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L’analisi di Verona-Roma

Si chiede più calcio ma se perdi son guai

Mourinho sta cambiando la filosofia della squadra. La strada è quella giusta, ma come al solito si guarda (solo) al risultato

Fase di gioco in Hellas Verona-Roma

Fase di gioco in Hellas Verona-Roma (GETTY IMAGES)

28 Agosto 2023 - 10:02

Proviamo, semplicemente, a guardare i numeri, mettendo magari a confronto quelli della squadra che al termine delle gare di sabato è svettata in testa della classifica tra gli elogi generali (il Milan) e quelli della stracriticata Roma che dopo due giornate si ritrova invece con un solo punto. Dunque il Milan, secondo i dati della Lega Calcio, ha demolito il Torino con 17 tiri verso la porta, di cui 7 nello specchio, 12 occasioni da gol e il 59% di possesso palla (mentre il Toro ha tirato 8 volte costruendo 4 occasioni da gol). La Roma invece di tiri verso la porta ne ha scoccati 23, di cui 7 nello specchio, creando 17 occasioni da gol e tenendo il pallone mediamente per il 72% del tempo. Dal canto suo il Verona ha segnato due gol tirando 3 volte in porta (una è la papera di Rui Patricio), con appena 4 occasioni da gol. Queste un po’ di considerazioni prese testuali dalla rassegna stampa di ieri mattina: secondo il Corriere della Sera la Roma è stata “uno sfacelo”, secondo Repubblica la Roma si è “snaturata rispetto a quando segnava gol chirurgici e così vinceva le partite”, e poi adesso “le palle inattive sono quasi mai efficaci” (e le due traverse prese?) e più in generale “gioca al contrario rispetto all'anno scorso e così i risultati arrivano al contrario”. Secondo Il Corriere dello Sport “appena viene attaccata si sbriciola”. Il Tempo ha scritto che è stata “disastrosa” e le colpe sono anche di Mourinho che all'inizio “ha toppato clamorosamente la formazione”. Per paradosso c'è stata più serenità a Torino e Milano: secondo Il Giornale la Roma è stata “sfortunata”, per La Stampa ha addirittura “dominato, ma ha vinto il Verona con una buona dose di fortuna”. Ne emerge un quadro di una squadra involuta tatticamente per le scelte sbagliate dell'allenatore e per via di un tentativo di gioco pretenzioso che non porta risultati. Ma i numeri dicono che ha costruito persino più del Milan. Sono tutti giochisti col sedere degli altri, se ci si passa la battuta a un po' volgare.

La casualità del primo gol

Che cosa c’è di sbagliato in quello che la Roma ha fatto al Bentegodi? Si può pensare di non subire una ripartenza come quella che ha portato al primo gol? No, evidentemente. Ne capitano diverse a partita, contro ogni top team del mondo, pane quotidiano persino al City. L’errore lì purtroppo è tutto di Rui Patricio che avrebbe dovuto trattenere il pallone che invece gli è sfuggito. Colpa resa gravissima dal rimbalzo che è finito nella terra di nessuno (e poi di Duda) anche per via di un pizzico di pigrizia di Llorente che non si è precipitato a protezione dell’eventuale errore del portiere per un innato problema della testa dei difensori (sbaglia quel difensore che pensa all’evoluzione di un’azione con ottimismo, bisogna sempre essere pessimisti) a confronto con quella degli attaccanti (che per natura sono naturalmente portati ad essere ottimisti e quindi confidano nell’errore degli avversari). Stop. Non ci sono altre colpe specifiche, non è un problema tattico, non è un problema di squadra, non è un problema di sistema di gioco, non è un problema di scelta di formazione. Poi si può sostenere che Rui Patricio non sia (più) un portiere di primissimo livello: ma qui entriamo nel campo largo dei pareri personali e nessuno più di Mourinho (ex portiere figlio di portiere), e semmai di Nuno Santos, è in grado di fare le scelte migliori sul tema.

Smalling, dove sei?

Il secondo gol ha invece evidenziato un problema di natura tattico e un altro di natura tecnica: l'insistita azione offensiva della Roma sarebbe probabilmente culminata con un probabile gol se Terracciano non avesse intercettato col ricciolo più alto della sua testa lo splendido lob di Pellegrini in quel punto dell'area in cui stavano attaccando addirittura in tre: Llorente, Belotti e Dybala. Anche in questo caso c'è stato un eccesso di ottimismo, ma le squadre che attaccano a volte si scoprono scriteriatamente, a patto di saper rientrare almeno a coprire l’uno contro uno. In quel momento Smalling ha accorciato in pressione su Djuric pensando (male) ad una possibile verticale sul bosniaco e invece ha dovuto rincorrere Ngonge quando ha capito che Paredes non avrebbe mai potuto tenere con l'avversario l'uno contro uno. L'errore di interpretazione di Llorente, che ha ulteriormente scoperto la difesa buttandosi in avanti per prendere il suggerimento di Pellegrini, è perdonabile. L'errore grave è di Smalling ed è successivo, quando ancora una volta, proprio come successo con Candreva contro la Salernitana, invece di invitare l'avversario attraverso la postura del proprio corpo ad andare sull'esterno per ridurgli la porzione di porta in visuale, gli ha lasciato la possibilità di rientrare verso l'interno, cadendo nella finta del giocatore. Errori non da Smalling, quasi incomprensibili. Qui ci sono le colpe, gravi, della partita di sabato.

Il “dettaglio” del risultato

Per il resto la Roma ha fatto tutto quello che poteva fare per pareggiare o addirittura vincere la partita, mancando reti ripetutamente per un soffio, a volte per una rifinitura superficiale (anche di Dybala nel primo tempo, di Pellegrini, di Spinazzola, di Karsdorp, con un cross sul primo palo con due compagni liberi sul secondo), a volte per un dettaglio di un centesimo di secondo o di un centimetro (Belotti in ritardo sulla spizzata di Mancini, Solbakken che si abbassa su un cross di Pellegrini, lo stesso capitano al tiro nel primo tempo fuori di poco dopo una prodezza per liberarsi, le due traverse) e mettiamoci pure per qualche scelta curiosa dell’arbitro e del Var che non hanno giudicato in pienezza di valutazione sia il contatto Djuric-Dybala sia una scorrettezza di Hongla su Belotti, su una punizione di Pellegrini culminata con un tiro di El Shaarawy deviato in corner da Montipò. E a proposito dell’arbitro, l'unica critica che non merita è quella sul maxi recupero (il Corriere della Sera ha parlato di un recupero “senza senso in mancanza di cooling break”: eppure nonostante i 13 minuti extra a fine partita, il dato del tempo effettivo è clamoroso perché si è giocato solo per 47'49”, quasi sette minuti meno della media di una partita italiana, addirittura 9 minuti in meno della elegantissima partita del Milan. Quindi se c'è una squadra penalizzata da quel recupero è stata la Roma.

Mister Bove

Forse non tutti hanno visto che Bove ha in pratica ordinato la sostituzione di Zalewski con Karsdorp. Come si vede dalle immagini dall’alto, quando sono tutti scattati in campo preoccupati per l’infortunio del polacco, il centrocampista romano s'è girato verso la panchina invitando Karsdorp ad andarsi subito a scaldare, senza che nessuno glielo avesse suggerito. Quando si dice capire il momento.

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