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Is there anybody out there?

È a Pallotta che bisogna far risuonare ancora una volta l’eco di quel “C’è nessuno?”. Perché qui non si vede niente. Più che il futuro, la domanda è: chi lo costruisce? E guardatevi questa foto

18 Marzo 2019 - 08:00

Is there anybody out there? Così magari la capisce meglio Pallotta la domanda a cui deve dare qualche risposta. "C'è qualcuno là fuori?". È una domanda sul futuro. Perché il tifoso della Roma sta come quella bambina appoggiata a una balaustra, dietro a una rete a cercare di vedere quello che non vede, aggrappato soltanto alla sua fede. Quella mai morrà veramente. Gigante come quella pupa di fronte al nulla.

I colori ce li avremo sempre negli occhi, ma adesso è l'orizzonte che non si vede. Monchi è già tornato a Siviglia mentre deve ancora finire un campionato che se è agonizzante magari è anche (anche eh) per responsabilità sua. E va bene, è giusto, anzi meglio cambiare, va bene quello che vi pare, però stona pure un po' 'sta cosa. Qui se ne vanno, o vengono mandati via, o fanno finta di venire mandati via tutti, e a noi resta sempre soltanto l'ipotesi di costruzione di un amore. Non corrisposto. Meglio soli che in cattiva compagnia, ma i tifosi adesso hanno bisogno di qualche certezza oltre a quella della fede.

Gli interrogativi sul futuro sono troppo alti, e la pupa torna piccola davanti a quei mulini giganti. Totti non gioca più, De Rossi forse smette, non si sa chi farà il mercato della Roma, né chi sarà l'allenatore, non si sa se sarà Europa, grande piccola o Romexit. Non si sa se sarà mercato all'altezza comunque - come ha lasciato intendere Massara ricordando che la Roma negli anni in cui non è andata in Champions l'anno successivo è arrivata due volte seconda col record di punti - oppure se sarà ridimensionamento, come sembrerebbe dalle parole di Ranieri che «se qui non si arriva in Champions in tanti cambiano aria». Cambiamo aria adesso perché 'sta stagione è irrespirabile. Andava cambiata anche prima, aperta la finestra su questo campionato perché si vedeva che le cose nel cortile di casa andavano male. Tanto.

Ora l'affaccio sembra un precipizio. Sembra perché magari la Roma ha già preso Mourinho o un allenatore di questo livello (solo di grandi comandanti abbiamo bisogno) e ha già mille piani per il mercato, coi nomi giusti nei posti giusti. Ma anche questo sembra soltanto, e anzi sembra inverosimile. Perché più che il futuro, la domanda è: chi lo costruisce?

Va di moda parlare del nodo Baldini ed è sì un nodo da sciogliere, ma da parte del presidente. Voi che fareste se foste in Sudafrica e vi chiamasse Pallotta per una consulenza magari anche retribuita? Va be', se fossi convinto che il solo fatto di rispondere potrebbe recare danno alla Roma nemmeno risponderei, ma, insomma, stiamo a parla' veramente dei mulini a vento oltre che rischiare di fare la figura di un eroe ridicolo. E quindi le cose sono due: o si istituzionalizza il ruolo di Baldini oppure Pallotta la smettesse di interpellarlo perché altrimenti ci sarà sempre quell'ombra lunga, e per tutti troppo radical chic, sui Sabatini o sui Monchi di turno (ombra poi usata anche a volte per nascondere le proprie manchevolezze).

È a Pallotta che bisogna far risuonare ancora una volta l'eco di quel "C'è nessuno?". Perché qui non si vede niente. Non si sente. Siamo solitudini. Non che debba venire a Trigoria, anzi a volte - spesso - meno parla meglio è (distanze linguistiche e di concetto che si prestano ben che va a equivoci) ma a quella ragazzina qui in prima pagina che è ogni tifoso della Roma bisogna parlare. Anzi ascoltarla. Bisogna cioè usare lo stesso codice. Diceva il professore di Estetica Pietro Montani (romanista, d'altronde) che Kant si può spiegare anche a un bambino di 4 anni, sennò vuol dire che non l'hai capito, ecco qui nessuno può spiegare la Roma ai tifosi ma è chi la gestisce che deve ascoltare un discorso finora per lo più inascoltato, dove il core-business a Roma è soprattutto "core".

Se Pallotta lamentandosi con la Uefa ha detto «allora anche noi paghiamo 12 milioni di multa e via», facciamolo, non rispettiamo il FFP. Sticazzi. Tipo Gaber quando parlava del debito dell'Italia col mondo («gli tiriamo un pacco e via»). Probabilmente è un'esagerazione, anzi sicuramente è giusto rispettare le regole, ma è per dire che adesso dopo una stagione così (e dopo tanti anni con le stesse problematiche, con gli stessi schieramenti in piazza) è il momento di uno strappo.

Quest'anno per la prima volta non c'è stata crescita sportiva, e quindi è difficilissimo raccontarsi «prima o poi arriverà il nostro momento, cavolo so' 5 anni che stiamo sul podio, cavolo abbiamo fatto due record, cavolo la semifinale di Champions...». Stavolta non ce lo possiamo più dire. Per questo ci dovete dire qualcosa voi. Poi prima del futuro c'è il presente e una squadra evidentemente e colpevolmente svuotata. Loro sono i primi responsabili da qui alle prossime 10 partite (la prima responsabile in assoluto è per forza la società e quindi Pallotta) e a loro vanno chieste tre cose: amor proprio, palle e professionalità.

Poi però noi andiamo oltre i giocatori. La Roma riguarda noi e i nostri figli e quella ragazzina in prima. Uniamoci tra romanisti per queste 10 partite, uniamoci non ai giocatori, ma all'idea della Roma: noi tifiamo quella. Quando siamo divisi perdiamo. Lo abbiamo visto. Lo sappiamo. Perché il momento è duro, infernale, rischia di essere come dopo Eriksson nel 1986/87. Uniamoci per 10 partite poi se rimettemo tutti a litiga', ma poi. Perché oggi se sei tifoso della Roma sei come quella ragazzina da sola. Anzi lo sai che c'è? Che quella ragazzina è proprio l'immagine della Roma. E che voi adesso non lo prendereste in braccio st'amore?

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