L'analisi di Cagliari-Roma 1-0: se si soffre fisicamente non esiste un piano B
Come ai tempi dell’Atalanta, se la squadra va in riserva diventa molto complicato trovare risorse sostitutive per vincere la partita
(GETTY IMAGES)
Per evitare di rimanere incastrati nelle spirali delle esagerazioni tipiche del nostro ambiente cominciamo col dire che in rapporto alla composizione degli organici, alla bravura degli allenatori e alle particolarità di ogni club, riteniamo che con quello che ha ottenuto in questi primi mesi di stagione, la Roma stia viaggiando sopra la linea ideale che poteva essere tracciata ai blocchi di partenza. Non è dunque la sconfitta casuale di Cagliari, né quella meno casuale ma ugualmente estemporanea con il Napoli, a determinare oggi un giudizio negativo sul lavoro di Gasperini e sull’impegno dei suoi ragazzi. C’è semmai una curiosa coincidenza che un po’ inquieta ed è quella relativa ad una statistica che rimandava alle migliori partenze del tecnico nella sua carriera.
Ebbene, dopo la vittoria di Cremona si era sottolineato come Gasperini stesse per migliorare la sua migliore partenza in assoluto, quella con l’Atalanta nella stagione 2022-2023, quando riuscì per l’appunto ad arrivare a 24 punti dopo 11 partite. In quella cavalcata, arrivati a quella giornata, Gasperini visse poi la scomoda esperienza di tre sconfitte consecutive che avevano portato a farci guardare con ottimismo alla prospettiva di poter migliorare il bottino: «Basterà almeno un punto - si diceva - nelle prossime tre partite». Due purtroppo sono andate con altrettante sconfitte, la prossima è lunedì col Como, avversario per niente facile (al netto della giusta sconfitta con l’Inter a Milano dello scorso weekend).
Perché definiamo sinistra la coincidenza? Perché nella storia di Gasperini con l’Atalanta sono stati periodici i momenti di down in cui la sua squadra all’improvviso abbassava il rendimento per un certo numero di partite, salvo poi ripartire al massimo quando tutti la davano per spacciata. Questo ha contribuito sì ad accrescere la considerazione per il suo lavoro, ma in molte stagioni gli è costato la possibilità di lottare fino in fondo per il titolo di campione d’Italia, a cui magari per lunghi tratti della stagione la sua Atalanta sembrava destinata. Ciò significa che quando la condizione non è sufficientemente brillante le squadre di Gasperini faticano a portare a casa il risultato. Manca il piano B, il tecnico ritiene sufficiente il piano A.
La “decisiva” assenza di Wesley
E infatti guarda caso, non appena si è avuta la sensazione (per noi può essere solo una sensazione, magari Gasperini avrà un riscontro anche sui dati) che qualche giocatore sia entrato in difficoltà dal punto di vista atletico (pensiamo a Mancini, Ndicka, Celik, Cristante, Koné, gli stessi Pellegrini e Soulé) la squadra è sembrata non essere più in grado di proporre gioco con continuità dopo aver bruciato molte energie nelle contrapposizioni individuali in fase di non possesso. Come chi segue questa rubrica avrà la bontà di ricordare, ci è capitato spesso di sottolineare - anche quando Gasperini era un semplice avversario - che il gioco delle sue squadre tragga la sua linfa da un principio distruttivo prima che da uno costruttivo e cioè quello di annullare individualmente attraverso uno sforzo collettivo le risorse di gioco delle squadre avversarie per poi riproporsi con forza, spesso con transizioni veloci nella metà campo avversaria, per avere alla lunga la meglio sui rivali, non in virtù di un proprio gioco spettacolare, ma sfruttando al massimo le debolezze altrui. Per far questo c’è bisogno di due ingredienti fondamentali: la massima preparazione atletica per i giocatori, una certa impreparazione tecnica per gli avversari.
