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Gerolin, Totti e De Rossi: l'anima romanista del 9 febbraio

Una giornata particolare che ha cambiato per sempre le sorti della storia giallorossa

09 Febbraio 2018 - 11:31

Simone Paoletti, Emanuele Mancini, Cesare Bovo, Antonio Setaro, Simone Pepe. Sono i nomi dei compagni di squadra della prima Roma di Daniele De Rossi, ma sono anche nomi di amici. Soprattutto con due di loro ancora oggi Daniele preferisce passare le sue ore più divertenti e più vere. Di quella squadra 1995-96 il preparatore atletico è Claudio Infusi, il medico Mario Brozzi, l'allenatore Orlando Sembroni: «Era un sogno, stavo alla Roma. Il tecnico era simpaticissimo. Giocavi, ti allenavi e ti divertivi...». Questo è il pallone di De Rossi, quella cosa tonda che s'è portato dietro da Ostia, un mondo che ritrova subito. La prima partita di campionato è in casa contro la Pescatori Ostia, ed è come Italia-Brasile: 3-2. Cinque partite ancora e c'è l'altra faccia del suo mare: 2-1 con l'Ostiamare. Il papà Alberto allena gli Esordienti: «Ho sempre rincorso mio figlio, non l'ho mai allenato, tra di noi c'è sempre stato un anno di differenza».

Daniele non è proprio una punta, ma gioca sempre davanti, sembra sempre quello scricciolo biondo che dà freschezza al mondo. La stagione dopo è quella dei Giovanissimi Regionali che giocano con lo scudetto sul petto. L'allenatore è Guido Ugolotti, un attaccante dell'ultima piccola Roma prima di quella grande di Falcão. In squadra arriva dal Pontinia Christian Scarlato, un ragazzo di Napoli che adesso tifa convintamente Roma non tanto perché ci ha giocato, ma «perché ci gioca Daniele». I Giovanissimi vincono il titolo regionale e la cosa è goduriosa quasi esclusivamente perché avviene con una migliore differenza reti rispetto alla Lazio (+ 28 contro +21), di più, con la Roma che nell'ultima partita vince 21-0 con la Viterbese (manco il Perù del '78...). Bellissimo. La verità è che dalle finali regionali fino alla fase nazionale persa contro Pescara e Ascoli, giocano gli '82 al posto degli '83, ragazzini come Gaetano D'Agostino, Marco Amelia e Massimo Bonanni, che da Ostia continua ad andare a Trigoria insieme a Daniele con l'auto di papà Alberto. Il preparatore atletico dei Giovanissimi (oltre che della Primavera) è Vito Scala, ma soltanto fino all'aprile del 1997, quando raggiungerà la prima squadra affidata a Nils Liedholm e a Ezio Sella, dopo l'esonero di Carlos Bianchi sconfitto 2-1 dal mare di Cagliari. Benedetto mare.

Carlos Bianchi è l'allenatore che voleva vendere Francesco Totti e ci era praticamente riuscito. Al suo posto chiedeva Jari Litmanen che definiva un giorno sì e l'altro pure «il giocatore più forte del mondo». Per Totti ci sarebbe stato un futuro in prestito alla Sampdoria, un po' come Bruno Conti che andò a Genova due volte prima di ritornare a Roma per sempre: il mare non dice mai di no ai campioni. Lo scempio era pressoché compiuto, tra andata e ritorno del campionato s'era organizzato all'Olimpico un triangolare quasi apposta, il Città di Roma con Borussia Moenchengladbach e Ajax, proprio perché cogli olandesi ci giocava il finlandese che faceva vibrare d'amore l'argentino: era questo il triangolo, e Carlitos l'aveva considerato. Male. Perché la storia ci racconta come finì la corsa... Totti fece Totti e due gol uno meglio dell'altro, una scultura di Michelangelo e un dettaglio di Masaccio. La serata finì con i pudici complimenti di Litmanen al numero 17 della Roma (Bianchi glielo aveva dato apposta!), la Roma sotto la Sud e i tifosi sempre più innamorati di quel ragazzino che già era quello che è oggi: il più forte giocatore della nostra storia.

Che notte quella notte. Era il 9 febbraio 1997. E forse non c'è serata più decisiva, più storica. D'altronde era il compleanno di Manuel Gerolin, uno che ha giocato la sua prima partita con la Roma proprio contro l'Ajax nell'ultima gara di Paulo Roberto Falcão in giallorosso, cioè un esordio che saluta un addio, che in questo caso è stato un possibile addio e sempre contro la stessa squadra. Come direbbe Amleto, sempre fermo a centrocampo, un matrimonio-triste o un funerale allegro. Un triangolare quadrato. Si dovrebbero imparare a memoria i tabellini di quelle partite. È come se Benigni e Troisi fossero riusciti per tempo a fermare il viaggio di Cristoforo Colombo per le Americhe, sarebbe stato come dare un anticoncezionale ai genitori di Gandhi: un gol di Totti aiuta la pace nel mondo. Senza quella notte, la Roma non avrebbe più avuto il suo giocatore più forte, la storia dell'arte sarebbe stata amputata del suo piede destro. È stato come aver voluto costringere Goethe a far di calcolo o Fabrizio De André un ufficio stampa. Benedetto 9 febbraio 1997. Poche date valgono come quella. Vale la pena di rileggere gli articoli di quel giorno per capire quanto possano essere sorprendenti le dinamiche della vita, quante sliding doors sbattono continuamente anche in un corridoio di casa, o nel sottopassaggio di quello stadio. Ce n'è uno interessante di Marco Sicari su «Repubblica»: "Una festa ma anche l'occasione per vedere all'opera alcuni dei migliori assi europei. Il triangolare che la Roma giocherà stasera (Trofeo Città di Roma, ore 19.30, Stadio Olimpico) contro Ajax e Borussia Moenchengladbach, riporta nella capitale quel calcio europeo scomparso già in autunno, dopo la mesta uscita dalla Coppa Uefa di entrambe le squadre romane. Il giocatore più atteso sarà sicuramente il finlandese dell'Ajax Jari Litmanen, l'uomo che Carlos Bianchi ha definito «il giocatore più forte del mondo» (e che vorrebbe alla Roma). Litmanen è un campione vero, uno che ha già dimostrato tutto il suo valore e vinto parecchio. Ma difficilmente il centrocampista potrà vestire il giallorosso: c'è di mezzo un contratto che scade solo nel '99. E per convincere l'Ajax a rescinderlo servono quasi sedici miliardi di lire. La serata (che sarà ripresa in diretta da Italia 1) comincerà alle 18.15, quando si esibiranno le squadre giovanili giallorosse. Questo il calendario del mini torneo (tre partite da 45 minuti ciascuna): ore 19.30, Ajax-Borussia M.; ore 20.30, Roma-Borussia M.; ore 21.30, Roma-Ajax. Non solo Litmanen. Saranno tante le stelle sul prato dell' Olimpico...".

