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Dalla città olandese che non c'era alla Roma che lo aspettava: la storia di Rensch

Radici a Lelystadt e nel VV Unicum, poi l'adolescenza e alla maturità vissute nell'Ajax, fino ad arrivare alle lacrime versate alla firma in giallorosso

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Lorenzo Paielli
27 Settembre 2025 - 08:00

È chiamata anche “la città che non c’era”, nessuna fiaba o racconto artefatto. È semplicemente la storia di Lelystadt, città sorta letteralmente dal mare solo nel 1966 nella provincia del Flevoland, in Olanda. Cittadina a ben 3 metri sotto il livello del mare: tra una storia relativamente moderna, piccoli canali ad attraversarla e diverse opere di Land Art a caratterizzarne il paesaggio suggestivo. Ma cos’hanno in comune una città portuale e Roma? Devyne Rensch. È proprio in questa terra che, il 18 gennaio 2003, nasce quello che adesso è il numero 2 giallorosso. 

Origini del Suriname, sulla scia dei diversi dei maggiori talenti olandesi di tutti i tempi come Gullit; Rijkaard, Davids, Seedorf, Patrick Kluivert; o più recentemente, Van Dijk e Wijnaldum: il sentiero tracciato non poteva che portare al calcio. Un amore che scorre nelle vene fin dai primi anni di vita. E a 8 anni Devyne comincia a muovere i primi passi nella squadra della sua città, il V.V. Unicum soprattutto, inizialmente, in una speciale Academy. Nessuno meglio di Peter van der Horst, primo allenatore di Rensch fin dai primi giorni nell'Academy, può testimoniare la crescita del ragazzo: "Conosco Devyne da quando ha 8 anni. Ha iniziato nella mia Academy proprio a quell'età. Ho avuto modo di allenarlo fino all'Under 13, poi dopo quell'anno sono arrivati i primi interessamenti dei club importanti. Sia l'Ajax che il PSV Eindhoven lo volevano", ha esordito van der Horst a Il Romanista.

Se la duttilità rientra tra le caratteristiche principali di Devyne, il motivo viene da lontano: "All'Unicum ha iniziato come difensore centrale, ruolo che ha poi proseguito anche nel settore giovanile dell'Ajax e nelle giovanili della nazionale olandese. Quando è arrivato il momento dell'esordio tra i grandi, con ten Hag, il tecnico ha scelto di impiegarlo come terzino". Ma non solo qualità tecniche, ciò che ha sempre contraddistinto il ragazzo è il carattere: "Ha un carattere stabile, ha sempre avuto un solo obiettivo: diventare un calciatore professionista. All'inizio della sua carriera era un bambino timido, ma quando ho intravisto il suo talento ho scelto di renderlo capitano della squadra per responsabilizzarlo e per sviluppare la sua personalità. Devyne è davvero un bravo ragazzo. Abbiamo lavorato sull'utilizzo di entrambi i piedi nel giocare la palla: è veloce, flessibile e aperto all'apprendimento dei dettagli. È molto utile lavorare individualmente sulle abilità tecniche, specialmente per un difensore che deve proteggere la palla sotto pressione. È giovane ma con tanta esperienza, ha un grandissimo potenziale".

Un grande, grandissimo potenziale che nel tempo ha attirato l'interesse di diversi top club europei. Ma c'è stato un momento in cui, la carriera di Devyne, sembrava potesse finire ancor prima di prendere il volo: "Quando Devyne aveva 11 anni, ho firmato un contratto di due anni con la nazionale Under 17 dell'Oman. Dopo essere tornato all'Unicum, inizialmente non ho visto Devyne: aveva smesso di giocare a calcio perché aveva un infortunio al piede, il Morbo di Sever (più precisamente, è un'infiammazione del tallone nei bambini e negli adolescenti dovuta a stress ripetuti sul nucleo di crescita del calcagno, il punto di inserzione del tendine d'Achille, ndr). Sono andato immediatamente a casa di sua madre per assicurarmi che ricevesse fisioterapia per il suo infortunio e ho detto loro che il ragazzo non avrebbe mai dovuto smettere di giocare a calcio. L'ho riportato al club e, una volta guarito dall'infortunio, ha iniziato a giocare così bene che l'Ajax, il PSV e la nazionale olandese lo hanno voluto. Siamo così orgogliosi che ora giochi nella Roma, il club di Totti!". 

Un rapporto, quello tra van der Horst e Rensch, che è rimasto forte e intatto negli anni: "Quello che mi piace di Devyne è che sia rimasto la stessa persona di quando ha iniziato a giocare con l'Unicum. Dopo tutti questi anni siamo ancora in contatto, c'è molto rispetto reciproco e lui non mi ha dimenticato. Gli ho detto di accettare immediatamente la Roma, di non pensarci neppure un minuto e di partire direttamente per la Capitale! Un grande club europeo, in una città che mi ha lasciato davvero dei bei ricordi quando ci sono stato insieme a tutta la mia famiglia".

Ma riavvolgendo il nastro in ordine cronologico, la linea temporale chiama alla storia un segmento fondamentale nella vita e nella carriera di Rensch. L'arrivo all'Ajax e tutta la trafila nel settore giovanile degli olandesi, dalle Under allo Jong Ajax: vince anche il premio di miglior calciatore del vivaio nel 2020. Del suo talento se ne parla ovunque, anche se chi gli sta intorno predica calma. E proprio nello stesso anno arriva l'esordio tra i grandi, nella sfida contro l'Emmen e sotto la guida di ten Hag. Da quel momento, tanto spazio per accumulare minuti e consapevolezza: si prende il posto da titolare in Europa League e sigla il suo primo gol, condito da due assist a 18 anni e 62 giorni, divenendo il quarto più giovane a segnare un gol e un assist nella stessa partita con la maglia dell'Ajax nel ventunesimo secolo. Dal 2020 fino al suo addio, coi Lancieri verranno registrate ben 156 presenze, di cui 37 divise tra Champions, Europa e Conference League, e 10 gol. 

Poi la chiamata di Ranieri a gennaio 2025 da far brillare gli occhi. Il richiamo della Roma è troppo forte: l'arrivo in città, il giro a Trigoria e quegli occhi che non hanno più retto il peso delle emozioni, fino ad arrivare le lacrime di gioia dopo la firma sul contratto. Basterebbero quelle lacrime versate per raccontare la storia di Devyne. E da quelle lacrime in poi c'è un'altra storia, quella da scrivere con la Lupa sopra il petto: giovani e pimpanti, sì. Ma Rensch è anche e soprattutto maturità, dedizione al lavoro e tanta speranza per il futuro. Lo racconta il suo percorso, lo racconterà soprattutto il campo.  

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