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l'intervista

Marco Conidi: «'Mai sola mai' allo stadio un'emozione troppo forte. Piace anche a Mou»

Il cantautore romanista: «Alla cena di squadra mi hanno invitato due ore prima, per l'allenatore sono pronti a buttarsi nel fuoco. Ho visto un gruppo fantastico»

10 Ottobre 2021 - 11:00

Marcolino, così lo chiamano nella trattoria dove ci rivediamo dopo un po' di tempo. St'omone di quasi due metri e di tanti chili («ho sempre questi maledetti dieci in più che devo tirar via, ma ci riuscirò...») lo chiamano Marcolino perché la stazza spaventa, ok, ma il cuore no, il cuore scalda, il cuore accoglie. "Marcolino" Conidi sul tema è particolarmente sensibile: «Ci devo fare attenzione, un anno fa questo cuore matto mi stava per giocare un brutto scherzo. Non ne ho mai parlato perché non mi piace mischiare la vita pubblica a quella privata, ma ho capito che significa vedere la morte in faccia. Vederla nell'espressione all'improvviso seria di chi ti sta curando ciò che pensavo fosse solo uno sbalzo di pressione e invece era qualcosa di molto più serio. Se sono ancora qui lo devo a Veronica, lei mi ha salvato la vita quando ha chiamato il 118 quel giorno, mi hanno ripreso per i capelli e oggi mi godo la vita e questo momento magico, mi godo Veronica, mi godo la Roma e pure questo inaspettato successo in tv».

Partiamo da questo. Nottataccia su RaiPlay. Mi pare un piccolo capolavoro che esalta la musica attraverso una buona scrittura televisiva, ma anche il contrario: la musica che alza l'asticella dell'intrattenimento televisivo attraverso l'ironia.
«Grazie, è stata una faticaccia, ma è venuta proprio bene. Grazie anche al lavoro di Luca Angeletti, Giorgio Caputo, Guglielmo Poggi e tutti i musicisti. È un lavoro di un anno e mezzo, girato ad aprile dell'anno scorso, scritto e pianificato nei minimi dettagli».

Su Raiplay. In quanti ti dicono "Sì, ma in tv a che ora lo vedo"?.
«Uh, non sai. Tanti. Ma bisogna abituarsi alle nuove piattaforme. Per i giovani è la normalità».

Un format pieno di romanità e romanismo, esaltati nella maniera più goliardica possibile. Con pezzi di grande comicità. Magari qualcuno non piacerà fuori dal Raccordo. Tipo quando stoppi Bugo che interpreta Jannacci e confessa il suo amore per la Juventus.
«Beh, non poteva pensare di venire in un programma condotto da me e esaltare la Juventus... Peraltro nella canzone originale di Jannacci, il verso dice "E allora sarà bello quando vince il Milan". Lui l'ha fatta sua, ma ha dovuto accettare lo stop dopo la frase "Sarà bello quando vince la Juve". "Fermo lì Bugo, ma che stai a di'?", e l'abbiamo cacciato...».

Giocate sull'ironia di un gruppo squinternato che non vuole nessuno. Sa di scene di vita vissuta...
«Gli americani lo chiamano dramedy, la commedia costruita sul dramma. Oltretutto nell'ultimo anno e mezzo la musica è stata completamente abbandonata. Poi magari è facile mandare Bocelli in tv o per Vasco rinunciare a un tour quando la società che glielo organizza ha già incassato tutti i soldi: in banca fruttano».

Non mi fare prendere querele.
«Ma sono cose che sanno tutti».

Cioè? Il business dei concerti rinviati?
«Beh, dico che a qualcuno ha fruttato, ma chi lavora con la musica per guadagnarsi da vivere, e non mi riferisco solo agli artisti, ma a tutta quella serie di professionalità che vivono intorno alla musica, per tutta questa massa di gente è stato davvero difficile andare avanti».

E come diceva il finto vostro manager Lillo, a un certo punto si deve cominciare a lavorare.
«Ci abbiamo scherzato, ma il 75%, 80% delle aziende del mondo dello spettacolo è stato abbandonato al suo destino. Stiamo parlando di un esercito di 350.000 persone. Speriamo di esserne usciti».

