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Zero titoli? Magari, se sono quelli di certi giornali

Di Francesco va alla guerra (e si rompe le ossa) per far vincere la Roma. Sui giornali è una corsa per spiegargli come, mentre Moggi straparla. Simpaticamente

Di Francesco, di LaPresse

Di Francesco, di LaPresse

30 Agosto 2018 - 10:19

Faceva capolino tra i commenti più esacerbati su Twitter, qualche giorno fa, nella tempesta ormonale seguita alla cessione di Strootman, uno degli otto centrocampisti in organico alla Roma: «Ok, era meglio non cederlo Kevin, ma com'è stato possibile non vincere niente quando avevamo Maicon, Castan, Benatia, Balzaretti, Florenzi, De Rossi, Pjanic, Strootman, Totti, Gervinho, Ljaijc?». Ci andò molto vicino quella Roma effettivamente molto forte, ma non vinse, come tutte quelle che in questo decennio l'hanno preceduta e come le quattro che l'hanno seguita. Chissà se ha ragione chi a Trigoria ritiene che se squadre con organici, tecnici, dirigenti e budget differenti ottengono sempre lo stesso risultato (la non vittoria), la responsabilità non vada cercata ANCHE nell'eccessiva fibrillazione di un ambiente pronto a colorare di passione ogni evento, bello o brutto, con tutte le conseguenze del caso. Chi scrive, ad esempio, non lo pensa. Semmai è chi lavora a Trigoria che dimostra, lasciandosi magari travolgere dall'onda emotiva dell'ambiente, di non saper reggere le pressioni e quindi di non essere all'altezza del difficile compito per cui si viene così lautamente pagati. Certo però è assai complicato mantenere questa certezza di fronte alle più recenti vicende di casa giallorossa.

Quest'anno infatti si è ripartiti per tentare di vincere con un organico profondamente rinnovato per esigenze prima tecniche (si ricordi la valutazione di fine maggio: per provare a vincere bisognerà mantenere sostanzialmente inalterati i reparti di difesa e di attacco, ma incidere profondamente nel centrocampo, rinnovandolo e rendendolo più tecnico e dinamico) e poi finanziarie (300 milioni movimentati, ripartiti quasi equamente tra entrate e uscite), con grande vantaggio sportivo e anagrafico per la rosa a disposizione di Di Francesco, visto che a fronte di quattro cessioni (tra cui tre titolari) sono arrivati dodici acquisti. E si è pure ridotto il monte-ingaggi. Ma vincere non sarà facile visto che la Juventus che ha stradominato lo scorso campionato (95 punti su 114, appena 3 sconfitte) ha aggiunto allo stesso organico Cristiano Ronaldo. In più si pensava che lo splendido cammino europeo della scorsa stagione avesse chiarito anche ai più scettici, che per tutta la prima parte della stagione avevano espresso il loro disappunto sulla scelta di Di Francesco, che in fondo quel ragazzo che così bene aveva fatto a Sassuolo meritava davvero la fiducia dei tifosi.

E invece sono bastate due giornate, con quattro punti all'attivo, una vittoria in trasferta e un pareggio in casa, contro due squadre di buon livello, per scatenare un'inaudita offensiva su tutti i giornali, i social, le radio e in ogni dibattito tra tifosi con il chiaro e condiviso intento di rimettere in discussione l'intero lavoro di Monchi, Baldissoni e Baldini e ovviamente la gestione tecnica di Eusebio Di Francesco, passato (anzi, tornato) dentro questi tribunalini da quattro soldi da gran cerimoniere della squadra salita sul tetto delle prime quattro squadre d'Europa a bamboccio stordito incapace di capire le reali potenzialità del suo gruppo, incartato dentro le sue formulette da abecedario di Coverciano. E badi bene che non si parla di critiche, tra cui mai mancheranno anche quelle del Romanista, come è appunto appena capitato. Ma di precise strategie che in qualche disegno sofisticato servono magari a preparare il terreno ad Antonio Conte. Pensa te.

Citiamo alla rinfusa un po' di titoli di ieri mattina, scansando magari quella fastidiosa prima pagina in cui si reclamizzavano, a proposito di galantuomini, le definitive (sic) parole di Luciano Moggi, uno a cui, a quanto pare, non è bastato rovinare il calcio italiano e la Juventus (intesa come squadra e come società) con il suo operato delinquenziale per risparmiarsi la (dichiarata) simpatia di direttore e intervistatore del giorno. Bleah. I titoli, dicevamo: L'Eusebio furioso. Ecco tutte le soluzioni per Pastore (visto che, s'intuisce, Di Francesco non ha capito niente). E all'improvviso due mediani sono pochi (due? E gli altri?). Il rombo o l'albero per il Flaco (altro che la mezzala). La partenza di Strootman adesso crea problemi. Rebus Roma. Prime delusioni, i dolori di Difra. Fino all'invincibile La partenza flop delle romane, la solitudine dei mister.La partenza flop. Una vittoria in trasferta e un pareggio con l'Atalanta. Partenza flop. Sic.

Anche la scelta della lettera all'ex direttore di quello stesso giornale che ha dedicato con entusiastico fervore le prime tre pagine a Moggi è apparsa significativa: A forza di vendere ci ritroveremo con zero tituli in undici anni (si da già per scontato che non si vinca). Con risposta ovviamente solo consolatrice (quanto ha ragione, signore mio) con la rivelazione finale sul fatto che a Stoccolma Robin Olsen veniva chiamato il "portiere senza braccia". Allegria. Tutto questo mentre Di Francesco si frattura la mano in panchina per la rabbia per un risultato che poteva sfuggire e con l'arto fasciato continua la sua opera di trasformazione di un gruppo endemicamente perdente in una realtà finalmente vincente. Zero titoli? Magari, se sono quelli di certi giornali.

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