Gasperini vs Fabregas è la guerra dei mondi
In campo ha vinto (con merito) la Roma, ma anche fuori i due allenatori non si sono risparmiati stilettate. A Coverciano prendono nota
(GETTY IMAGES)
Se le sono date di santa ragione in campo e, a leggere bene tra le righe di dichiarazioni apparentemente neutre, se ne sono dette anche un po’ a parole, a fine partita. La sfida tra Gasperini e Fabregas, vinta sul campo dalla Roma con il minimo vantaggio realizzato da Wesley, rischia di avere un’appendice che potrebbe scuotere le austeri aule di Coverciano. Il tema divide, e appassiona. Che i due allenatori siano due riconosciuti portatori sani di football propositivo è chiaro a tutti. Uno, Gasperini, è un veterano, e ha l’innegabile merito di aver inventato un modo nuovo di giocare al calcio da quasi 20 anni e lo sta rifinendo con intuizioni ormai periodiche di sempre più vasta portata. L’altro è assai più giovane (38 anni, solo Cuesta è nato dopo di lui tra i tecnici di A e chissà se è solo un caso che siano entrambi spagnoli), eppure sta portando avanti anche lui, da diverso tempo ormai, un progetto magnifico con le spalle finanziariamente coperte dei fratelli Hartono, ma fondato su concetti opposti rispetto a quelli del tecnico di Grugliasco. Chiare le influenze di Guardiola sul suo modo di intendere il calcio (e probabilmente la vita): per lui e chi la pensa come lui, questo sport si può fare in maniera più brillante costruendo ogni singola manovra, senza troppi assilli legati all’avversario, cercando sempre nuove linee di passaggio, dal portiere alle punte, avendo in squadra giovani talenti da scovare con gli scout più preparati, attirando consensi ed entusiasmi che possono grazie alle buone entrate dei suoi proprietari, coinvolgere emotivamente persino grandi attori di Hollywood su quel ramo del lago di Como (ognuno magari per il suo tornaconto).
Cesc: «In Italia troppi duelli»
Si prenda ciascuno che legge il diritto di preferire una filosofia tattica piuttosto che un’altra. Qui ci preme solo spiegarne l’essenza, partendo dalle critiche che si sono indirettamente rivolti proprio l’altra sera. Ha cominciato Fabregas, in sala stampa, puntando la sua polemica sul gioco spezzettato che a suo dire diminuisce il tempo effettivo in cui il pallone è in gioco (peraltro domenica è stato di 52’29”, neanche bassissimo: per esempio Genoa-Inter si è giocato 50’08”, e in panchina c’erano due campioni di fair play come De Rossi e Chivu), facendo però sibillinamente riferimento «ai troppi duelli uomo contro uomo, ai falli, alle simulazioni. In Italia si perde tanto tempo e non c’è spazio per giocare, noi lavoriamo tanto sulla creazione di gioco, ma oggi quante ne abbiamo fatte? Poche, pochissime. Io ho visto una Roma molto fisica, più fisica di noi». Chiaro, insomma, il fastidio verso queste marcature individuali così feroci che impediscono ad ogni avversario di una squadra di Gasperini di esprimere al meglio il proprio modello di gioco e contemporaneamente alza il livello agonistico della partita fino a determinare una serie di duelli non tutti leciti che portano poi a contrasti spesso fallosi (e alle relative perdite di tempo). Tutto si può dire, però, di Gasperini tranne che non sia uno che invece a certi temi di fair play è molto attento. Proprio pochi giorni prima aveva elogiato il comportamento della sua squadra a Glasgow per non aver dato luogo ad alcuna perdita di tempo nel secondo tempo della sfida che si stava vincendo contro il Celtic. Ma forse un po’ sull’onda dell’adrenalina e di quelle discussioni sul campo con Mancini a fine partita, Fabregas è sembrato piuttosto disturbato dall’atteggiamento in campo della Roma, anche se ha concordato con chi aveva parlato in sede di commento di ottima gara piena di grandi spunti tattici.
Gasp: «Si gioca troppo col portiere»
Era sicuramente più divertito e rilassato a fine partita Gasperini, anche se non ha fatto mancare la sua stoccata quando gli abbiamo chiesto di spiegarci un po’ il senso del suo piano gara che, da quello che si era visto in campo, puntava a togliere l’ispirazione ai principali costruttori del gioco del Como, tra cui brilla sempre in particolare il portiere Butez. Lasciamo al virgolettato di Gasperini il pregio della testualità: «Il Como gioca molto col portiere. Purtroppo nel calcio questa situazione sta dilagando: non è spettacolare, anzi, è abbastanza stucchevole. È chiaro che quando affronti queste situazioni le devi esasperare, altrimenti la partita è bruttissima da vedere». Da una parte va apprezzato il genio, o quantomeno quella capacità analitica particolarmente spiccata di studiare nel dettaglio le modalità di gioco dell’avversario che deve affrontare e nella capacità di trovare le contromisure migliori per inaridire ogni fonte di gioco. Poi si può o meno essere d’accordo sulla definizione di artificio antispettacolare facendo riferimento al gioco che passa attraverso i piedi dei portieri. Nel calcio moderno invece è essenziale avere questo tipo di contributo e anche la Roma lo sfrutta parecchio con Svilar, una vera e propria sicurezza anche con i piedi, ma è vero che non lo esaspera.
Hanno tutti ragione
In qualche modo anche qui c’è stato un riferimento poco simpatico alle attitudini tattiche del Como. Forse tra i due non scorre proprio buon sangue. Ma in qualche modo le loro posizioni riflettono una specie di Nuova Guerra dei Mondi Calcistici. Qui non si tratta più di discutere di giochisti e risultatisti, categorizzazione ormai sepolta dei nuovi testi di calcio nell’università tattiche di tutta Europa. Ma è davvero molto interessante valutare bene le differenze che possono esserci tra una filosofia di chiara influenza spagnola come quella del Como e la rivisitazione del calcio all’italiana, ma con il baricentro spostato avanti di 60 metri, tipica della filosofia di Gasperini. A nostro giudizio sono due modi spettacolari per cercare il dominio dell’avversario. È indubbiamente vero che dal punto di vista puramente estetico, ad occhi neutri, forse le migliori partite del Como sono più piacevoli da vedere, ma è altrettanto vero che il calcio si fonda su tante altre caratteristiche in qualche modo splendidamente sintetizzate nella modalità in cui si esprime oggi la Roma, non a caso tanto apprezzata dai suoi tifosi.
Ma la Roma ha meritato
Andando a vedere poi la partita nel dettaglio il Como è stato ridotto davvero ai minimi termini: 1 solo tiro in porta, zero occasioni reali (quei salvataggi di Svilar non configurano grandi occasioni dal punto di vista statistico), 0,55 x-gol, 47% possesso palla (44% nel primo tempo). Sono dati piuttosto significativi. La mossa a sorpresa di Gasp è stata proprio quella di schermare ogni iniziativa di Butez, e una pressione così alta, davvero inusuale in Italia, merita un applauso a prescindere da come la si pensi.
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