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Il calcio è sofferenza, i romanisti lo sanno

Contro il Qarabag primi 28 minuti alla grande. Poi, incassato il gol, è come se si fosse spenta la luce

28 Settembre 2017 - 08:31

«Il calcio è sofferenza». Parole, testuali, dell'argentino Mascherano, rilasciate in un'intervista di qualche tempo fa. Uno che con la maglia del Barcellona si è più o meno stufato di vincere e collezionare trofei. Ma te possino ammazzà, caro Mascherano, ma noi che soffriamo di tachicardia ogni volta che vediamo quelle maglie giallorosse in campo, cosa dovremmo dire e fare?

È stata tachicardia pure nella lontana Baku. Nonostante un avvio di partita in cui tutto sembrava filare come nei migliori auspici. Qarabag assente, Roma padrona del campo, in grado di realizzare due gol in quindici minuti, la sensazione che stavolta non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere al defibrillatore. Soprattutto perché i giallorossi stavano giocando bene. Il pallone girava secondo dettami e schemi difranceschiani, la sensazione era che stessimo assistendo a un altro passo in avanti nel percorso intrapreso con l'allenatore arrivato dal Sassuolo.

Poi, improvvisamente, è come se qualcuno avesse spento la luce. Complice un erroraccio di Gonalons. Il francese anche a Baku ha dato l'impressione di avere un tempo di gioco in più rispetto a quello che servirebbe a un giocatore in quel ruolo davanti alla difesa, dove sbagliare vuole dire mandare in porta gli avversari. È stato sufficiente incassare quella rete che il brasiliano Pedro Henrique potrà raccontare ai nipotini, perché rispuntassero vecchi difetti e rinnovate paure. La Roma si è fermata, ha pensato più a gestire che a proporre gioco, ha intravisto vecchi fantasmi.

Ecco, ci sembra questo il problema. La testa dei giocatori, e in generale della Roma. È probabile che la mancanza di una vittoria in un trofeo da molti anni, acuisca puntualmente il problema, ma certo è che sarebbe necessario che la squadra, anche nei momenti di sofferenza, riuscisse ad aggrapparsi e a ricordarsi di tutto quello che di buono fa e sa fare. Non come nel secondo tempo di Baku in cui è stata un'eccezione vedere tre passaggi consecutivi, come se i primi trenta minuti della gara contro gli azeri, fossero stati giocati da un'altra Roma. Invece quella Roma c'è. Ed è in grado di azzerare la sofferenza.

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