Punto e virgola

Gasperini, Spalletti e i messaggi ai naviganti

Con le parole come sul campo, l'obiettivo è sempre lo stesso: trarre il massimo dalla squadra

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
11 Dicembre 2025 - 06:00

Un articolo molto interessante sul Domani, ieri mattina, metteva a fuoco le caratteristiche simili della nuova modalità di comunicazione che stanno adottando gli allenatori della new generation, tra i citati Fabregas, Chivu e naturalmente Daniele De Rossi. Il riferimento era alle modalità meno tossiche con cui i giovani tecnici approcciano le conferenze e soprattutto le interviste postgara, senza puntare sempre l’indice verso l’arbitraggio o verso altri fattori che potrebbero aver concorso magari ad una mancata vittoria. E nel finale dell’articolo c’era anche un elogio per la scelta comunicativa equilibrata adottata da Gasperini alla Roma

Ascoltando invece le parole del tecnico romanista ieri al Celtic Park, e confrontandole con quelle di Spalletti alla vigilia della sfida della Juventus col Pafos, va registrato un altro tipo di somiglianza. E riguarda i messaggi piuttosto espliciti che i due allenatori stanno mandando ai loro giocatori. Già la settimana scorsa, il Gasp aveva fatto capire con quella differenza tra gli highlander (citando il gruppone che si allena sempre con costanza e sul campo porta sempre il suo contributo) e quelli non ancora allineati per via anche magari dei contrattempi fisici che hanno avuto (soprattutto Ferguson, Bailey e Dybala). Ieri ha rincarato la dose, con quel riferimento a chi ha giocato meno: «Non ci sono antipatie o simpatie, ci sono le prestazioni». Spalletti aveva gelato così invece chi gli aveva suggerito una soluzione per risolvere gli impacci di David (e cioè farlo giocare per 4-5 partite di fila): «Vi dico come funziona: per me un giocatore che vuole essere preso in considerazione prima mi da il massimo in allenamento per diversi giorni di fila, e quindi si guadagna la mia attenzione, poi magari lo metto dieci minuti, poi se me li fa bene e continua ad allenarsi così gli concedo 30 o 40 minuti o un tempo intero, e se poi continua magari gioca da titolare. E se lo scrivete chiaro mi fate anche un favore». 

Gasperini e Spalletti sono indubbiamente tecnici preparati al di là dei gusti personali che possono portare ogni osservatore a preferire uno all’altro. Ma se entrambi lanciano questi messaggi anche nelle conferenze è segno che non sempre nelle teste dei giocatori che arrivano ad alti livelli rimbalzano gli impulsi giusti. Nel calcio di alto livello e nel confronto tra squadre top e tra allenatori così performanti, la differenza la fanno solo i giocatori che trovano le motivazioni per affrontare ogni singolo giorno di “lavoro” spingendo al massimo, a prescindere dal fatto che si giochi o no. Non sempre accade e oltre a dirlo evidentemente ai diretti interessati, può servire anche parlarne pubblicamente. In fondo si allena anche quando si affrontano le domande dei cronisti. L’obiettivo è sempre lo stesso: trarre il massimo dalla squadra che si allena. Magari a Trigoria non tutti lo hanno capito. E se è così, a questi ragazzi non resta che indicare dove sia la porta di uscita.

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