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L'analisi di Roma-Lecce: diversi i fattori che hanno contribuito alla rimonta

Bocciato in Coppa Italia il 433, Mourinho è ritornato al 4231: «Ma cambieremo in base alla forma fisica dei nostri calciatori e agli avversari»

Afena-Gyan in pressing sulla difesa del Lecce (AS Roma via Getty Images)

Afena-Gyan in pressing sulla difesa del Lecce (AS Roma via Getty Images)

22 Gennaio 2022 - 11:46

La Roma a due facce che si è vista giovedì sera con il Lecce non può essere dipesa solo dal cambio di tre uomini o dall'adozione di un sistema di gioco leggermente diverso, invertendo il vertice del centrocampo a tre. Sono stati diversi i fattori che hanno contribuito alla soluzione di un problema che nel primo tempo a un certo punto era diventato più grande di quello che si poteva immaginare. Intanto non bisogna dimenticare che il rendimento del Lecce ha seguito una parabola che molti grafici relativi alle statistiche di gioco distribuite nei 90 minuti hanno disegnato alla stessa maniera: partito basso, è cresciuto molto nel primo tempo per poi calare progressivamente e infine crollare nell'ultimo quarto d'ora. Basti vedere il dato del possesso palla salentino, passato dal 38% dei primi 15 minuti al 50 e al 49 del resto del primo tempo, per poi scendere al 48, al 43 e al 31% nell'ultimo quarto d'ora di gioco. Così come le azioni offensive, i recuperi per minuto, la percentuale dei duelli vinti, intensità del pressing: l'andamento è stato sempre quello. Molto ha inciso ovviamente anche l'espulsione di Gargiulo al 17º del secondo tempo, con la Roma già in vantaggio. Logico che in quel momento il Lecce abbia tirato i remi in barca, preoccupandosi più che altro di evitare la goleada anche per non sciupare l'ottimo primo tempo disputato. Poi indubbiamente ha inciso anche l'iniezione di freschezza garantita dal tecnico sia con il cambiamento tattico sia con gli innesti tecnici: Zaniolo ha indubbiamente fatto molto di più di Perez, Mkhitaryan ha impresso subito la sua presenza alla sfida più di quanto abbia fatto l'impalpabile Veretout di questo periodo e Viña si è posizionato su caselle decisamente più alte del terreno di gioco rispetto a Maitland-Niles. Anche fisicamente gli uomini di Baroni sono schiantati: simbolica, al riguardo, l'occasione capitata alla mezz'ora del secondo tempo a Mkhitaryan che era partito dalla propria trequarti campo in seguito ad una mancata pressione di Calabresi, penalizzato nel suo tentativo da un improvviso crampo che gli ha impedito di contrastare l'avversario. L'armeno è così partito dritto fino a scambiare la palla con Zaniolo nel cuore dell'area avversaria, per poi mandare il tiro clamorosamente a lato.

Le pressioni poco efficaci

Portata a casa la qualificazione e anche la soddisfazione per aver rimesso dritta una serata che pareva storta, c'è comunque da chiedersi che cosa non abbia funzionato in particolare nel primo tempo. La Roma ha indubbiamente sofferto il passo rapido e le precise geometrie di gioco del Lecce di Baroni, 433 nell'impostazione offensiva e 442 in quella difensiva, con Gargiulo spesso lanciato in pressione con Olivieri sui due centrali romanisti, con gli esterni alti pronti a contrastare i terzini della Roma e rapidi meccanismi di scalatura a centrocampo che hanno impedito all'apparente superiorità numerica dei padroni di casa di uscire in palleggio facile. Non a caso nel primo tempo la Roma si è resa pericolosa quasi esclusivamente su transizioni positive, rubando il pallone agli avversari e ripartendo veloci. Con la palla a terra e le difese schierate ha fatto invece sicuramente meglio il Lecce, sfruttando soprattutto le pressioni approssimative portate dai romanisti, vecchio difetto su cui a Trigoria si deve continuare a lavorare. Anche su questo la Roma è alla ricerca di un'identità, avendo cambiato già nel corso della stagione le sue modalità di marcatura. In particolare, nell'azione del gol è mancata la pressione sulla catena esterna del Lecce ma poi Kumbulla in area ha rimediato al sinistro quasi a botta sicura di Gargiulo. Sul cross di Listkowski da cui è nato il gol di Calabresi la maggioranza delle critiche si è appuntata sulla lenta marcatura di Maitland-Niles che in realtà era stato messo da Mourinho a presidio del limite dell'area e non può essere dunque individuato come esclusivo colpevole visto che non era impegnato in alcuna marcatura personalizzata, come cinque dei suoi compagni di squadra.

Quale sistema?

C'è poi una questione legata al sistema di gioco su cui Mourinho proprio l'altra sera, dopo la partita, ha provato a fare chiarezza. Quest'anno, infatti, la Roma ha cambiato sistema di gioco quasi sempre per reagire alle emergenze di organico che hanno impedito all'allenatore di scegliere in piena libertà uomini e schieramento. Così dal 4231 dei primi tempi si è passati al 352 quando non c'erano terzini sinistri per poi tornare alla difesa a quattro contro la Juventus per la penuria di difensori centrali. Già alla vigilia della sfida con il Cagliari Mourinho aveva provato il 433, poi abortito per l'infortunio di Pellegrini nel riscaldamento della sfida con il Cagliari. Giovedì è tornato alla carica con tre centrocampisti e tre punte di cui due (Perez e Felix ) molto larghe. Ma se l'interpretazione del 433 è moscia e statica, se le pressioni offensive non vengono portate con l'aggressività che l'esercizio richiederebbe, se la partecipazione dei singoli giocatori non è attiva come l'allenatore pretenderebbe, il 433 diventa solo uno scaglionamento di giocatori molto distanti tra loro in entrambe le fasi. Così per tutto il primo tempo con il Lecce gli attaccanti esterni si sono tenuti lontanissimi da Abraham, i centrocampisti spesso uscivano larghi a tamponare i buchi delle pressioni più offensive, la difesa rimaneva staccata e Cristante era costretto a ripiegare in fascia ora su uno, ora sull'altro avversario. Alzati Mkhitareyan e Zaniolo vicino ad Abraham ad inizio ripresa, la Roma si è ritrovata all'improvviso. Aiutata dal progressivo disimpegno del Lecce, la squadra giallorossa ha fatto sua la partita a poco a poco e quando gli ospiti sono rimasti in inferiorità numerica la partita si è virtualmente chiusa. Sollecitato alla fine della gara, Mourinho ha detto che al momento non ha un sistema di gioco di riferimento. Deciderà di partita in partita in base allo stato di forma dei suoi giocatori e anche al dispositivo tattico degli avversari. Probabilmente con Empoli e Genova insisterà con il 4231 con Zaniolo e Mkhitaryan più vicini ad Abraham e semmai dovesse essere rispolverata la difesa a tre, potrebbe succedere per i quarti di Coppa Italia, a Milano con l'Inter.

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