Balla col lupetto
Il 7 settembre 1939 nasceva un grandissimo artista, altrettanto grande romanista. A lui va il merito di aver creato, alla fine degli Anni 70, un logo moderno, rivoluzionario e identitario

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Ormai il termine “iconico” è utilizzato a spron battuto, ogni due per tre, un po’ come accaduto qualche tempo fa con “resilienza”. Ma non esiste espressione migliore, in questo caso, per descrivere il celebre Lupetto, realizzato da Piero Gratton nel 1978: nato come logo, si è fatto simbolo nel corso degli anni. Facilmente replicabile, accattivante e immediato dal punto di vista grafico, è finito sui diari di intere generazioni di giovani romanisti: da quelli nati alla fine degli Anni 60 (e che quindi frequentavano le elementari quando il Lupetto fece la sua comparsa) a quelli che vanno a scuola oggi, figli del revivalismo dell’era Friedkin che ha riportato in auge il simbolo.
Negli anni in cui sulle maglie delle squadre italiane cominciarono a comparire gli sponsor, mentre Anzalone progettava Trigoria e lanciava i Roma Shop per dare vita al merchandising, Gratton seppe dare ai romanisti un simbolo nuovo, ma capace di unire. Mentre Ago, Rocca, Bruno Conti, Pruzzo e gli altri si preparavano a portare la squadra dove non era mai stata prima, il grafico disegnò «i contorni di un sogno», come scrivemmo sulla nostra prima pagina all’indomani della sua morte, sopraggiunta il 3 aprile 2020. Gratton è stato il papà del nostro Lupetto, e quindi per certi versi il papà di tutti noi romanisti, a prescindere dal nostro anno di nascita. Perché quel profilo stilizzato del nostro simbolo, inserito all’interno di un cerchio bordato di giallo e di rosso, è la nostra carta d’identità: qualcosa che racconta meglio di qualunque altra chi eravamo, chi siamo e chi saremo sempre. Per questo, caro Piero, non smetteremo mai di dirti grazie.
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