Gli inizi a Grottaferrata e l'amore per la Roma: la storia di Reale, leader della Primavera
Nel 2015 la chiamata dei giallorossi. Poi i problemi fisici, il cambio ruolo e i trofei vinti nelle Under. Col sogno di indossare, un giorno, quella maglia tra i grandi

(GETTY IMAGES)
Essere romanisti e giocare nella Roma è un privilegio. Sembra una frase fatta: così non è. In mezzo c'è il sacrificio di un ragazzo, magari partito dalla periferia, per poi ottenere quel posto tanto voluto e veder crescere un sogno. Sempre di più. Salire sulle scale che portano alle nuvole. Fino a trasformarlo in realtà. Servono coraggio, carisma. Qualità. È un po' la storia di Filippo Reale a racchiudere il tutto. Appena 19 anni, eppure un carattere da vendere caro. Più la determinazione che il timore, nonostante la sensibilità: tra il tono di voce pacato e l'istinto di non mollare mai. E oggi, dopo tanti anni, terzino sinistro (o centrale) e punto fermo della Primavera. Un'avventura partita alle porte della Capitale, tra il comune di Frascati e quello di Marino, vicino alla brezza del lago di Albano. Siamo a Grottaferrata. Lì, nasce una speranza.
✨ Filippo Reale è il secondo protagonista di Dreaming Roma!
— AS Roma (@OfficialASRoma) February 27, 2025
???????? Il percorso nel settore giovanile, le sfide, i sogni: una serie di conversazioni per conoscere meglio i nostri giovani talenti.
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Quella voglia di crescere
Nasce precisamente il 24 febbraio del 2006. Ancora custodita nel tempo che verrà. Mamma Graziana, papà Vito e i fratelli lo indirizzano. E già in tenera età, Filippo inizia a scalciare il pallone e a innamorarsi del rettangolo verde. Il tutto prende consistenza quando entra nella Vivace Grottaferrata, squadra del suo paese. Magazzino di sogni. Diventa consuetudine avere a che fare con quella sfera e quel campo da gioco, con tanta fantasia in testa, sotto la fidata guida di chi sa cosa significa sacrificarsi per un sogno. "Si vedeva che fosse un predestinato", racconta Andrea Borsa, suo allenatore ai tempi, a Il Romanista. "Fisicamente era dotato rispetto agli altri. Aveva un gran sinistro e quando calciava si vedeva avesse la forza doppia, se confrontata con quella dei compagni".
Reale corre dietro quel mondo ideale. Tra un allenamento e l'altro, la crescita diventa esponenziale. "Lui metteva in evidenza le sue doti. Si vedeva che fosse un ragazzo puro e non mi sbagliavo", spiega Borsa. "Non è cambiato nulla: è rimasto il Filippo di prima". Anzi. Qualcosa è cambiato. Il ruolo: il classe 2006 parte da esterno d'attacco, si mostra il più delle volte reattivo e sul pezzo. Lasciando un bel ricordo nella mente di chi lo ha visto muovere i primi passi: "Noi giocavamo a cinque, a sette, ma nelle scuole calcio i ruoli saltano... Quando prendeva palla saltava gli avversari, tirava e segnava. Era il doppio di loro. Micidiale. Usava poco il destro, ma aveva una marcia in più". Irremovibili sono i tanti siparietti post-gol: "Quando giocavamo e segnava, si girava verso di me e mi diceva: 'Non ci posso fare niente!', con quel sorriso mega galattico... Gli dicevo: 'Divertiti, non ti preoccupare!'. Lui era puro, trasparente, e non voleva mettere in difficoltà gli avversari. Ma era una spanna sopra gli altri". Doti di inestimabile valore, soprattutto per chi è più piccolo e ambizioso. Lo sa bene la Roma: Reale ha nove anni ed è il 2015 quando il suo tecnico lo chiama: "Prenderai parte a un provino con la Roma". L'emozione è alle stelle.
Filippo Reale in compagnia di Andrea Borsa, suo allenatore ai tempi della Vivace Grottaferrata
"Quando succedono queste cose, ci si rivede da piccoli", prosegue Andrea Borsa nel suo racconto. "Io sono stato alla Roma e ho avuto la possibilità di giocare in Serie A. E quando ho potuto dare questa chance a Filippo, ho pensato di dover chiamare, per la Roma, un ragazzo che pensavo potesse diventare davvero un giocatore di calcio. Ero sicuro al 100% di ciò che sarei poi andato a presentare. Per me è stata una grande soddisfazione. Il merito di tutto è suo". Il timore c'è, sì; ma tutto viene coperto dall'orgoglio. Indossare la maglia della Roma, come già scritto, è qualcosa di unico. Farlo per difendere proprio quello stemma sul campo, poi, è la ciliegina sulla torta. L'impegno è da subito massimo: tra un allenamento a Trigoria e l'altro al Centro Sportivo Acqua Acetosa, arriva il vero primo giorno nel quartier generale. Occasione per pochi. L'aspirazione è, ovviamente, vestire un giorno quella divisa tra i grandi. Intanto, si cresce insieme.
