RomAntica

Roma tifa se stessa

La Lazio in ritiro a Grottaferrata, la Roma al centro città, si gioca in “casa” loro ma allo stadio ci sono soltanto romanisti. Finisce 1-0: al 73’ Volk, che significa popolo...

(Fabio Hot Stuff)

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
17 Settembre 2025 - 06:00

In principio era Roma. Dal Messaggero del 6 dicembre 1929, nell’articolo La lotta tra aquile laziali e Lupi romanisti, riporta: “Una sola attesa domina gli ambienti della Capitale da qualche giorno a questa parte: un solo avvenimento tiene avvinto l’interessamento, domina nelle discussioni, fa vibrare d’impazienza migliaia di persone: dopo molti anni di sospensione domenica riavremmo il derby del calcio romano”.

L’attesa del derby è infuocata. Non ci sono solo le antiche rivalità tra i biancocelesti e gli ex albini, fortitudini e del Roman (e sarebbe bastato questo a rendere incandescente l’atmosfera): uno dei fattori più forti di tensione è la presenza di - come si dice - una folta presenza di ex. Nella Lazio, infatti, hanno trovato una maglia Luigi Ziroli, Danilo Sbrana, Leopoldo Caimmi e Pietro Piselli. Risponde a questi un solo romanista che aveva vestito i colori biancocelesti. Si tratta, però, di Fulvio Bernardini, che non è uno: è la differenza fra noi e loro.  Che nella prima metà degli Anni Venti era stato il vessillifero, l’idolo e il simbolo incontrastato della squadra laziale. “Fuffo” aveva vissuto la sua intera storia biancoceleste all’insegna del dilettantismo, non percependo cioè nessun compenso. Aveva poi scoperto che la sua società elargiva a molti dei suoi compagni premi in denaro “in nero”. La sua reazione di sdegno lo aveva portato alla drastica scelta di abbandonare la squadra, ma la vicenda si era trascinata amaramente, non risparmiando dapprima pressioni sulla famiglia Bernardini e, in un secondo momento, vista l’assoluta determinazione del campionissimo romano, l’imposizione di una forte penale (20.000 lire). Bernardini la pagherà alla Lazio pretendendo tuttavia l’istituzione di un jury d’onore che lo esenti dall’avere rapporti diretti con il suo vecchio Club. Bernardini ha pagato per andarsene dalla Lazio...

Fatta questa premessa, si comprende facilmente cosa rappresentasse per il nume tutelare della Roma di Testaccio la sfida contro i vecchi compagni, con i quali rifiuterà persino di farsi fotografare all’inizio del match. Per sfuggire alla pressione della gara, la Lazio si era rifugiata a Grottaferrata, presso Villa Cicerone. È qui che Sclavi, il portiere biancoceleste, verrà raggiunto da un inviato del «Messaggero», a cui confiderà le sue sensazioni pre-gara: «La vigilia di ogni grande incontro mi ha sempre trovato preda di una specie di nervosismo. (…) Debbo confessare che alla vigilia della grande partita che sarà giocata domenica prossima alla Rondinella questa specie di nervosismo tradizionale non è venuto». Lo stesso reporter, rientrato in città, non deve faticare molto per scovare i Lupi. Sacerdoti ha detto ai quattro venti che tutta la città è con la Roma e non intende mandare in esilio i suoi ragazzi.  Quindi i giallorossi si sono accasati a Via Gaeta 64, presso la Villa delle Rose, a quattro passi dalla Stazione Termini. Non proprio un eremo, insomma. Venerdì 6 dicembre la squadra è appena tornata da un allenamento a Villa Umberto, quando a Ballante, per fare da pendant con l’estremo difensore avversario, viene chiesto di dire la sua: «Posso assicurare agli sportivi romani che tanto la mia modesta persona quanto quella di tutti i componenti della mia squadra daranno tutte le loro energie e tutte le loro possibilità per il conseguimento di quella vittoria che rappresenterebbe per noi il più ambito trofeo del presente campionato». La Lazio, intanto, ha già diramato un comunicato ufficiale in cui, «data la limitata capienza delle tribune del campo della Rondinella», abolisce i biglietti d’invito. I preziosi tagliandi d’ingresso vengono quindi messi in vendita (a prezzo sensibilmente maggiorato) la mattina della domenica al Bar Lisotti e al botteghino della Rondinella. Vanno esauriti in tre ore. Alle 12:45 i cancelli dello stadio si aprono. La quasi totalità dei presenti (compreso Italo Foschi, tornato a Roma appositamente per assistere alla gara) sono lì per sostenere i giallorossi. 

Finisce 1-0 segna Volk: 73’. Di Rodolfo Volk dovete sapere una cosa, e vi basti: ha segnato questo gol, quello decisivo nel primo derby della storia, l’8 dicembre 1929 alla Lazio: 1-0, per sempre. Forse, se ci penso, è il mio giocatore preferito. Rodolfo Volk è stato il primo grandissimo attaccante della Roma. Quello che oltre al primo gol alla Lazio ha segnato il primo gol in serie A della nostra storia (con l’Alessandria, il 6 ottobre 1929); il primo romanista a vincere la classifica dei cannonieri (29 reti nel 1930/31),  il primo romanista a infrangere il muro dei 100 gol con la Roma. È stato l’attaccante di Testaccio e il capocannoniere del Campo con 42 reti. Anche qui il destino è nel nome: Volk in tedesco significa popolo. Significa che in quel tabellino del primo derby ha segnato il popolo. “Sapevamo che a Roma la maggioranza del pubblico volge le sue simpatie ai giallorossi, credevamo tuttavia che anche gli azzurri avessero messe di simpatie, ci siamo dovuti ricredere: i nove decimi dell’immenso pubblico che aveva gremito lo stadio agitava bandierine giallorosso” (“Il Littorale” il giorno dopo Lazio-Roma 0-1). Per questo la Roma ha vinto il primo derby e lo ha fatto una volta per tutte: perché ha sempre tifato se stessa. 

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