L'analisi di Juventus-Roma: se il dettaglio di un gol fa tutta la differenza
Lo svantaggio di Gasperini: nello stallo cui la Roma costringe tutti gli avversari a decidere i destini delle partite sono gli attaccanti: ora serve fare mercato
(MANCINI)
La sintesi più estrema e brutale può essere questa: in un campionato di valori così livellati e, in particolar modo, quando giochi contro squadre sicuramente più dotate tecnicamente, è quasi naturale arrivare a pensare che se perdi, di misura, e gli avversari si chiamano Inter, Milan, Napoli e Juventus, non è perché non viene bene una marcatura o perché ha giocato un giocatore in una posizione piuttosto che in un’altra, ma è per un altro motivo: è perché gli altri sono più forti. E se con la tua strategia tendi sostanzialmente a inaridire le vene più pulsanti dell’organismo tecnico-tattico degli avversari, per poter poi vincere la gara o almeno pareggiarla bisognerebbe trovare il modo di segnare qualche rete. Eh, ma questa è una scusa. Troppo facile, si potrebbe obiettare: facile prendersela con gli attaccanti, e poi un allenatore deve trovare il modo di saperli rifornire. Giusto. Ed è questo l’appunto che si può fare a quei tecnici che in carriera, ai diversi livelli in cui hanno allenato, non hanno mai raggiunto certi livelli di prolificità. Ma muovere questo appunto a Gian Piero Gasperini, l’allenatore della squadra che negli ultimi anni in campionato ha segnato rispettivamente 78, 72, 66, 65, 90 e 98 gol, per limitarsi agli ultimi sei anni, non è solo ingeneroso, ma decisamente da incompetenti.
Dybala o Ferguson? Troppo facile
Forse allora bisogna dargli retta quando ritiene che per competere ai massimi livelli una squadra abbia bisogno dell’eccellenza in ogni reparto. Peraltro la sua storia dimostra che per arrivare al top level, non c’è bisogno di andare a comprare i giocatori migliori delle squadre più forti, anzi, si può fare decisamente il percorso inverso. Trovare giovani talenti, magari non espressi da altre parti, inserirli in un contesto tale che sappia valorizzare le loro qualità e, se serve, addirittura rivenderli ai top club che non hanno la pazienza né di scovarli, né di crescerli. Poi si può sempre discutere se quella scelta sia giusta o sbagliata, anche perché il giochino è sin troppo facile, con Gasperini e con tutti gli allenatori: basta vedere il risultato alla fine della partita e proclamare vincitore o sconfitto il tecnico solo in base al risultato conseguito. È lo sport in cui milioni di italiani sono campioni del mondo e, purtroppo, spesso anche fior di commentatori che invece dovrebbero essere chiamati ad esprimersi secondo un livello di competenza che dovrebbe permettere loro analisi migliori di quelle, spesso dozzinali, che siamo costretti ad ascoltare o a leggere. Nello specifico della partita di Torino, ad esempio, si può certo discutere se non fosse più opportuno mandare in campo dall’inizio Ferguson e tenersi eventualmente Dybala come carta a sorpresa, in grado magari di sparigliare all’occorrenza o di rinforzare laddove si fosse tenuto un risultato positivo. Ma per fare queste valutazioni a noi manca sempre l’elemento più importante: la conoscenza degli elementi che durante la settimana possono favorire, se non decisamente orientare, la scelta di un giocatore piuttosto che di un altro in virtù del lavoro svolto al riparo degli sguardi più curiosi, il lavoro sul campo. Il caso Ferguson è ovviamente un caso di scuola: Gasperini non se l’è presa con il giocatore mandato in campo e poi magari sostituito per via dell’ennesimo infortunio muscolare (Bailey, a testimonianza del fatto che la struttura del ragazzo non è evidentemente più quella che un tempo gli consentiva di scalare le classifiche di rendimento dei top campionati europei). Gasperini se l’è presa col centravanti che così bene aveva fatto nelle ultime partite e che domenica, entrando al posto di Dybala, aveva comunque scoccato il tiro da cui è poi nato il gol di Baldanzi. A valutare il singolo episodio, insomma, si può ritenere che l’allenatore avesse gli elementi per poter essere comunque soddisfatto. Ma se la sua reazione è stata quella o è impazzito oppure significa che gli standard di rendimento elevati che lui chiede ad ogni seduta di allenamento, e che bene o male ne hanno fatto la fortuna come allenatore, non sono rispettati dall’irlandese e di questo bisogna prendere atto, piuttosto che schierarsi da una parte e dall’altra. Peraltro anche se si giocasse nella squadra più forte del mondo bisognerebbe saper rispettare certi standard, ma a maggior ragione bisogna farlo se si gioca in squadre che per arrivare a quel livello devono migliorare giorno dopo giorno. Ora, non può essere certo Ferguson il capro espiatorio di una sconfitta maturata peraltro quando l’attaccante era in panchina, ma è sicuramente un indice che va considerato se vogliamo calarci nella realtà di un campionato, e nello specifico di una partita, che sta dicendo tanto sulle potenzialità della rosa e soprattutto del suo allenatore.
La “bellezza” di Gasperini
Della questione “estetica” delle partite delle squadre allenate da Gasperini in questa rubrica abbiamo scritto tanto, anche quando Gasperini era solo un avversario della Roma. Un concetto più volte trattato è che osservando certi precetti sarà difficile vedere sfide spettacolari dal punto di vista tecnico, vista l’esasperazione dei duelli individuali che è alla base della filosofia gasperiniana. Per i tifosi, peraltro, potranno essere sicuramente spettacolari le partite che la Roma vincerà magari anche largamente come capitava all’Atalanta, quando sbroglierà la matassa della sfida magari nella parte iniziale e poi attraverso le sue virtù combattive riuscirà ad annichilire gli avversari come capitava un tempo ai nerazzurri. Ma ogni partita combattuta sul filo del risultato difficilmente metterà in risalto le caratteristiche che piacciono agli esteti. Ma tanto il calcio non è mai materia che può mettere tutti d’accordo. A Gasp basta se stesso. Lui ha trovato una formula per esaltare le caratteristiche dei suoi giocatori e con quella va avanti, da anni, raggiungendo risultati eccezionali e quindi è logico che continuerà così.
Volumi e qualità
Tornando invece alla sfida di Torino, il volume del gioco prodotto è stato più o meno lo stesso. Come dimostrano anche le statistiche pubblicate qui di fianco, la Roma ha avuto un maggior possesso palla, ha costruito un numero di azioni pericolose superiore, ha battuto più calci d’angolo, ha fatto più tiri verso la porta e più cross. Ma è clamorosamente mancata la qualità (x-gol 2,33 a 1,53). Il fuoriclasse in grado di spostare l’inerzia della sfida da una parte all’altra è stato Yildiz, nessuno della Roma è stato alla sua altezza. E nei momenti decisivi sono stati commessi in fase di non possesso errori troppo grossolani (li illustriamo qui accanto). Troppo per uscire indenni da Torino.
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