Problemi e soluzioni
Il tempo passa, Reale prosegue il suo percorso. Arriva in Under 14 e qui iniziano a manifestarsi alcuni problemi: uno sviluppo precoce del fisico e la bassa prontezza dell'organismo nella risposta gli causano continui disagi e periodi di stop. Esce dal campo, rientra e poi se ne tira nuovamente fuori. Sembra un incubo. Proprio al momento dell'uscita dal nido. Ma tutto si risolve grazie al prezioso lavoro dello staff, oltre che del ragazzo. Si torna a fare sul serio in Under 15, dopodiché in U16: c'è Gianluca Falsini, che ne individua le qualità migliori e si convince. Ritagliandolo idealmente dal fronte d'attacco, appiccicandolo più dietro. Nella linea difensiva. D'altronde, la stazza degli avversari non è un problema, data la struttura fisica diventata ormai un vantaggio.
Si tratta di un cambiamento degno di nota, che arriva a partire dall'Under 17. E che ha, dentro, un'intuizione primaria: "Ricordo che quando ancora giocava esterno offensivo a sinistra - dice Borsa - a volte Bruno Conti mi diceva: 'Sembra Strootman'. Per la facilità che aveva nel modo di giocare, ovviamente. E quando è stato messo in difesa, penso sia rimasto contento. Magari oggi si rivede in Calafiori". È il 2022 e Reale lascia la fascia d'attacco, trasferendosi dietro, agendo da laterale di sinistra e imparando a fare, di mestiere, il difensore. Con compiti sicuramente più offensivi rispetto a chi, invece, si dedica quasi esclusivamente ad arginare le avanzate nemiche. È la svolta. Che ritrae alla perfezione l'importanza di Falsini nella carriera di Reale e tanti altri come lui.
L'orgoglio con la Lupa
Prima che accada tutto ciò, c'è da fare un passo indietro. Più precisamente, nella stagione 2021-22. Il richiamo è pressoché intuitivo: il percorso nelle giovanili e quello della Roma in Conference League proseguono di pari passo. L'orgoglio, con la Lupa sul petto, si misura sia in campo, sia fuori. Tra gli spalti. E le vie della Capitale. Perché il 25 di maggio lui è lì, tra i comuni tifosi, a gioire nel post-notte di Tirana. Scatti all'Olimpico, in mezzo al campo, e al Circo Massimo. Pezzi di storia. Pezzi di Romanismo. Come ciò che accade un mese più tardi. Al primo anno in Under 16. Falsini istruisce, detta, costruisce un gruppo solido e fantasioso che riesce a farsi strada e a posare le pietre per poter farsi grande.
La Roma fa benissimo e raggiunge i playoff. Che, come noto, sono un'altra storia. Stavolta, però, è diverso. La storia differisce e la fa la Roma stessa, in cui c'è anche un Reale da osservare con attenzione. La finale non la gioca, ma la vittoria arriva: 0-1 col Milan, al termine di 120 minuti intensi e una lotta continua in mezzo al campo. È un altro pretesto per gioire, in mezzo al campo, come accaduto esattamente un mese prima, e poi nel pullman. Uno scatto in particolare sui sedili, post-gara, fa da cartello: medaglia al collo, coppa (la seconda in stagione!) in braccio, occhi chiusi e sonno profondo mimato. Cullato dai sogni che piano piano si avverano. Lieto fine? Sì. O meglio, non ancora.
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L'anno dopo è tempo di passare all'Under 17. Nuova sfida, nuovo allenatore: c'è Marco Ciaralli, altro tassello importante nella crescita di Reale. E della squadra. Il gruppo, sempre più solido, chiude al primo posto in regular season e vola ai quarti. Nel doppio confronto, l'Atalanta viene messa ko anche grazie a un assist di Reale; i giallorossi si ripetono con un 2-0 in semifinale al Milan e allora è tempo di finale. Ad Ancona c'è l'Inter, il 23 giugno 2023, colpita e affondata. Segnano Feola e Nardozi, mentre Filippo fa muro dietro e spinge in ripartenza. 2-1, a casa col trofeo. Una magra consolazione dopo la finale di Budapest.
