ASCOLTA LA RADIO RADIO  

Dedizione al lavoro e umiltà: Olsen parla già italiano

Il portiere svedese vuole mettersi in pari con i compagni di squadra. La Roma ha cambiato porta, Di Francesco gli vuole dare le chiavi

Olsen in allenamento (LaPresse)

Olsen in allenamento (LaPresse)

13 Agosto 2018 - 07:50

Non che ci meraviglierebbe, ma se fosse davvero iniziato il giochino di giudicare a scatola chiusa - e sulla base di chissà quali elementi, per i più - un giocatore della Roma, noi ne staremmo fuori. Andremmo oltre. Anzi, Olsen. Sì, perché il portiere svedese alto quasi due metri è venuto a Roma per fare il titolare e raccogliere un'eredità certamente pesante, come quella di Alisson, che per qualche giorno è stato il portiere più pagato del mondo (e dopo l'acquisto di Kepa da parte del Chelsea è rimasto comunque in seconda posizione). Lo ha fatto con la giusta dose di consapevolezza dei propri mezzi e di umiltà, utili a lavorare sereno e a mettersi in pari con la squadra, sia fisicamente (è arrivato dopo il Mondiale e le vacanze, quindi naturalmente in ritardo di condizione) che tatticamente: dovrà recepire quanto prima che per Eusebio Di Francesco è un giocatore degli undici, eccome, deve stare alto e giocare coi piedi, anche se nessuno gli chiederà di eccedere, se non quelli fissati con i contenuti virali e le gif animate.

Tre giorni per imparare l'italiano

Umiltà e dedizione al lavoro, quelle che per esempio hanno consentito al numero uno della nazionale del Paese di Ikea di imparare in tre giorni le parole chiave per comandare la difesa. Sì, in tre giorni. E no, non in inglese, ché quello già lo parlava, come del resto più di tre quarti della Roma, ma in italiano. Para-normale, abbiamo scritto di lui. Perché Robin Olsen è un portiere normale, non gira per il web, per esempio, un video di una sua clamorosa papera (come quando a Roma arrivò Alisson Becker) né la "top 10" delle sue parate per i fotografi o dei suoi miracoli. Questi video, magari, verranno col tempo. Con il lavoro. Che a Roma svolgerà quotidianamente con Savorani, già "assaggiato" nell'antipasto californiano, quando Robin ha raggiunto a San Diego la squadra in tournée. Savorani che, come già accaduto con Szczesny prima e Alisson poi, ha un ruolo centrale nella preparazione dei portieri giallorossi e al quale Monchi, che l'ha scelto e fortemente voluto, l'ha affidato. Insieme a Mirante, che ha tanti minuti di Serie A nel curriculum e conosce a memoria il nostro campionato, e Fuzato, che ai più attenti e assidui frequentatori delle sedute di allenamento, ha rubato anche un po' gli occhi. La Roma ha cambiato la porta e ora Di Francesco sceglierà la serratura, con l'obiettivo di inserire progressivamente (come è logico  per chi arriva da un altro campionato) lo svedese di origine danese a partire dalla prima, Torino-Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA