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l'intervista

Jorge Castro Henriques, tra il LUPEmaTTone e le rovine di Mirobriga

l'artista: «Ecco il mio omaggio a Gratton. Romanista perché frequentavo il sito archeologico. Mourinho ha la voglia di trionfare di un imperatore»

La Redazione
21 Settembre 2021 - 11:30

Jorge Castro Henriques è un tecnico di digitalizzazione portoghese e un fotografo urbano che ha scattato varie foto a Lisbona, Londra, Buenos Aires e anche Rio de Janeiro. Ma il prossimo scenario dei suoi album è chiaro: «Presto andrò a Roma per girare i diversi municipi e realizzare scatti». Non è un desiderio casuale, perché Jorge è romanista. La passione è nata a partire dall'iconografia dell'Impero Romano, da piccolo ne era affascinato dal momento che frequentava molto spesso un sito archeologico, come ci ha raccontato lui stesso: «La mia passione per la Roma è iniziata, curiosamente, con l'eredità romana, poiché i miei nonni avevano una casa a pochi minuti da Mirobriga, uno dei siti archeologici romani più importanti del Portogallo». Si tratta dell'antica Mirobriga Celticorum, pochi chilometri a sud della cittadina di Santiago du Cacem, nel sud-est del paese: lì ci sono molti resti dell'antico villaggio, bagni, teatri, persino un ippodromo. «L'ho frequentato molto spesso quando ero un bambino - continua a raccontarci Jorge - e, in qualche modo, ha avuto un impatto molto forte su di me. Dopotutto, è proprio l'As Roma che ha la tradizione storica di tutto quello che ha rappresentato la città di Roma con il nome, i simboli e i colori». Insomma, la Roma come erede visiva dell'Impero. Jorge ha un occhio artistico molto strutturato, e ha avuto l'idea di realizzare un'opera in onore di uno dei più grandi designer italiani del novecento, Piero Gratton, che alla fine degli anni settanta costruì l'identità visiva della Roma: «Oltre alla fotografia urbana, realizzo foto di installazione artistica e quando l'anno scorso ho scoperto, proprio tramite Il Romanista, che Piero Gratton era deceduto, ho deciso subito di fare un semplice omaggio e mostrare tutta la mia passione per la Roma. Il Lupetto la considero una grande opera d'arte e, dal momento che Gratton era un designer, ho voluto realizzare l'opera sotto forma di un'immagine grafica. Con l'aiuto di un mio amico ho disegnato il Lupetto e l'ho messo su uno sfondo di mattoni, un materiale molto legato all'eredità romana, poiché sono stati loro a introdurlo in Europa». Il Romanismo di Jorge non è dovuto soltanto a un fattore estetico, ma ovviamente c'è anche un legame strettamente calcistico, molto romantico: «Quando poi la Roma è venuta in Portogallo per giocare con il Benfica, ho notato quella bella squadra giallorossa, soprattutto il grande regista Giannini. Forse ha aiutato molto il fatto che la Roma in quell'occasione aveva vinto proprio contro la rivale della mia squadra, che è lo Sporting di Lisbona. E da quel momento, ogni volta che la Roma giocava e la televisione locale trasmetteva le partite, guardavo con piacere i giallorossi». L'amore più definito, però, è nato quando Jorge ha finalmente messo piede nella città che aveva sognato di visitare da quando, da bambino, visitava le rovine di Mirobriga: «Finalmente, nel 1997, ho visitato Roma con i miei genitori e da lì mi sono sentito un romanista ufficiale. Mi ricordo che quando sentii di esserlo ho comprato un gagliardetto della Roma che ancora oggi conservo con gelosia. E tra l'altro fu un momento particolare per iniziare a seguirla, dato che fu da allora che iniziò la costruzione della fantastica squadra che in seguito vinse lo Scudetto. Era una squadra indimenticabile, che ricordo quasi a memoria. Una formazione resa unita da una grande chimica, che fvinse quel grande Scudetto. Per festeggiare ho comprato la t-shirt Kappa che usavo ogni volta che giocavo a calcio con i miei amici».

Essendo portoghese, e dato quello che il personaggio di José Mourinho ha rappresentato e continua a rappresentare in Portogallo, Jorge ha un particolare rapporto con il tecnico giallorosso, che si lega a un progetto artistico partito proprio nelle settimane dell'annuncio ufficiale: «In quel periodo ho avviato un progetto chiamato LVSITANIA, che riprende i resti dell'ex provincia dell'Impero Romano, che attualmente comprende una parte importante del Portogallo e una più piccola in Spagna. Poi, poco dopo l'avvio del progetto, Mourinho è stato annunciato come nuovo allenatore, e devo confessare che quell'avvenimento ha fatto riemergere il mio romanismo, dopo alcuni anni di alti e bassi. Lui è unico, come la Roma. Ha ravvivato il suo entusiasmo tra tutti quanti. Ha iniziato come assistente dell'allenatore Bobby Robson nello Sporting e da allora la sua carriera parla da sola. E anche se nel calcio non si tratta solo di vincere titoli, la verità è che contano molto e Mou ha un Dna vincente. La sua conferenza stampa di presentazione mi ha dato la sensazione che avrà successo a Roma. La sua citazione di Marco Aurelio «Nulla viene dal nulla e nulla ritorna al nulla» mostra che questo è solo un processo, un mattone dopo mattone, ma la motivazione, l'energia, la spinta e l'ambizione ci sono quindi ci sono buone prospettive per i giallorossi. Ha quella volontà di trionfare, come i Grandi Imperatori dell'antichità. Sento che il suo legame con la squadra e con i tifosi cresce ogni giorno». C'è sempre un grande e affascinante spazio nei discorsi di Jorge sulla Roma, sempre legati alla cultura e alla storia dell'Antica Roma: «Quella corsa fino alla Curva Sud domenica scorsa non solo ha mostrato il suo romanismo, ma mi ha ricordato un altro sportivo lusitano che ha corso e ha trionfato nell'Antica Roma: un pilota di quadrighe vincitore di serie chiamato Gaius Appuleius Dicoles che si è ritirato dopo aver raccolto il premio più alto nella storia. Se Mourinho farà la metà di quello che ha fatto, sarà un successo totale».

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