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L'editoriale

Var morto e noi più vivi che mai

L’acuto di Dzeko ha testato le coronarie di ognuno di noi come poche altre volte e ha catapultato i nostri tifosi a Bologna dentro il campo e i giocatori dentro quello spicchio di Curva, in un mutuo scambio di sensi

, di LaPresse

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23 Settembre 2019 - 11:02

G come goduria. G come giustizia. G come gol. Anzi: goooo. G anche come Gecoooo, perché il suo nome urlato suona proprio come quello dell'animaletto che si arrampica sui muri e porta fortuna. Il nostro Cigno col numero 9 invece si arrampica in aria e in quell'attimo di eterno che trascorre fra la sua sospensione, la testa che frusta il pallone, le mani di Skorupski piegate e la rete gonfiata, porta un'altra G, di Gioia. Altro che mai, è sempre una gioia quando la Roma vince. Quando lo fa all'ultimo respiro, impossibile da raccontare. Meglio viverla. Così come inenarrabile è l'esultanza di quattromila tifosi noncuranti della pioggia, che avevano dato fondo alle capacità vocali anche molto prima del gol vittoria.

Alzi la mano - se esiste - il romanista che non ha buttato l'ugola quando Edin ha rimesso sulla retta via un match che la sbadata ditta Pairetto-Calvarese era riuscita a far deragliare. Decisioni arbitrali a senso unico (surreali e iperboliche le sguaiate proteste finali dei padroni di casa), un addetto al Var che come le tre scimmiette non ha visto, sentito e parlato.
Ma forse i due signori hanno involontariamente regalato una gioia ancora più grande. Perché è quando ti senti defraudato e il veleno si espande in ogni cellula del corpo e la lucidità è a un attimo dall'abbandono per far posto a rabbia e frustrazione, che il lampo inatteso innesca il cortocircuito. In un attimo scocca la scintilla. La smorfia di disapprovazione si trasforma in trasfigurazione, il pallore fa di nuovo posto al colore, la pioggia non si sente più. Il cielo è squarciato dalle urla, intorno è tutto sole, è un tripudio di giallorosso. L'indescrivibile si realizza e allora come si fa a raccontare emozioni simili?

Avremmo chiesto lumi al nostro direttore, che è stato testimone diretto nel settore ospiti del Dall'Ara e che nella narrazione delle suggestioni romaniste è secondo a nessuno. Ma se l'acuto di Dzeko ha testato le coronarie di ognuno di noi; se ha fatto vibrare le pareti della nostra redazione come poche altre volte; se ha catapultato i nostri tifosi a Bologna dentro il campo e i giocatori dentro quello spicchio di Curva, in un mutuo scambio di amorosi sensi che da solo riempie l'anima; se tutto questo è tangibile, del direttore di questo giornale si sono perse le tracce. Da quel momento in poi. Se qualcuno lo avvista, lo riporti. Da noi o anche meglio in trasferta: era nello spicchio giallorosso anche l'anno scorso a Frosinone. Spulciare il tabellino per avere conferma dell'effetto amuleto. E senza lui chi può narrare l'inenarrabile? Ci si avvicina solo la famosa scritta sui muri cittadini: «Viva la pazza gioia di essere romanisti». Ieri. Oggi. Sempre. 

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