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suolo sacro

Campo Testaccio, 90 anni fa l'inaugurazione: una storia tra mito popolare e abbandono

3 novembre 1929, Roma-Brescia 2-1: così iniziò l’epopea del nostro stadio. Fu festa fino al 1940, con 103 vittorie su 161. Poi l'oblio: oggi si cerca il lento riscatto

Campo Testaccio all'epoca e l'area come appare oggi da Google Maps

Campo Testaccio all'epoca e l'area come appare oggi da Google Maps

03 Novembre 2019 - 08:30

«Domenica prossima 3 Novembre questa Associazione inaugurerà il suo campo sportivo in Via Zabaglia con la partita pel campionato Italiano con la squadra di Brescia. Alle ore 14 il Vescovo Castrense impartirà la Sua Benedizione. Questa presidenza si permette di rivolgere viva preghiera alla E.V. perché voglia concedere di onorare con la Sua presenza la cerimonia di inaugurazione». Così il presidente della Roma Renato Sacerdoti invitava Benito Mussolini all'inaugurazione di Campo Testaccio. Era il 30 ottobre del 1929: quattro giorni dopo la Roma avrebbe inaugurato il suo stadio e qualche anno dopo Sacerdoti, ebreo di Testaccio, sarebbe stato mandato in esilio per via della sua fede. La storia del primo, e finora unico, stadio di proprietà della Roma ebbe inizio con una vittoria per 2-1 contro il Brescia: una squadra che, proprio nell'anno in cui si celebrano i 90 anni dal primo fischio d'inizio a Testaccio, è tornata in Serie A.

Veduta aerea di Campo Testaccio

Come appariva nel giorno del suo debutto lo stadio di via Zabaglia, ispirato all'inglesissimo Goodison Park di Liverpool, lo racconta l'edizione de "L'Impero" uscita il giorno dopo: «Tribune grandiose e spaziosissime, per oltre 20mila posti a sedere, un terreno erboso, morbido, costruito con la guida degli ultimi dettami della tecnica (i violenti acquazzoni della notte non vi hanno lasciato traccia di pesantezza alla superficie); una pista podistica di grande sviluppo; il passaggio sotterraneo per i giocatori, ecco per sommi capi il superbo campo che l'A.S. Roma ha donato agli sportivi dell'Urbe». Testaccio era un vero e proprio stadio all'inglese, realizzato in legno e dipinto di giallo e di rosso, con impianto d'illuminazione, altoparlanti e una capienza di circa 20mila spettatori. La cerimonia di inaugurazione durò circa mezz'ora: Mussolini non venne ma mandò il gerarca Augusto Turati, presidente del Coni, che tagliò il nastro d'onore e guidò l'ingresso in campo. Le squadre sfilarono e il Monsignor Bartolomasi benedì il suolo che da quel momento in poi portò alla Roma 103 vittorie su 161 incontri ufficiali.

L'inaugurazione il 3 novembre 1929 con il presidente del Coni, Turati, e il Monsignor Bartolomasi

Il primo lo fa Volk

La Lupa scese in campo così: Ballante; Corbyons, De Micheli; Ferraris, Degni, Carpi; Benatti, Dalle Vedove, Volk, Bernardini, Chini. Alle assenze di Barzan, D'Aquino, Ossoinach e Fasanelli si aggiunse ben presto quella di Benatti, che dopo 15 minuti rimase inibito da un forte scontro di gioco. In panchina a guidare la squadra c'era Guido Baccani: un passato da allenatore della Lazio e da membro della commissione tecnica della Nazionale, durò solo sette giornate per vedersi poi sostituito dall'inglese Herbert Burgess. Il primo gol a Testaccio lo segnò Rodolfo Volk, "Sciabbolone" il fiumano, mentre il secondo fu firmato da "Fuffo" Bernardini. Il risultato della prima partita, 2-1, fu anche quello dell'ultima giocata all'ombra della Piramide e del Monte de' Cocci: il 30 giugno 1940 la Roma vi affrontò il amichevole il Livorno prima di salutare per sempre il primo stadio in cui divenne grande.