E voi con l'Orchestraccia riproponete la musica romana popolare, rivisitata.
«Per fortuna si sta finalmente sdoganando. La musica romana è sempre stata snobbata nei network nazionali, specialmente quelli milanocentrici. Per la tradizione della musica napoletana c'è stato ad esempio maggior rispetto. Nel cinema questo processo c'è stato da tempo. E noi facciamo attenzione alla romanità da proporre, a noi piace quella nobile, che non ostenta, non quella macchiettistica».

Il gruppo di Nottataccia in posa con Ema Stokholma

Ce ne sono di esempi virtuosi.
«In una canzone che tu conosci, "La Roma che conosco", faccio una carrellata di romani famosi nel mondo, anche d'adozione, che hanno portato in alto il tipo di romano non coatto, non sbracone, non eccessivo, quello che magari viene guardato con fastidio. Noi ci siamo sempre avvicinati al pubblico di altre regioni con grande curiosità e rispetto, e il pubblico è sempre stato molto ricettivo, molto più dei filtri che impediscono la vera comunicazione popolare. Una delle cose che mi dà più gioia è stata davvero il recupero delle canzoni romane di Lando Fiorini, di Gabriella Ferri o di Venditti, e oggi di cantautori tipo Carl Brave, Franco 126 e tanti altri, penso a Ultimo, che con il suo talento ha alimentato questa cultura. "Lassateme canta'" è un capolavoro».

Ancora oggi certe trasmissioni finiscono sotto accusa. È capitato anche a Propaganda Live, il programma di Diego Bianchi, spesso accusato di essere troppo romanocentrico.
«Lo hanno chiesto anche a noi di non esagerare. Ma non ce n'è stato bisogno, avevamo già pianificato, e poi avuto, ospiti di ogni regione, da Paolo Belli, a Bugo, a Bennato, a Clementino, a Sarcina, a Motta».

E poi Lorena Bianchetti che si scatena col rock, Noemi che interpreta un'indimenticabile versione di "Roma non fa' la stupida stasera" ed Ema Stokholma che resta in ostaggio, e nel suo programma.
«Belle, vero? Lorena si è divertita parecchio, Noemi con la sua voce jazz è stata incredibile, ed Ema si è ritagliato quello spazio nella sua maniera sofisticata, perfetta nel ruolo di essere prima scocciata da questi cialtroni e a poco a poco rimanerne conquistata anche lei».

Con quelle tutine un po' tra La casa di carta e Squid game.
«Ma noi l'abbiamo fatto prima dei sudcoreani. Loro sono bravissimi a copiare...».

Un bel successo, insomma. Anche ottime recensioni.
«Con paragoni persino imbarazzanti, tra Arbore e L'audace colpo dei soliti ignoti».

Ma voi ci avete messo del vostro. Bravi soprattuto per l'autoironia. Anche la tua. Si è capito per esempio che ti prendono in giro sul fatto che gli artisti sono tutti amici tuoi.
«Perché ho fatto da direttore artistico chiamando tutti gli ospiti. Li considero davvero tutti amici, anche se qualcuno magari non lo è. L'Orchestraccia poi nasce proprio dall'amicizia portata su un campo di calcio. E tu ne sai qualcosa perché quella squadra, l'Aesseromartisti, l'allenavi. C'era davvero un cast irripetibile. Da lì è nata L'Orchestraccia del sonno perso, poi Orchestraccia».

Peccato che vi siate un po' rammolliti. Eravate forti.
«Non me lo dire perché ci metto poco a rimetterla in piedi...Solo piedi buoni».

Non tutti. I tuoi per esempio... Però trovavi sempre il modo di buttarla dentro.
«Ahahahah, vero. Però avevamo delle stelle, gente che poteva far carriera pure da calciatore. Penso a Diego Bianchi, Edoardo Leo, Francesco Arca».

Pure Giorgio Caputo e Paolo Calabresi formavano una gran coppia centrale.
«E Mastandrea, Niccolò Fabi, Francesco Montanari, Elio Germano, Vinicio Marchioni, Pino Marino, Andrea Rivera, Manolo, Roberto Infascelli, Luca Angeletti, Daniele Silvestri, Daniele Liotti, Pier Cortese, Luca Barbarossa, Bobo Angelini. Bel gruppo».

