Roma in&out: doppio nodo da sciogliere
La squadra di Gasp subisce poco e vola in trasferta: en plein di vittorie. In casa però ben 3 ko su 5 match (coppa compresa) e troppa fatica a trovare il gol

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Sottosopra. O meglio, sopra e sotto. Perché è innegabile che i pregi superino i difetti, come classifica suggerisce. La Roma è ancora aggrappata al gruppetto di testa e la sensazione trasmessa dalla sfida con l’Inter è che il meglio debba ancora arrivare. Per quanto visto in campo sabato sera il risultato finale si è rivelato ingeneroso, se non bugiardo. Lo stesso Gasperini nell’immediato post-partita è apparso soddisfatto: la strada intrapresa è quella giusta, giocarsela alla pari (almeno) con una dichiarata candidata al titolo lo certifica.
A patto però che la prestazione più che apprezzabile non cancelli i numeri. Quelli casalinghi sono ancora deficitari: su 5 gare interne disputate (Europa League compresa) sono arrivate 2 sole vittorie e ben 3 ko, tutti con il punteggio di 0-1, tutti maturati con ampio margine di tempo per rimettere in piedi le gare. Il che porta a due sillogismi facili: si fatica molto contro avversari abbottonati; e difficilmente si riesce a ribaltare il risultato. La rimonta finora è riuscita in una sola occasione, al Franchi con la Fiorentina.
Quindi in trasferta, dove il ruolino di marcia è di segno opposto: en plein di successi nei 4 match (sempre considerando anche la coppa) giocati fuori casa, anche se fra questi figura il derby. E l’unico gol subito da Svilar su azione è appunto quello messo a segno da Kean a Firenze, a riprova di una difesa impermeabile o quasi, che nonostante la sconfitta nell’ultimo turno continua a essere la meno battuta della Serie A e dei primi cinque campionati d’Europa, sia pure in coabitazione ora.
Le grandi stagioni sono spesso figlie della capacità di fare risultato in ambienti ostili, tendenza che denota quantomeno personalità. E soprattutto in Italia, un reparto arretrato solido garantisce percorsi virtuosi. Viceversa è innegabile che un buon rendimento casalingo può costituire le fondamenta di una lusinghiera classifica finale. Nemmeno nel disgraziatissimo avvio della scorsa stagione la Roma era partita così all’Olimpico, dove pure aveva incassato una sconfitta con l’Empoli all’esordio nella Capitale e il solito ko con l’Inter a chiudere il primo miniciclo, completato dalle vittorie contro Udinese e Venezia e dal pareggio in EL con l’Athletic Bilbao. Per non parlare delle annate precedenti, quando la squadra di Mourinho era stata di gran lunga più continua davanti al proprio pubblico che fuori. Il bottino attuale è il più magro dell’ultimo lustro, da quando cioè gli stadi sono stati riaperti al pubblico nella fase post-pandemica. I ripetuti sold out hanno senz’altro fatto la propria parte, ma anche nella stagione in corso gli spalti del Foro Italico sono sempre gremiti.
All’appello mancano però i gol: appena 7 in altrettante giornate di campionato e 2 nei due turni di coppa. Come dire che la squadra viaggia al ritmo (se così si può definire) di una rete a partita. Ma al di là di Soulé, autore di 3 reti - una soltanto in casa - l’attacco appare ancora asfittico: Dovbyk è fermo a quota uno in classifica marcatori, Ferguson e Dybala ancora a secco, le alternative pure. La carta Bailey può aiutare, ma da sola non basta. Il giamaicano vanta quasi lo stesso numero di centri e assist in carriera (rispettivamente 76 e 68), però serve l’apporto di tutti per far ritrovare a Gasp i numeri abituali della sua straordinaria vocazione offensiva. Il marchio di fabbrica c’è, bisogna portare la produzione a pieno regime.
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