Quando succede il contrario, quando cioè si abbassa il proprio livello tecnico e contemporaneamente sale la presenza atletica di chi sta di fronte, possono capitare partite oggettivamente di basso rango come quella di Cagliari in cui la Roma ha prodotto la miseria di 0,36 expected-goal e non ha mai dato la sensazione ai propri tifosi di poter gestire la partita per portare a casa i tre punti. Semmai è sembrata, già dal primo tempo, la classica partita che si può vincere solo con un episodio, ma con la consapevolezza che se l’episodio favorisce gli altri, allora la perdi quasi senza opporre resistenza. Tanto per fare un esempio, la faccia con cui Gasperini ha annunciato sabato il forfait di Wesley era tutto un programma. Probabilmente il tecnico aveva immaginato di contrapporre all’elemento ritenuto più pericoloso della squadra avversaria, quel Palestra che lui stesso ha svezzato a Bergamo, proprio l’esterno brasiliano, il più veloce della rosa romanista, l’uomo migliore, magari con l’obiettivo di costringerlo a guardarsi un po’ più spesso alle spalle di quanto non abbia fatto nella gara di domenica.
Ma, ovviamente, il grande rammarico sta anche nel fatto che nel corso di una settimana in cui aveva messo in conto un richiamo forte di preparazione, potendo lavorare per cinque giorni senza il fastidio di alcuna partita infrasettimanale, di aver dovuto far la conta dei giocatori via via indisponibili già dalla domenica sera, cominciando con il febbrone di Dybala, passando per la dissenteria di Baldanzi, finendo a quei piccoli fastidi ancora provati da El Aynaoui, Wesley e Ferguson, tutti fattori che hanno impoverito gli allenamenti e comunque depotenziato la settimana immaginata dall’allenatore fino a provocare la pessima prestazione che stiamo commentando.
Il vento nemico
Nello specifico, poco da dire: nel primo tempo, col vento a favore, la Roma ha provato a sfruttare le poche palle strappate agli avversari, ma non ha avuto la lucidità nell’andare a rete con la pulizia tecnica necessaria in questi casi, anche per il livello oggettivamente piuttosto limitato che potevano garantire nella spinta gli esterni Celik e Tsimikas e nella mancanza di un punto di riferimento offensivo più visibile di quanto non fosse il volenteroso Baldanzi. Mettiamoci pure che Soulé e Pellegrini non erano nella giornata migliore (ma da loro qualche spunto tecnico è comunque arrivato), ecco che le polveri delle munizioni giallorosse sono sembrate da subito bagnate. Nel secondo tempo, già il vento contrario che conteneva tutte le palle alzate dai romanisti ha cominciato a infastidire e preoccupare i giocatori in campo. Il patatrac è arrivato quando Folorunsho (non Bellingham) è partito dritto sfruttando un rimpallo e saltando nell’ordine Koné, Mancini e Celik, che per non saper far meglio lo ha steso proprio all’ingresso in area. Il tempo con il Var di capire l’ esatta dinamica e la giusta collocazione geografica dell’impatto e la Roma si è ritrovata senza un uomo e con lo stesso vento contrario di prima.
Trovandosi in inferiorità numerica, che Gasperini ha provato limitare ai soli attaccanti chiedendo loro in due di contrapporsi ai tre difensori avversari, poi sono venute fuori le qualità dei giocatori del Cagliari. Ma giocare in dieci per una squadra di Gasp è sempre più complicato rispetto ad altri allenatori. E in più sono arrivati gli errori individuali, a cui ha messo il carico anche l’allenatore con la scelta sbagliata di Ghilardi su Palestra al posto di Tsimikas. All’orizzonte ora Celtic e Como, la prima sfida per rinsaldare le possibilità di qualificazione al turno successivo, la seconda per provare a superare quel tabù della terza partita dopo quel filotto di vittorie: un punto per garantire a Gasperini la sua migliore partenza in carriera. E il domani sarà migliore.
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