 Bello questo suggerimento finale: «saranno tante le stelle dell'Olimpico». Forse ce n'è una particolare. Diventa un'allusione e un altro vaticinio misterioso a rileggere qualche riga sopra: «La serata comincerà alle 18.15 quando si esibiranno le squadre giovanili giallorosse»... Vale la pena approfondire con un altro articolo che spieghi un po' questo preludio di stelline a una delle notti più importanti di Roma. C'è quello di Gaetano Imparato sulla «Gazzetta dello Sport»: "Il primo appuntamento è fissato per oggi, dopo pranzo, alla Borghesiana, dove ci sarà una sorta di pellegrinaggio. Il simbolo degli zonisti europei, van Gaal, riceverà nelle sue stanze i colleghi, meno famosi e medagliati, delle giovanili della Roma. Ezio Sella farà da cicerone, per una chiacchierata e relativo scambio d'idee con un santone del calcio in linea, uno zonista di fama. C'è chi sussurra ci sia stata anche la Roma nella lista delle squadre che hanno offerto la panchina a van Gaal, noto per la maniacale cura dei settori giovanili dei club dove lavora. Se andrà un'ora prima allo stadio, vedrà la parata delle giovanili giallorosse, che dalle ore 18 faranno da avanspettacolo, con sfide incrociate, ai mini- match di cartello. Poi occhi puntati su Borussia e Ajax, alla rifinitura generale prima della ripresa nei rispettivi tornei. E la Roma, d'un tratto, si troverà tra passato, presente e futuro...". Già. Quel giorno chi fosse andato un'ora prima allo stadio avrebbe visto la parata delle giovanili giallorosse. Ed è proprio vero che d'un tratto quella notte Roma si è ritrovata tra passato, presente e futuro. Perché il 9 febbraio 1997 all'Olimpico c'era anche Daniele De Rossi che a tredici anni e mezzo stava per vivere l'emozione più grande, quella di giocare a pallone in quello stadio per la prima volta. Certe date valgono quella del primo bacio e della prima volta che fai l'amore. Probabilmente è anche meglio. Spoetizzando, facendo di calcolo: pensate quanto vale come investimento aver comprato in una volta sola Francesco Totti e Daniele De Rossi. Nel giorno in cui Roma s'è ripresa il suo destino se n'è presa pure un altro, è come se fosse questo il momento in cui la Lupa trova i suoi gemelli: il Lupercale è sdraiato tra il fiume Tevere e sotto Monte Mario. Scavate nei tabellini. Eccoli Rimbaud e Verlaine. Lumière e Méliès. Francesco e Daniele. Shingo Tamai e Kamioka go. Mamma e papà. Quella notte, in qualche maniera, i due giocatori più romanisti di sempre univano le loro carriere.

È talmente grande, ma sotterraneo come avvenimento, che ancora oggi quando Daniele De Rossi lo racconta sbaglia nel ricordo di qualche particolare. D'altronde è sempre troppo grande il cielo per capirlo al volo: "La prima volta che ho giocato all'Olimpico avevo circa tredici-quattordici anni, quando col settore giovanile facemmo un'esibizione prima di un triangolare estivo della prima squadra: un'emozione incredibile, due tempi da venti minuti in cui non mi fermai un attimo. Era l'anno di Carlos Bianchi e mi ricordo che Totti, che sembrava in procinto di essere ceduto in prestito alla Sampdoria, fece una tripletta dimostrando di non necessitare per niente di un'esperienza a Genova". Totti fece due gol, e non era estate, non poteva nemmeno esserlo, visto che Carlos Bianchi andò via in un dolcissimo aprile. Ma era come se lo fosse. Così Genova per noi resta una città di mare dove andare a vincere uno scudetto. Nove febbraio 1997, Daniele De Rossi gioca due tempi da venti minuti poi esce dal campo e si mette a guardare Francesco Totti disegnargli una storia della quale entrava a far parte proprio in quel momento. Finisce con la Roma sotto la Sud. I biglietti quella sera costavano 10.000 lire per Curve e Distinti, 25.000 per Tevere e 35.000 la Monte Mario, nemmeno così popolari come promuovevano i giornali considerando che c'era anche la diretta televisiva, ma in fondo erano prezzi stracciati rispetto a quello che un tifoso avrebbe visto: la storia farsi in diretta davanti agli occhi. C'è chi giura che dalla Curva Sud quella sera si alzò anche un coro: «Gerolin, Gerolin, Gerolin...». Oggi fa lo scopritore di talenti apposta.

 Tratto da "Il mare di Roma", Limina, 2009

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