L'analisi di Lazio-Roma: la pressione funziona, serve recuperare tutti
Il gol di Pellegrini grazie al recupero alto su Tavares. Ma il calo nel finale preoccupa il tecnico. Davanti bisogna entrare meglio

(GETTY IMAGES)
Nel trionfo del derby che conforta il lavoro di Gasperini e ne preserva in qualche modo la filosofia, bisogna valutare tutti gli aspetti che hanno portato la Roma a vincere la partita, ma anche quelli che avrebbero potuto penalizzarne l’esito, in riferimento soprattutto a ciò che è successo nel convulso finale con la sopraggiunta superiorità numerica nei minuti, cioè, in cui la Roma avrebbe dovuto legittimare il suo vantaggio e possibilmente, chiudere la questione in anticipo, e ha rischiato invece di vanificare tutto con una condotta arrendevole e un preoccupante blackout di corrente in molti degli uomini che erano in campo. Ma partiamo dalle cose belle.
La scelta tattica di Pellegrini
Il primo motivo che può far sorridere, Gasperini riguarda proprio il match-winner della sfida, Lorenzo Pellegrini. Gasperini ha raccontato nel post partita di aver deciso già nelle prime sedute settimanali di schierare l’ex capitano per una motivazione, ma questo non l’ha detto esplicitamente, che è stata innanzitutto tattica. L’aspetto di cui maggiormente va tenuto conto se si vuole provare ad intuire le scelte che può fare di volta in volta l’allenatore riguarda infatti la filosofia stessa che ispira il suo gioco. Il suo sistema trae il suo principale fondamento nel contro-gioco: quando mette in campo la squadra, infatti, dispone i suoi uomini nell’ottica di una pressione alta che non può che essere individuale, senza troppe oscillazioni di reparto (sono previsti semmai degli aggiustamenti a scalare a mano a mano che gli avversari avanzano sul campo). Il che significa che deve invariabilmente tener conto di come si schiera la squadra avversaria. Poi, nel suo sistema di gioco conosce anche delle varianti che gli consentirebbero di giocare in maniera diversa anche contro uno stesso sistema, ma per il momento che sta attraversando la squadra e per la mancanza di giocatori chiave come Bailey e Dybala, era facilmente intuibile che contro il 433 di Sarri avrebbe disposto la sua squadra con un trequartista centrale e due punte. Questo avrebbe obbligato, quindi, chiunque avesse avuto il compito di rifornire i due attaccanti (che sarebbe stati inevitabilmente Soulé e Ferguson) di doversi occupare in prima battuta, quindi sul momento della pressione offensiva, del centrocampista centrale, il cosiddetto play: Rovella (e poi Cataldi). In settimana aveva valutato tutte le possibilità: da El Aynaoui, che però nel ruolo era appena stato bocciato sette giorni prima, a Pisilli (al ragazzino piace buttarsi verso l’area a sorpresa, caratteristica che al tecnico piace molto) e persino a Cristante, che nel ruolo con lui ha giocato con profitto qualche anno fa, retrocedendo semmai El Aynaoui vicino a Koné. Alla fine, però, la scelta di Pellegrini è sembrata la più sensata per diversi motivi. Il primo è che non voleva dare l’idea di una squadra poco disposta ad attaccare scegliendo quindi nel ruolo un centrocampista difensivo. Il secondo è la qualità che Pellegrini gli garantiva: Gasperini ha già detto di considerarlo secondo solo a Dybala. Il terzo è l’esperienza e quella voglia di “riscatto” che indubbiamente lo avrebbe animato. Il quarto è proprio la sua abilità realizzativa: non è facile trovare un centrocampista in grado di segnare così tante reti in carriera (70, per la cronaca). Il dubbio, semmai, riguardava la sua condizione atletica generale e in questo indubbiamente Gasperini ha voluto correre un rischio. Non sapeva neanche lui quanto e, soprattutto, se avrebbe retto, considerate la particolarità della temperatura delle 12:30 dell’Olimpico, di fatto l’ultimo vero giorno d’estate dell’anno, e anche l’intensità che avrebbe messo il suo dirimpettaio. Per fortuna, da questo punto di vista, Pellegrini si è trovato di fronte un avversario, Rovella, in condizioni precarie, tanto che dopo quello sprint verso la porta di Svilar ha addirittura alzato bandiera bianca. Sia come sia, la scelta ha pagato e quando è così bisogna riconoscere i giusti meriti all’allenatore e, ovviamente, al giocatore che ha risposto ancora una volta in maniera così significativa.
I prodromi della filosofia
Un altro aspetto molto importante che conforta il tecnico in questo avvio di stagione riguarda l’applicazione che i giocatori stanno mettendo nell’interpretazione tattica da lui richiesta. Il gol, ad esempio, nasce da una pressione alta portata da Rensch, esterno di centrocampo, sul terzino avversario, Tavares, con immediata trasmissione su Soulé e poi su Pellegrini. Tre giocatori capitati lì non per caso a creare le condizioni per una superiorità numerica (a sinistra di Pellegrini ci sarebbe stato anche Ferguson ad intervenire) che è insita nel dna gasperiniano. Ma se ci può essere casualità nell’errore di un singolo (Tavares, non a caso sostituito già l’intervallo), non c’è nell’impostazione stessa della gara con la pretesa di pressare così alti, nonostante l’inevitabile fatica, i rischi che si possono correre alle spalle e pure la temperatura. L’efficacia dell’interpretazione si è vista anche nei numerosi anticipi, nei contrasti che hanno garantito i difensori, in quegli uno contro uno assai rischiosi che possono avere effetti collaterali pericolosissimi come si è dimostrato in occasione della cavalcata solitaria di Dia verso la porta di Svilar al 10º minuto della ripresa.
La preoccupazione sulle alternative
Sistemato il campionato con i tre punti che hanno rilanciato la Roma al terzo posto, c’è poi da considerare che da questa settimana, con la sfida di domani a Nizza, con gli impegni internazionali comincia anche la sperimentazione di un modello di turn-over che dovrà permettere alla Roma di presentare di volta in volta la formazione più efficace sia dal punto di vista tecnico, sia sotto il profilo della brillantezza atletica. Se sulle fasce e in difesa sono tante le alternative a disposizione, davanti la situazione finché non tornano a disposizione Dybala e Bailey non è semplice. E va ricordato che Baldanzi è fuori dalla lista Uefa. La preoccupazione sta nel fatto che, come ha dimostrato anche il finale di tempo con la Lazio, certe alternative non garantiscono lo stesso standard di rendimento e questo indubbiamente può indurre a qualche preoccupazione l’allenatore. Se la Roma ha staccato la spina pericolosamente qualche minuto prima del 90º, infatti, la responsabilità è anche di chi entrando in campo non ha saputo interpretare il compito con la stessa autorevolezza che avevano dimostrato i giocatori precedentemente chiamati in causa.
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