Qualcosa è cambiato, forse è il caso di dirlo
Ranieri non prevedeva rivoluzioni, ma Gasperini vuole un attacco tutto nuovo. E c’è necessità di un sacrificio

(GETTY IMAGES)
Nell’ultima conferenza-stampa prepartita di campionato, Ranieri fu chiaro: «Non dobbiamo fare rivoluzioni, con una squadra capace di essere prima nel girone di ritorno». A quel tempo Gasperini era (solo) l’allenatore in pectore della Roma ma con sir Claudio aveva già condiviso qualche chiacchiera sulle necessità della squadra che di lì a poco avrebbe preso in carica. All’epoca, invece, Massara aveva appena lasciato la direzione sportiva del Rennes, ma nessuno lo aveva ancora contattato per diventare il nuovo responsabile del mercato giallorosso. E forse anche lui, come tanti tifosi romanisti, ebbe modo di ascoltare quelle parole rassicuranti: la rosa è forte, non ci saranno rivoluzioni anche perché non si possono sostenere, per via soprattutto dei paletti del Fair Play Finanziario. Che, ricordiamo, obbligava il club a garantire entro il 30 giugno 2025 un saldo di plusvalenze più o meno di 30 milioni (obiettivo avvicinato, ma non raggiunto) e che costringerà Massara ad aggiungerne altre (cifra non ancora quantificata, probabilmente altrettanto corposa) entro il 30 giugno 2026. In più va contenuto il disavanzo a 60 milioni e bisogna ridurre in maniera significativa il monte ingaggi. Una combinazione micidiale, che aveva suggerito a Ranieri già a maggio di mettere le mani avanti: «Abbiamo di fronte due sessioni di mercato di grande sofferenza, non voglio prendere in giro i tifosi».
Giusto, ai tifosi bisogna sempre parlar chiaro. Ed è quello che consigliamo di fare anche adesso, magari non nel giorno di Ferragosto, ma già domani pomeriggio, a margine della sfida con gli arabi del Neom. Si faccia in modo che Massara, o magari Ranieri, o lo stesso Gasperini, siano più espliciti possibili riguardo alle strategie del club. Perché qui non si parla più di cambiare due o tre elementi della rosa della Roma, qui si sta configurando una vera e propria rivoluzione che porterà per la prima volta nella gestione Friedkin a veder partire un protagonista assoluto della squadra. Pare infatti che Gasperini voglia cambiare il volto dell’attacco, preoccupato probabilmente dalla sterilità offensiva intuita nelle prime uscite stagionali, durante le quali ha dovuto ripetutamente fare a meno (dopo le illusorie prime due sfide) di Paulo Dybala. Qui non si tratta dunque di prendere in prestito solo un esterno offensivo di piede destro, ma di acquistare due calciatori con tanti gol nelle gambe (Sancho e Bailey gli obiettivi scoperti) e per farlo non c’è altra soluzione che vendere un pezzo forte realizzando una corposa plusvalenza che finanzierà i nuovi acquisti e consentirà a Massara di ridurre sin d’ora l’impatto delle cessioni al 30 giugno prossimo.
Odiosa la narrazione che della questione come al solito è stata fatta a Milano, dove non vedevano l’ora di attenuare la pessima figura fatta con l’affare Lookman (da settimane non si parla d’altro su tutti i giornali, ma a quanto pare l’Atalanta non si è mai piegata ad accettare le condizioni imposte da Ausilio) sbandierando l’opzione Koné, addirittura “offerto” dalla Roma. In realtà a lavorare sull’ipotesi è l’entourage del giocatore, ma è un attimo far passare il concetto che siano i giallorossi ad essere con l’acqua alla gola. Immagine che piace sempre molto a chi racconta i dettagli del mercato nostrano. Ecco perché se fossimo in Massara o in Ranieri eviteremmo accuratamente di trattare con l’Inter (che ad esempio per anni ha chiuso ad ogni ipotesi di cessione di Frattesi) per non correre il rischio di rinforzare una più o meno diretta concorrente, e semmai cercheremmo all’estero l’acquirente giusto. Facile a scriversi, e a dirsi, certo, magari meno a farsi, ma tant’è. E ci penseremmo cento volte prima di procedere alla cessione di Koné. Che oggi vale almeno 50 milioni (altro che la barzelletta di 30 fatta circolare ieri) e che tra un anno potrebbe valerne tanti di più.
Ribadiamo ancora che il ticket Ranieri-Massara-Gasperini ci entusiasma e continuiamo a fidarci del loro lavoro. Ma il riscatto che sogniamo della Roma passa anche attraverso la ricostruzione di un’immagine di autorevolezza che la subalternità delle ultime stagioni ha piuttosto offuscato.
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