La formazione di Roma-Lazio 5-0, stagione 1933-34

Il riscatto di un rione popolare

Cosa significasse per il rione di Testaccio l'apertura del nuovo stadio lo spiegano Izzi, Grassetti e Pescatore nel volume "AS Roma - La grande storia" edito da Newton Compton: «Il rione che cominciò a prendere forma tra il 1903 e il 1921 era un luogo duro, difficile in cui crescere e vivere. Un quartiere abbandonato per anni a se stesso, privo dei più elementari servizi. (...) Nel primo decennio del novecento il 51,8% dei bambini residenti nel rione non arrivava a superare i cinque anni di vita. Faticosamente, nel corso degli anni Venti, il quartiere si era incamminato verso una lenta ascesa sociale, accompagnata dalla rinuncia delle autorità all'idea della costruzione del "rione operaio", di cui il Mattatoio rimase l'unica traccia. Gli abitanti di Testaccio erano però uomini e donne in cerca di riscatto, alla prepotente ricerca di un'affermazione sociale. Magicamente, la comparsa del Campo della Roma fornì su un piatto d'argento la colossale occasione per la redenzione e la rinascita di un intero popolo. Campo Testaccio, prima ancora di essere inaugurato, divenne l'orgoglio del rione in un'identificazione appassionata, carnale, che spazzò via ogni possibilità di distinzione tra la squadra e il suo pubblico». Ed è un giocatore della Roma dei primi Anni 40, Romolo Alzani, a descrivere la mistica di quello stadio in legno, in "Testaccio per sempre" di Massimo Izzi: «Era un covo. (...) Testaccio era questo, era il popolo di Roma che finalmente aveva una squadra da anteporre alla Lazio... E tutto il pubblico della Roma era non dico dei diseredati ma degli uomini che avevano bisogno di un riscatto. Era veramente una rivoluzione proletaria, la squadra della Roma era del popolo, mentre invece la Lazio era della borghesia e questo duello c'è stato e ci sarà sempre, dai tempi della gleba... Questo per me era il mito di Testaccio».

Le macerie di un sogno

Cosa rimane oggi di quel mito popolare? Forse solo la memoria storica e collettiva di un popolo, quello giallorosso e testaccino. Ma di concreto, ben poco: Campo Testaccio è un'enorme buca da oltre dieci anni, una ferita mai rimarginata. Eppure un campo c'era: lo ricorderà chi ha avuto trascorsi nella storica AS Testaccio '68, che proprio lì giocava negli Anni 2000, dopo che Rutelli inaugurò il campo in terra. Poi l'idea di realizzare un nuovo centro sportivo, offrendo parcheggi sotterranei a un privato: ne nacque una diatriba che, ovviamente, coinvolse resti romani e soprintendenze.

Campo Testaccio come appariva pochi mesi fa

Nel 2015 il Consiglio di Stato ha riconsegnato l'area al Comune, dopo un lunga contesa giudiziaria. Ma poco dopo cadeva la giunta Marino e il sostituto Tronca si dimenticava della questione. Infine, la giunta Raggi. La quale, seppur molto lentamente, ha iniziato ad aprire i cassetti impolverati di via Zabaglia. In particolare, dopo la parziale bonifica di settembre 2018, lo scorso aprile l'assessore allo Sport, Daniele Frongia, ha passato le competenze sull'area al Municipio. Una mossa per accelerare le pratiche e per soddisfare un territorio esausto di una vicenda che, oltre a sottrarre l'unico campo di calcio pubblico al Primo Municipio, ha regalato topi, serpenti e altre sorprese ai bambini delle scuole adiacenti.

L'ultima novità risale al 19 settembre scorso, quando il Campidoglio ha proposto Campo Testaccio come progetto pilota per il riutilizzo di terre da scavo. Ovvero: recuperare terre estratte da altri cantieri per ricoprire, almeno parzialmente, la buca di via Zabaglia. Il percorso è noto da anni: prima verrà realizzato un progetto provvisorio, proposto dal Municipio con le associazioni locali, che avrà lo scopo di rendere fruibile una parte dell'area come giardino o playground. Nel frattempo, si lavorerà a un bando che tornerà a mettere a gara la gestione dell'impianto (e probabilmente anche la sua ricostruzione). La garanzia, più volte confermata dalla Raggi, da Frongia stesso e dal suo omologo del Primo Municipio, Emiliano Monteverde, è che Testaccio tornerà a essere un campo di calcio. Come e quando? Ancora non è dato sapere. Possiamo solo sperare e tenere alta l'attenzione su uno dei nostri luoghi del cuore.

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