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Norman e Lippie verso l’addio

I preparatori americani lasceranno Trigoria a fine stagione. Arrivarono a Roma in seguito alla crisi tecnica di fine stagione 2014/2015

27 Ottobre 2017 - 10:00

La decisione è stata valutata da tempo, ma non era nelle intenzioni della società annunciarla, tanto meno adesso che potrebbe essere scompostamente strumentalizzata nella tempesta di passioni che l'infortunio di Karsdorp ha (ri)sollevato: Darcy Norman e Ed Lippie, i due preparatori americani fortemente voluti direttamente dal presidente Pallotta, a fine stagione lasceranno Trigoria. Non sarà un distacco traumatico perché i due professionisti continuano ad avere la stima del boss, ma dell'opportunità di mantenerli in organico alla fine Pallotta ha discusso spesso (e mal volentieri) con diverse anime della società e alla fine si è convenuto sulla scelta del divorzio consensuale. Non sono trapelati dettagli sui tempi d'uscita, così come la società non ha mai voluto ufficialmente confermare né la durata del contratto né gli alti costi d'ingaggio riconosciuti ai due nordamericani (Norman è canadese, Lippie di New York) che furono portati a Roma dal presidente in seguito alla grave crisi tecnica di fine stagione 2014/15, quando anche Garcia fu fortemente messo in discussione e poi confermato quasi di controvoglia (e infatti durò solo altri sei mesi).

Norman, ex sciatore di buon livello, aveva maturato esperienze come preparatore in diversi sport prima di concentrarsi sul calcio, con collaborazioni con il Bayern Monaco dal 2008 al 2011 e successivamente con la Nazionale tedesca. La sua qualifica alla Roma è Director of Performance. Lippie, invece, ha cominciato a lavorare nel calcio nella Mls con i New England Revolution nel 1998, ha un curriculum lungo così e indubbiamente gli ha giovato essere il preparatore personale proprio di Jim Pallotta. Lui è Head performance coach, tipo capo allenatore delle prestazioni sportive, o qualcosa del genere. Indubbiamente il loro ruolo non è stato gradito dagli allenatori della Roma: Garcia li ha dovuti accettare (memorabili gli ingressi in campo di Norman sul campo di Pinzolo tra gli applausi dei tifosi presenti mentre Garcia rimaneva da una parte), Spalletti li ha fortemente ridimensionati e Di Francesco li ha accettati senza mai mostrare il suo entusiasmo. Da un po' si occupano solo di attivazione muscolare, di trattamenti in palestra e di prevenzione infortuni: non possono dire di aver raggiunto risultati brillanti. Tanto per raccontarne una, sulla gestione dell'infortunio di Schick Di Francesco e i preparatori sono entrati in rotta di collisione (con sottolineature sulla responsabilità di rimetterlo in campo già con il Verona) e Pallotta si è trovato a dover gestire l'ennesimo malumore sul tema.

Nessuno può obiettare sulle loro competenze, ma sui metodi di lavoro sono diverse le voci contrarie. Anche in società sono diversi ad aver maturato perplessità evidenti. Ieri invece ne ha espressa una molto chiara Pierfrancesco Pavoni, eccellenza dell'atletica leggera (unico centometrista italiano ad arrivare in una finale mondiale) e gran tifoso della Roma: «Mi è capitato di vedere su Roma Tv - ha detto ieri a Tele Radio Stereo - i lavori fatti alla vigilia della partita e ne scrissi su un blog, manifestando le mie perplessità». Che scrisse? Tra le altre cose anche questi concetti: «Ho visto Karsdorp fare skip (una corsa veloce sul posto, ndr) su una pedana elastica. Per me è il più grande obbrobrio mai visto. Questo fa danni veri. Mai e poi mai correre o saltare su pedane elastiche. Danneggiano gravemente il meccanismo di accumulo e restituzione dell'energia elastica durante il rimbalzo a terra. Va bene per far divertire i bambini nei parchi/giochi. Per il resto è un eresia biomeccanica. Se questa filosofia di training è anche quella che viene attuata per la squadra siamo messi male sia per le prestazioni che per i rischi di lesione. Qualsiasi risultato ottenuto dai nostri giocatori/allenatori è con handicap: hanno un camion sulle spalle e non lo sanno». Gli stessi concetti che ha ribadito nel suo intervento radiofonico,con una premessa («non vo glio accusare nessuno, porto solo la mia esperienza di sportivo professionista che ha maturato conoscenze specifiche nell'ambito della preparazione atletica di alto livello») e una bella postfazione: «Io sono romanista e grido sempre Forza Roma. Ma ci sono delle cose che non capisco. Una di queste riguarda la rinuncia a dei professionisti che hannofatto lafortuna diquesta società nell'ambito della rieducazione degli infortuni. Mi riferisco adesempio a Silio Musa, il più grande riabilitatore che la Roma abbia mai avuto. Uno che è riuscito a rimettere in campo un giocatore come Emerson dopo la rottura del crociato in 4 mesi e mezzo. Uno che ha tenuto in piedi Aldair. E uno che ha lavorato molto bene anche con il crociato di Di Francesco. Eusebio dovrebbe ricordarlo bene. Ma poi entriamo in un campo che non è di mia competenza. Io aggiungo solo una cosa: Forza Roma».

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