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Balla col lupetto

Il 7 settembre 1939 nasceva un grandissimo artista, altrettanto grande romanista. A lui va il merito di aver creato, alla fine degli Anni 70, un logo moderno, rivoluzionario e identitario

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Lorenzo Latini
07 Settembre 2025 - 06:30

Ormai il termine “iconico” è utilizzato a spron battuto, ogni due per tre, un po’ come accaduto qualche tempo fa con “resilienza”. Ma non esiste espressione migliore, in questo caso, per descrivere il celebre Lupetto, realizzato da Piero Gratton nel 1978: nato come logo, si è fatto simbolo nel corso degli anni. Facilmente replicabile, accattivante e immediato dal punto di vista grafico, è finito sui diari di intere generazioni di giovani romanisti: da quelli nati alla fine degli Anni 60 (e che quindi frequentavano le elementari quando il Lupetto fece la sua comparsa) a quelli che vanno a scuola oggi, figli del revivalismo dell’era Friedkin che ha riportato in auge il simbolo.

A idearlo e realizzarlo è stato Piero Gratton, grafico e designer nato esattamente 86 anni fa, il 7 settembre 1939. Nonostante i natali milanesi, il giovane Piero crebbe a Roma, dove frequentò le scuole: inevitabilmente, fu contagiato dalla febbre giallorossa, che si sviluppò in lui fin dalla tenera età. Entrò in Rai, lavorò per il dipartimento di grafica del TG2 e realizzò le sigle di alcuni leggendari programmi, tra i quali Domenica Sprint e Dribbling. Con un curriculum del genere, Gratton non poteva passare inosservato agli occhi di Gaetano Anzalone, un altro visionario, seppur in ambiti diversi rispetto a quelli dell’artista Gratton. L’allora patron romanista, nel 1978, affidò al grafico la creazione di un logo moderno, innovativo, identitario e allo stesso tempo rivoluzionario: Piero vi si dedicò anima e corpo, e il 30 giugno di quell’anno il Lupetto fu ufficialmente registrato all’Uffico Brevetti di Roma con numero di protocollo 34216C/78. Non solo: lavorando con la Pouchain, Gratton dà vita alle celebri divise “ghiacciolo” indossate da Di Bartolomei e compagni tra il 1978 e il 1980: maglie tornate prepotentemente di moda nel recente passato, e andate a ruba quando la Roma le ha replicate nella sezione “Retro” del suo store. Del resto, quelle casacche - e ancor di più il Lupetto - sembrano col senno di poi venire dal futuro, piuttosto che dagli Anni 70. Merito della grande immaginazione creativa di Gratton, da sempre abile a coniugare marketing e arte: non a caso, in quel periodo e negli anni a seguire anche altri club si rivolsero a lui per attuare un generale rebranding.

Negli anni in cui sulle maglie delle squadre italiane cominciarono a comparire gli sponsor, mentre Anzalone progettava Trigoria e lanciava i Roma Shop per dare vita al merchandising, Gratton seppe dare ai romanisti un simbolo nuovo, ma capace di unire. Mentre Ago, Rocca, Bruno Conti, Pruzzo e gli altri si preparavano a portare la squadra dove non era mai stata prima, il grafico disegnò «i contorni di un sogno», come scrivemmo sulla nostra prima pagina all’indomani della sua morte, sopraggiunta il 3 aprile 2020.  Gratton è stato il papà del nostro Lupetto, e quindi per certi versi il papà di tutti noi romanisti, a prescindere dal nostro anno di nascita. Perché quel profilo stilizzato del nostro simbolo, inserito all’interno di un cerchio bordato di giallo e di rosso, è la nostra carta d’identità: qualcosa che racconta meglio di qualunque altra chi eravamo, chi siamo e chi saremo sempre. Per questo, caro Piero, non smetteremo mai di dirti grazie.

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