Anche perché il percorso europeo, stavolta, lo segue a bordo campo. Spesso fa il raccattapalle, ha modo di tastare con la mente il trasporto emotivo di sfide ammirate, una volta, in tv. Ora parte del suo vissuto e della sua memoria. Attimi intramontabili. Uno su tutti, forse c'è. Perché quando uno come Mourinho si avvicina per dare indicazioni, non si può far altro che ascoltare e restare attoniti. Le telecamere catturano la scena durante quel Roma-Bayer in cui, tra l'altro, decide un prodotto del vivaio: Edoardo Bove. Storie da tramandare. "Ricordo del siparietto con Mou!", racconta ancora Andrea Borsa. "Il giorno dopo gli ho chiesto: 'A Fili', ma che stavi a entra?'. Mi ha detto: 'No, no! Si è avvicinato a me, io non sapevo che fare! Ho visto che si avvicinava... Mi è preso un colpo!'". Notti da 'Special One'.
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Delusioni, rimpianti e novità
L'U17 lascia spazio all'U18, dove ad attenderlo in panchina c'è il turco Tugberk Tanrivermis. Prima, però, c'è tempo per fare una nuova esperienza. E vincere, come se non bastasse, un altro trofeo. Il perché è presto detto: quanto fatto vedere nel 2022-23 conquista Federico Guidi, al tempo tecnico in Primavera; dunque, la convocazione per la finale di Supercoppa Italiana col Lecce apre la sua annata in vetrina e lo mette di fronte a una nuova realtà. Cherubini segna, Reale scende in campo all'87' ed entra di diritto nella lista dei vittoriosi nella serata del Via del Mare. Si prospetta una stagione ricca di soddisfazioni. Ma la delusione, forse la prima, è dietro l'angolo.
Tanrivermis lo accudisce e ne avvalora le proprietà difensive, coadiuvandone gli aspetti positivi tratti dal lungo percorso da attaccante. Accumula minuti, quando può fa la sua comparsa in U19 e Guidi sceglie di buttarlo nella mischia. Ma è più in basso che prende il volo e spiega le ali con costanza: 2 gol e 4 assist in 14 presenze nella regular season 2023-24, per un terzino, non sono affatto pochi. Ad attenderlo, c'è un'altra fase finale. Per essere protagonista e mostrarsi al mondo. Succede: con l'Atalanta, in semifinale, è sua la rete decisiva per il 2-1 e il pass per l'ultimo atto. Amaro. Il Genoa, questa volta, fa la storia: 0-2 rossoblù, seconda sconfitta in finale per la Roma U18. "Rigiocherei quella partita", dirà più tardi Reale in un'intervista. A ogni modo, c'è da andare avanti.
Un sogno da dedicare
Da comparsa a protagonista. Anche in Nazionale. La prima convocazione, di fatto, arriva ancor prima che accada tutto ciò, nel settembre del 2023: il team manager lo chiama, lui resta incredulo. E realizza che, allora, tutto quel sudore è servito. La mancata presenza nelle battute finali del Campionato Primavera 2023-24 non è un problema. Anche perché, col passaggio di Falsini nella nuova U20, Reale ritrova un punto fermo della propria giovane carriera. Il tecnico si pone un obiettivo: trasformarlo, a sprazzi, in un difensore centrale. Certo, il fisico fa la sua preziosa parte. C'è tanta dedizione, comunque, in quel cambio di passo che lo porta a giocare ben 24 gare su 35 al centro della retroguardia. 2.983 minuti, un gol e potenza. Lascia una grande impronta nel derby di andata, di inizio 2025: la Roma vince 1-0 e a fine partita lui esulta imitando Manu Koné, sventolando la bandierina del calcio d'angolo. Ancora una volta, il suo nome risuona. Tra i due, intanto, nasce un'amicizia.
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Aveva già avuto l'occasione di mostrarsi più in alto, negli allenamenti, grazie al pronto aiuto di Daniele De Rossi. Un ritiro estivo, legna al fuoco e frutti evidenti. Le mani di DDR, in un certo senso, lo forgiano nell'impostazione del pallone e aiutano Falsini nell'adattamento da centrale. Lui avanza, fino alla fase finale del 2024-25. Stavolta è protagonista e rientra addirittura tra i migliori calciatori del campionato, nell'undici stilato da Sportitalia. Ma ancora una volta, non va bene: con la Fiorentina dimostra caparbietà, duttilità. Abnegazione. Il tutto è un'illusione e a passare è la Viola, che poi verrà battuta dall'Inter nell'ultimo atto. "Non è il finale che sognavamo", scriverà sui social, "fa male uscire così, ma ogni passo fatto quest'anno mi ha fatto crescere come calciatore e come persona". "Crescita" è la parola chiave. Nel cuore c'è una speranza: poter dimenticare il boccone amaro con qualcosa di incredibilmente bello. Magari un esordio in prima squadra. Lui lo dedicherebbe al nonno: "Anche lui, come me, era romanista. Quando dieci anni fa ha saputo che avrei giocato per la Roma era più emozionato di me". Non serve dire altro. Sono storie che raccontano una tradizione. Quella dei Romanisti.
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