La favola tra Giulio Cesare e Geppetto
Gasperini arriva dal Nord, è antipatico, è serio, è capace: è esattamente il profilo di chi ci ha fatto vincere. Da lontano si vede meglio e noi lontano dobbiamo andare. Col pressing alto

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Sarà che ho sempre sognato una Roma che pressa come posseduta dal demone di dover fare contenta se stessa e le persone che la seguono, o sarà pure che non vedo semplicemente l’ora di vedere la Roma e basta, ma dopo Kaiserslautern l’impressione che qualcosa sia già cambiato con Gasperini è netta. Se non è l’Alba (quantomeno per omaggio alla maglia) è un’aurora, l’attimo prima di una schiarita: gente che non respira, Rensch a “difendere” sulla bandierina dell’angolo avversario, ripartenze immediate, palla veloce a cominciare da Svilar, impressione di compattezza e solidità, corsa, e poi corsa, come se non ci fosse una stagione da giocare o come se la stagione da giocare fosse tutta nell’amichevole contro il Kaiserslautern. Godo.
Sogno troppo, ma più che un pensiero onirico è una speranza piena di sangue: che la Roma corra, che la Roma lotti, che nessuno si risparmi, ma che tutti vadano avanti. No, non è nemmeno questo. È l’impressione, già quasi consapevolezza che a guidare la squadra ci sia una persona seria, competente e preparata. Che sia antipatico a tutti, che rosichi sempre, che pensi solo a vincere per me sono medaglie: “io amo essere odiato” cantava Guccini per il suo Cyrano. Gasp, aiutaci a renderci più antipatici possibile (la mia è anche nostalgia di Mou e della sua splendida panchina). Gasperini ha la faccia a metà fra Geppetto e Giulio Cesare, prendersi il cuore di Roma pare più difficile che conquistare la Gallia. Il dado è comunque tratto: sta plasmando la sua squadra come un artigiano, ha bisogno dei ferri del mestiere, di concentrazione, persino di silenzio. Diamogli tutto. Società, calciatori, ambiente, radio, tv: seguiamolo.
Gasperini viene dal Nord, è chiaramente altro da noi, è perfettamente l’identikit di chi ha vinto in panchina con noi, anzi, per noi: l’ungherese Schaffer, lo svedese Liedholm, il bisiaco Capello, l’insopportabile bresciano Bianchi, l’odioso (per i non romanisti) Mourinho e adesso l’uomo che arriva da Grugliasco. Hanno vinto per lo stesso motivo per cui la più bella canzone su Genova l’ha scritta un non genovese: da lontano si vede meglio. E noi lontano dobbiamo andare. Col pressing alto.
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