limitarli e come, cosa ancora più importante, sfruttarli a proprio vantaggio.

2 - Pellegrini va così a ricevere il pallone mentre Kluivert (nel cerchietto bianco) defilato sulla fascia studia la situazione

Dunque: ha capito che sarebbe andato incontro a una serata in cui avrebbe probabilmente dovuto abbassare le linee per ridurre l'impatto con la loro grande aggressività e, di conseguenza, lasciare il possesso agli avversari, e ha quindi studiato una Roma che potesse andare rapidamente in verticale, alzando se necessario il pallone oppure sfruttando tracce interne visibili agli occhi attenti dei suoi più geniali interpreti in costruzione.

3 - Non appena Pellegrini va in ricezione del pallone, Kluivert parte dritto rubando il tempo all'avversario diretto e invitando il compagno al lancio lungo in profondità, mentre Veretout, per non sovrapporsi al compagno, frena la sua corsa e torna indietro

Il gol di Kluivert, in pratica, è il manifesto delle intenzioni del tecnico e della capacità della sua squadra di saperle interpretare. Basti osservare, aiutati dalle grafiche pubblicate a fianco, il movimento fondamentale di Veretout per aprire spazi altrimenti inaccessibili. Ma pur dovendo in certi momenti della partita invariabilmente abbassare la linea difensiva, è riuscito lo stesso a mettere gli avversari in fuorigioco ben 8 volte. L'apparente contraddizione si spiega con il fatto che il cosiddetto movimento ad elastico (mi abbasso per rialzarmi rapidamente, mi alzo per riabbassarmi all'occorrenza) è stato esasperato e quasi sempre ben interpretato. A volte si resta alti per inerzia contro squadre che attaccano solo sporadicamente, stavolta ci si muoveva più freneticamente ma sempre nei tempi corretti. Inevitabilmente i centrali sono stati un po' fallosi: soprattutto Mancini, sanzionato 6 volte (il doppio del secondo giocatore più falloso, Diawara, il triplo dei più fallosi dei veronesi, Amrabat e Gunter).

4 - Il resto lo fa la proprietà tecnica di Pellegrin: il suo lancio sarà perfetto, Kluivert potrà involarsi e arrivare solo davanti al portiere, poi lo batterà calciando freddamente

Più sostanza che forma

È stata in pratica una Roma molto solida, tutta sostanza e poca forma. Anche l'assist di Pellegrini a Kluivert è stato fatto ad alta velocità e in giravolta rispetto alla posizione di controllo del pallone, così come un simbolo di praticità è stata l'azione che ha portato all'ingenuo fallo di Gunter su Dzeko o la ripartenza che ha dato il gol della sicurezza svelenendo i minuti successivi prima del triplice fischio. Si è sicuramente sbagliato molto (il 74% di passaggi riusciti è un dato basso per la qualità della Roma, oltretutto su appena 258 passaggi: il Verona ha avuto il 79% di riuscita nei 349 passaggi), in compenso sono stati tanti i recuperi (78 Roma, 67 Verona). 20 volte è stato Smalling a recuperare la palla, 15 il sottovalutato Diawara, 14 Mancini, 13 Santon. La sofferenza è stata soprattutto nella propria zona destra di difesa, dove il Verona ha spinto tantissimo con Lazovic (29 attacchi contro 15 dalla parte di Faraoni), sfruttando anche la scarsa propensione difensiva di Cengiz Under (e questo difetto potrebbe costargli caro, se non si adegua presto al Fonseca-pensiero).

5 - Sulla sovrapposizione interna di Zaccagni, i difensori romanisti tengono ognuno il proprio uomo e si scambiano così le funzioni: in mezzo Smalling e Kolarov rispettano la linea entrando in rotta con altri due veronesi (Verre e Di Carmine)

Il maratoneta dei piedi buoni

Un capitolo a parte merita sicuramente la partita di Lorenzo Pellegrini, passata attraverso l'assist di cui abbiamo già detto, l'adattamento in tre ruoli (trequarti centrale, ala dopo l'uscita di Cengiz, falso nove dopo la sostituzione di Dzeko), la qualità delle giocate, la quantità di corsa. A un certo punto era sembrato anche stanco (tanto che Fonseca accanto a Fazio ad un certo punto aveva mandato a scaldarsi Florenzi) e invece non c'è stato bisogno di rinforzare la fascia, ma la Roma si è coperta centralmente, spostando il suo capitano (a lui è toccata stavolta in eredità la fascia di Dzeko) più avanti e venendo ripagata dall'azione del gol che ha chiuso la partita. Impressiona il numero dei metri percorsi da Lorenzo: 12209.

Quello che gli è andato più vicino è stato Diawara (11972), terzo (e primo dei corridori veronesi) Faraoni (11823). Dopo i due mesi di stop in seguito all'infortunio di Lecce, Pellegrini ha giocato su livelli eccellenti tre partite da titolare in sette giorni aumentando progressivamente l'impegno (con Brescia e Basaksehir è rimasto in campo 70 minuti) e finendo in bellezza con la divisa bianca macchiata di sangue a Istanbul e di fango a Verona, simbolo anche estetico e funzionale di una Roma che esalta la sua gente.

Un trono per tre

E se è un bene recuperare i totem che hanno avuto bisogno della sosta ai box, è importante che sappiano dare il loro contributo anche quei giocatori che non vengono più considerati centrali nel progetto ma che si impegnano ad entrare nel mood della squadra quando vengono chiamati in causa. Santon, ad esempio, nelle ultime due gare si è disimpegnato benissimo, mentre Perotti è stato addirittura decisivo nella vittoria del Bentegodi, con un gol (il solito rigore a spiazzare il portiere) e un assist (bellissimo) per Mkhitaryan, con 24 palle giocate, 20 passaggi riusciti e una percentuale vicina al 95%: quasi perfetto. Lui e Miky avanzano dunque la loro autorevole candidatura per San Siro qualora Kluivert dovesse alzare bandiera bianca: considerando già assegnate le postazioni in campo dall'inizio per Pellegrini, Zaniolo e Dzeko, resta da capire chi scenderà in campo sulla fascia sinistra per affrontare Conte. Al momento vediamo l'armeno davanti, ma solo di un'incollatura.

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