Supercampioni d'Italia
Contro la Fiorentina arriva la prima Supercoppa della nostra storia in una notte d’oro. Candela, Montella e Totti le firme d’autore su un trofeo che sembrava la promessa di tanti altri

Sogno di una notte di mezza estate, anche se poi il 19 agosto non è propriamente metà della stagione, e anche se quella calcistica di stagione sarebbe iniziata soltanto una settimana dopo in campionato. A Verona. Ma questa Supercoppa Italiana, prima della storia dell’Associazione Sportiva Roma, ha il sapore e i contorni luccicanti di un racconto sotto le stelle, quelle della Roma. «Nei riflessi della coppa mentre Totti la bacia si vede il futuro della squadra», qualcuno scriverà il giorno dopo.
E sarà così solo in parte, perché alla fine, dopo lo Scudetto vinto due mesi e due giorni prima in quello stesso posto, la Roma di Capello riuscirà a vincere soltanto questa Coppa che quella notte, più che una propaggine del Tricolore, sembrava essere promessa di altri trofei. Non sarà così e resta un peccato. Troppo poco per quella Roma, proprio e in particolare per la Roma che ha giocato contro la Fiorentina una partita di bellezza. Nell’immaginario collettivo viene poco ricordata sia questa sfida sia la fattura dei gol che l’hanno riempita, almeno due su tre bellissimi, rari capolavori tecnici, giocate spettacolari: il terzo è “soltanto” un cucchiaio sotto la Curva Sud di Francesco Totti. Rispetto alla Roma campione contro il Parma il 17 giugno, la Roma Supercampione il 19 agosto contro la Fiorentina gioca con gli stessi calciatori a parte il portiere – Pelizzoli al posto di Antonioli – e Fuser per Cafu, assente per un’operazione al naso. In panchina i nuovi arrivi: Lima, Siviglia e Antonio Cassano, perché Gianni Guigou, Abel Balbo e “Supermarco” Delvecchio entreranno nel secondo tempo, tributo quasi dovuto a chi c’era la stagione passata.
La notte dei campioni d’Italia. Lo eravamo tutti, quella notte senza fuochi d’artificio perché erano stati esplosi contro il Boca Juniors nemmeno una settimana prima (nella partita del bruttissimo infortunio a Lassissi), dove le polemiche per i premi scudetto sembravano passate, dove c’era solo da vedere la Roma con una coppa al cielo. Candela: «Capello ci aveva detto di aggredire subito e fare immediatamente nostra la partita». Mai squadra prenderà più in parola il proprio tecnico.
Dopo 3’ Assuncao – su una ribattuta di Pino Tagliatela – da 6 metri scarsi a porta spalancata tira fuori («Assuncao ma come fao?»). Un minutino e Totti da lontano sfiora il palo, un altro tiro del Capitano e palla in angolo. Dagli sviluppi (si dice così) il pallone arriva a Vincent Candela, che stavolta non fa l’assist per il gol dall’oro in bocca, ma tira direttamente una mazzafiondata in bocca alla notte. La prende in pieno. Una staffilata da veramente lontano col pallone che non si alza di un centimetro, taglia le gambe di molti (bravo Montella a scansarsi) e s’infila alla destra del portiere viola. Uno a zero e pare strafinita, anche perché persino col destro Montella sfiora il 2-0. L’Olimpico fa festa e a ripetizione si alzano i decibel di un coro che in quell’estate era in voga: («Blu è il tuo colore…»). Sarà perché i viola si saranno sentiti troppo fuori da tutto, ma verso la metà del tempo con Nuno Gomes sprecano l’occasione enorme di pareggiare: Pelizzoli para e sembra la cosa più importante della serata. Invece Antonioli si riprenderà non troppo in là il posto da titolare. Giusto un brivido. Fisiologico.
La Roma con Batistuta e Totti ritorna a dare spettacolo e nella ripresa di fatto chiude la partita con una magia di Vincenzo Montella di sinistro al volo dal limite dell’area, dopo un assist al millimetro e al bacio del Capitano. Può bastare, almeno per “l’Aeroplanino”, che esce tra gli applausi e gli olé del suo coro preferito. Per la storia e per la Roma manca la firma del Capitano, che la fa leggibilissima: con il cucchiaio. Per il resto, Roberto Mancini, tecnico della Fiorentina, ha il tempo per mettersi a sede, come da volontà popolare giallorossa, e la Roma di fare il giro di campo al grido de «I campioni dell’Italia siamo noi». Era così. Non il sogno di una notte di mezza estate, ma quello di una vita era realtà. E quella sera ce lo siamo detti per un’ultima volta.
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