Ora toccherebbe sperare nelle nuove generazioni. Meglio concentrarsi sulla Roma vera, che qualche soddisfazione ce la può dare.
«La squadra è forte, ma che sia un gruppo fantastico ho avuto modo di vederlo di persona, quando mi hanno invitato a cena».

Ora tutti penseranno che c'è qualcuno che ti raccomanda. La cena, Mai Sola Mai allo stadio, pure le immagini che ti riprendono mentre va la canzone...
«Sì, ci manca la raccomandazione, per una canzone scritta nel 2002... La verità?».

Vedi tu, magari funziona più una bugia divertente.
«La verità è che la sera della cena mi ha chiamato Vito Scala alle 18,30. "Marcoli', che devi fa' stasera?". "Niente, sto a casa. Perché?". "Vieni a cena con noi a canta' qualche canzone?". Ho chiamato al volo pianista e chitarrista e sono andato. Una serata bellissima».

Come ti hanno accolto?
«Incredibile. Sono rimasto impressionato dalla gentilezza, dall'educazione e dalla compattezza che ho visto in questa squadra. Tu pensi di trovare i calciatori da stereotipo, un po' annoiati e con la testa china sul telefonino. Il contrario. Tutti coinvolti, tutti attivi, tutti simpatici e gentilissimi. Non ti svelo segreti, anche perché poi sai che quello che si dice nello spogliatoio resta nello spogliatoio, ma ho capito perché davvero quest'anno può succedere qualcosa di bello».

E perché?
«Ho visto un gruppo di amici divertirsi. Tutti uniti e con un capo riconosciuto. Mourinho. Quando apre bocca ti butteresti in mezzo al fuoco per lui. Ha un carisma e una simpatia incredibili».

A te che t'ha detto?
(imitandolo)«"Come canti bene amico, come canti bene!"».

E gli altri?
«Lorenzo Pellegrini ha preso una sciarpa e di persona l'ha portata ad ognuno per farla autografare. Con lui ci unisce il quartiere di provenienza, il Quadraro, e mi ha confessato di essere cresciuto con Mai Sola Mai. Ha tutto quello che un capitano deve avere. Ne sente il privilegio e la responsabilità. Sta nel filo della continuità di Francesco e Daniele. E qualcosa ora sta cambiando. Io non mi sono mai dimesso dalla Roma perché il mio amore per la Roma non può essere messo in discussione. Ma ultimamente mi avevano strappato dei poster a cui ero legato e ho capito che era finita un'epoca. Ma se ne sta aprendo un'altra».

Quando hai scritto Mai sola mai?
«Nel 2002. Ha quasi vent'anni».

Com'è nata?
«Ho preso un foglio e ho scritto: "Cosa sei per me, spiegarlo non è facile". Ci ho pensato un attimo, poi ho scritto: "Una parola sola, tu sei la Roma". Il resto è venuto da solo».

Allo stadio si è sentita anche in passato.
«Sì, ma sempre in maniera periferica, non so come dire. Anche durante i festeggiamenti di Roma-Barcellona si è sentita, ma quello che è successo adesso è un'altra cosa».

E torniamo al discorso di prima: chi ti raccomanda?
«E che ne so. Ho letto che Pellegrini la metteva negli spogliatoi e che Mourinho l'ha apprezzata subito».

Quante canzoni hai cantato quella sera?
«Quattro o cinque. Tra cui Roma Roma di Antonello».

Nessuno mette in discussione i vecchi inni.
«Ma scherzi? Antonello e Lando sono miei miti personali. Mi piace ciò che sta facendo la Roma, c'è tempo e spazio per tutti».

E quel pezzo che mi hai fatto sentire poco fa?
«Bello, vero? È la rivisitazione dell'ultimo pezzo dell'Orchestraccia. Declinato alla As Roma. Messo dopo i gol spacca».

Sarebbe fantastico. Così come è stato bello vedere le immagini della tua commozione mentre lo stadio cantava Mai Sola Mai.
«So che lo avete fatto diventare virale al Romanista. Sono emozioni che non reggo, sto a diventa' un piagnone...».

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