L'analisi di Roma-Viktoria Plzen: i limiti del controgioco e i giocatori senza doti
Le statistiche indicano un controllo assoluto della partita, ma c’è stata poca qualità nella costruzione e soprattutto nelle conclusioni
(GETTY IMAGES)
I numeri sono impietosi: quello che una volta era considerato un fortino praticamente inespugnabile è diventato lo stadio groviera, dove passano avversari di ogni tipo, dallo sparagnino Torino alla cinica Inter, dal geometrico Lille all’esuberante Viktoria Plzen. Quattro sconfitte in quaranta giorni sono un campanello d’allarme che risuona altissimo e rimbomba solenne per i campi di Trigoria, dove la Roma sta preparando ora le sfide con Sassuolo (per fortuna fuori casa...) e Parma, per l’infrasettimanale di campionato della prossima settimana, all’Olimpico. Per il beffardo ko di Europa League contro la quarta squadra ceca, ci sentiamo di appuntare l’attenzione su due aspetti principali: uno di natura tattica, legata alla filosofia stessa del gioco di Gasperini, un altro di natura tecnica, in riferimento al valore limitato di alcuni dei giocatori della rosa giallorossa.
I punti forti dell’Atalanta
Cominciamo ad analizzare la parte che riguarda più specificamente il lavoro dell’allenatore, un maestro nel contro-gioco che in questi anni si è distinto quando le sue squadre oltre ad annullare tecnicamente quasi tutte le potenzialità degli avversari, riuscivano poi ad approfittare delle altrui incertezze fino a banchettare con autorevolezza nelle altrui metà campo con poderose invasioni territoriali, finendo molto spesso le partite in goleada. Lo testimoniano i numeri dei gol segnati negli anni dall’Atalanta, ma anche ai tempi del Genoa tale caratteristica si intuiva in maniera netta: un anno segnarono 62 reti, più di quanti ne abbia realizzati la Roma di Mourinho nei suoi due tornei terminati. Il limite stesso, quasi per definizione, del contro-gioco di Gasperini sta proprio nel fatto che quando il contributo tecnico non è di alto livello, le partite risultano poco spettacolari, molto muscolari, improduttive, in qualche caso noiose. È il presupposto stesso della sua filosofia: la prima preoccupazione di una squadra di Gasperini è quella di impedire agli avversari di giocare, prima ancora di proporre un proprio gioco. Logico che, per conseguenza diretta, una squadra di Gasp si esalta quando un’avversaria forte non riesce ad esprimersi e, innervosendosi, lascia campo e occasioni. Se però succede che l’avversaria va in vantaggio e poi difende bene, son dolori. Che ti chiami Lille, Torino, Inter o Viktoria Plzen, la differenza sta solo nella qualità delle altrui ripartenze: la manovra stenta, le occasioni latitano, il gioco propriamente detto non si vede. Ci si affida più all’estro individuale, alla capacità personale dei giocatori di costruire palle-gol sfruttando la tecnica e, come più volte ammirato nell’Atalanta, occupando territorialmente gli spazi più profondi dell’aria avversaria, fino a colpire ripetutamente.
Il tasso tecnico degli attaccanti
Per far sì che questo accada, però, e qui entriamo nella seconda motivazione alla base del flop europeo, è necessario che i giocatori sviluppino un calcio proattivo, libero e tecnicamente di alto livello. Ecco dunque che sulla trequarti avversaria è possibile sviluppare combinazioni estemporanee ma precise, puntando sulle gambe forti e sul contributo “artistico” dei giocatori offensivamente più importanti. Con la Roma, questo sviluppo offensivo si fatica a vedere. Anche l’altra sera c’è stata la netta sensazione che potesse muoversi qualcosa solo su alcune estemporanei iniziative di Paulo Dybala, non per caso il miglior giocatore della rosa della Roma. Stupisce la mancanza di qualità di certe rifiniture, pensiamo ai cross senza tagli e profondità di Soulé ed El Shaarawy, alle conclusioni morbide, alle trasmissioni di palla superficiali, all’occupazione non razionale degli spazi, persino alla mancanza di schemi specifici sulle palle inattive (con la beffa finale della punizione di Dybala a tempo scaduto a servire Bailey senza che il giamaicano lo avesse capito: i due si sono chiariti successivamente, subito dopo il triplice fischio dell’arbitro). Difficile, in queste condizioni, ottenere qualcosa di buono. Le statistiche dicono che la Roma ha tenuto il pallone per gran parte del tempo, ha tirato parecchio e costruito un numero sufficiente di expected goal, com’era anche naturale che fosse dopo essersi trovata sullo 0-2. I numeri del primo tempo sono diversi e le critiche che ieri sono state rivolte alla squadra nei diversi dibattiti fanno riferimento soprattutto a quella prima frazione. Stavolta il centravanti in campo c’era e dunque nessuno ha potuto criticare l’assetto senza punti di riferimento, ma tutti hanno potuto constatare come il Dovbyk di oggi non sia un elemento utile per lo sviluppo armonioso del gioco offensivo che in tanti anni si è visto all’Atalanta. Così le perplessità si sono estese a Wesley spostato a sinistra, all’utilizzo di Ziolkowski (un azzardo abortito dopo trenta minuti: ma non lo si legga come una mancanza di rispetto, i giovani devono passare anche attraverso queste esperienze, è funzionale alla loro crescita) e all’inserimento di El Aynaoui, ancora poco fruttuoso. Come la giri la giri, sembra evidente che proprio come l’Atalanta dei tempi belli, questa squadra si possa esaltare soprattutto nella muscolarità dei duelli vinti e nella velocità di esecuzione delle transizioni che ti possono capitare quando vai a pressare così alto. È altrettanto logico, però, che una simile esposizione tattica ti comporta spesso degli uno contro uno a tutto campo in difesa che, vedi il caso di Ziolkowski, se vengono affrontati male ti portano a subire gol, anche perché Svilar è in un momento sfortunato e non riesce più a parare i colpi che sfuggono alla difesa.
Gasperini va protetto
Se ci mettiamo, però, dalla parte dell’allenatore non possiamo non constatare come il lavoro stia procedendo su buoni ritmi, con gli inevitabili alti e bassi che erano esattamente stati previsti. Solo che un conto è prevederli d’estate, quando anche il più tenace e fazioso tra i tifosi sembra disposto ad accettarlo, è un conto è affrontare la realtà di quattro sconfitte all’Olimpico su sei partite, come nelle annate peggiori degli ultimi 15 anni. Ma è proprio in questi casi che bisogna ragionare freddamente: la Roma si è affidata a Gasperini ed è giusto stare dalla parte del tecnico, permettergli anche di sbagliare, di cambiare struttura della squadra e posizioni dei giocatori fino a che non verrà fuori la soluzione migliore. Potrà succedere tra un giorno, un mese o un anno. In ogni caso fino a quel momento è opportuno che tutti manifestino pazienza. Nessuno si può permettere un altro progetto abortito, dopo gli errori fatti nel più recente passato. Per fortuna, il calendario ti offre subito due possibilità: tra Sassuolo e Parma il riscatto passa sulla via Emilia. Forza Roma!
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