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21 anni fa

La cinquina immortale e poi la festa: abbiamo visto cose...

Fantascienza e realismo in un derby esagerato, un carnevale il giorno dopo. L’11 marzo 2002 5.000 persone festeggiano in centro catturando l’attenzione di turisti e media

L'esultanza di Montella

L'esultanza di Montella (GETTY IMAGES)

11 Marzo 2023 - 10:35

Sarebbe piaciuto a Buñuel, quello che si è visto l’11 marzo a Roma: almeno cinquemila persone con sciarpe e bandiere di lunedì mattina, in pieno centro di Roma, improvvisare una processione cantata, accerchiare, entrare, uscire dal Colosseo, mentre i turisti si fermano, ti fermano, ti chiedono, si chiedono: perché? Com’è? Che è? E poi a un certo punto sbucare un gregge pascolare al Circo Massimo per dimostrare l’ospitalità, perché Roma è grande, madre, aperta con tutti, soprattutto dopo un 5-1. 

È stato questo il giorno dopo di Lazio-Roma 1-5, con le agenzie di stampa straniere che si affrettano a battere la notizia di questo strano carnevale in questo strano e innamorato lunedì romano. Il fascino indiscreto dei tifosi della Roma. Il giorno dopo, il giorno prima e ogni minuto che Dio l’abbia in gloria di quel derby esagerato, stordente, vero. Fantascienza e realismo. Méliès e Verga. Montella, Montella, Montella, Montella e Totti. Lazio 1 - Roma 5. Aggiornate il programma al replicante di Blade Runner, al largo dei Bastioni d’Orione: ho visto di lunedì mattina migliaia di persone fare festa perché ho visto giocare domenica sera Dino Baggio terzino destro, e Vincenzo Montella segnare non una, ma due volte di testa. Ho visto Nesta aspettare che Peruzzi prendesse il pallone. Ho visto il pallone e il carrellino dell’“Aeroplanino” a forma di piedino, ho visto Nesta e poi non l’ho visto più. Sparito negli spogliatoi. Riapparso a Milano. Ho visto cose che voi umani non riuscireste nemmeno a immaginare, e nemmeno Rutger Hauer-Capello: «No, non avrei nemmeno osato pensarlo alla vigilia». Ho visto e rivisto Montella segnare non una, né due e nemmeno tre, ma quattro volte alla Lazio, e non era mai successo prima in serie A. Ho visto accarezzare un pallone col piede di un Capitano con la delicatezza con la quale si accarezza il volto di un bambino appena sveglio: l’ho visto addormentarsi sotto al sette di Peruzzi che per poco non ne prende 7. Ho visto Nina e l’Aeroplanino volare. Ho sentito Franco Sensi, il presidente, appena finita la partita, dire: «Datemi tempo, mi devo riprendere». Ho sentito – mentre riprendeva fiato e singhiozzava: «Questa è storia» – cantare la sua gente: «Che sta a fa’? Che sta a fa’?, Che sta a fa’ la Lazio, o Cragnotti, che sta a fa’ la Lazio?». 1-5, sta a fa’. Perché tutti avevano sentito il pronostico del loro presidente il giorno prima ancora: «Vincerà la Lazio». Sì, al Lotto. Cinquina. Ho visto il tabellone: Lazio 1-Roma 5. E ho visto la gente e ho letto il commento di Emerson sui giornali: «Quell’azione di Totti del secondo gol mi ha ricordato Pelè»; quello di Fabio Capello dopo aver ammesso di aver limiti d’immaginazione: «Questa è una Roma da sogno». 

 

 
 
 
 
 
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Ho letto il pezzo di Luigi Ferrajolo sul Corriere dello Sport che iniziava: «La Roma torna in testa calpestando la Lazio». L’editoriale di Italo Cucci che sembrava uno scherzo futurista: «Guardate su in cielo! È un uccello! È un aereo! No, è Montella!». Yuppi-aia-ue. Ho visto dedicare in prima pagina sulla Gazzetta dello Sport più di dieci righe solo per un gol: «In quanto si misurano i tempi di reazione di un grande calciatore in area? In decimi di secondo, come ci suggeriscono le misurazioni del centometrista di partenza. La fisiologica dovrebbe ammettere pietose eccezioni, per esempio a chi incrocia la pista di Montella: se non ragioni in centesimi, sei finito. Nesta fa la figura di un orrido soprammobile di marmo: un calvario… E noi ci godiamo un’antologia dell’anticipo, un manuale di destrezza, un documentario sul mestiere di attaccante. Il povero Nesta ubriacato deve essere sostituito».
E noi ci godiamo tutto: Dio che Montella!, in prima pagina; e la maglietta di Totti per il 6, unica che non è solo per il suo amore, ma che sembra più annunciare quel «6-1, perché no?», cantato dalla Sud in faccia alla Nord. Ah sì, dimenticavo. Ho visto, letto e sentito un’altra cosa, un altro coro persino più appropriato: «La Curva Sud te lo grida in coro e dai Antonioli facci un gol». Magari come quello a pallonetto di Totti, che lui stesso ha definito: «Un gol da fantascienza per una vittoria storica». Torniamo lì, tra Verga e Méliès, tra sogno e realtà e ci piazzi sul palco questo Lazio-Roma 1-5 da vedere, rivedere, ri-raccontare perché non sia mai che qualcuno si sia perso qualcosa (come Totti prima della partita: «Credevo ci fossimo scordati Batistuta a Trigoria»). Davvero quella notte dei 5 gol alla Lazio ho visto felici tutti i romanisti, soprattutto quelli che ci guardavano da lassù e che all’inizio erano stati ricordati dalla Sud: «Onore a chi ci ha lasciato con la Roma nel cuore». Questo derby o l’hanno giocato loro, o se lo sono portati subito in paradiso.

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