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La partita

Quattro e a casa: è una Roma da sogno

Brighton umiliato: Dybala, Lukaku, Mancini e Cristante firmano un’impresa che ci proietta già ai quarti di Europa League

Cristante sigla il gol del 4-0

Cristante sigla il gol del 4-0 (GETTY IMAGES)

08 Marzo 2024 - 08:37

Il quarto gol l’Olimpico è esploso nel delirio che ha accompagnato fino a casa i 64877 paganti dell’ennesimo soldout, compresi i poveri 3500 tifosi del Brighton che davvero non si aspettavano di trovare di fronte una Roma formato Barcellona dei tempi d’oro. Il quarto gol è stata la summa della fantastica serata giallorossa, un delirio di triangolazioni strette e poi larghe che ha portato Cristante alla fine dell’azione a depositare in porta il pallone a porta vuota, con Celik alle sue spalle pronto a segnare anche lui, due uomini praticamente in porta a decretare la fine di una partita da sogno e pure la fine dell’incubo dei poveri inglesi. È finita così e non poteva esserci un epilogo migliore per la Roma che adesso ha un piede e mezzo nei quarti di Europa League perché sembra impensabile che la squadra debordante e matura vista ieri possa prenderne cinque (a zero) al Falmer stadium tra una settimana. Ma sbaglia chi, non avendo magari visto la partita, si senta autorizzato a pensare che sia stato un dominio incontrastato di una squadra a schiacciare l’altra. È stato invece un confronto a viso aperto tra due squadre che credono alla morte in quello che fanno, anche se poi i dettagli fanno davvero la differenza tra vivere (e che bel vivere adesso nella Roma) e morire (ed è comunque il modo migliore per farlo quello di De Zerbi, che con questo gap tecnico aspettare la Roma in difesa non li avrebbe aiutati ad evitare la sconfitta).

Ci si aspettava insomma una battaglia di idee e calcio posizionale e sin dal fischio iniziale dell’ottimo Letexier è stato così, con due squadre disposte a giocarsi le rispettive chances puntando tutto sulle proprie qualità, senza speculazioni. E che De Zerbi proponesse il suo calcio offensivo, con tre punte e in più in fascia un altro folletto d’attacco come Adingra poteva al limite anche essere immaginato, ma che De Rossi accettasse lo scontro a viso aperto rinunciando a giocarsela con tre centrali di ruolo e mantenendo il suo assetto con minimi accorgimenti difensivi è una cosa che abbiamo acquisito al momento della pubblicazione delle formazioni: così Smalling è rimasto in panchina, in campo è andata la squadra di Monza con le logiche sostituzioni di Celik al posto di Kristensen e di Spinazzola al posto di Angeliño, con l’accortezza in fase di non possesso di chiedere al terzino umbro di stringere al centro per prendersi uno dei tre attaccanti, a volte proiettato su Buonanotte, a volte addirittura su Welbeck, con qualche disagio per Svilar che però almeno si è preso la sua porzione di applausi negando all’attaccante inglese due volte la rete, respingendo prima col piede e poi con la mano, volando sotto la traversa.  Sono state queste le due occasioni importanti del Brighton nel primo tempo, con la terza un po’ casuale con un rimpallo su Ndicka terminato sul palo esterno. Tutte le palle più pericolose sono arrivate dal lato di Adingra, l’ivoriano scelto da De Zerbi per attaccare la Roma sul fronte sinistro, la zona in cui il Brighton è abituato a deragliare per via della sua stessa struttura tattica: perché la squadra con tre centrali (van Hecke, Dunk e Igor) ha in Lamptey a destra un velocissimo terzino di riferimento (su cui ha fatto un partitone in non possesso El Shaarawy) e a sinistra una vera e propria ala (e infatti Celik ha sofferto in fase difensiva ma è stato un fattore quasi decisivo in possesso), tale da far ruotare la squadra dal 3421 al 4231, con i due registi mediani (Gilmour e Gross) immutabili nelle loro posizioni, con Buonanotte e Enciso (al rientro dal primo minuto dopo 5 mesi di assenza) alle spalle di Welbeck, preferito a Ferguson. La Roma ha aggredito l’avversario sin dal primo minuto, sfiorando il gol già al 3’ con un perfetto cross da sinistra di Spinazzola per Lukaku che ha completamente rubato il tempo a Dunk e ha colpito forte di testa costringendo Steele al primo grande intervento della serata. Sul corner la Roma ha palleggiato nella loro area, sfruttando forse il fattore Olimpico, stordente per chi non lo conosce, e infatti un attimo dopo Steele ha regalato un pallone a Paredes e Pellegrini e Lukaku hanno cercato vanamente di sfruttare il dono. Alla prima transizione Adingra ha fatto capire subito di essere il più pericoloso e in palla attaccante di De Zerbi, e dopo una bella percussione ha crossato basso, la palla ha colpito l’interno della gamba di Ndicka e ha rimbalzato come in un flipper sul palo alla destra di Svilar, per finire poi in angolo. Ma sul corner la ripartenza romanista è stata feroce ed El Shaarawy ha tenuto il duello fino all’area inglese, calciando poi piano. Calcio a folle velocità, tutto senza fermarsi mai, tutto pensando prima ad attaccare sfruttando se possibile qualche imprecisione degli avversari: e così al 12’ Paredes ha infilato una palla verticale per Dybala che ha tagliato il campo all’improvviso davanti a Igor e alle spalle di Dunk, fermi come belle statuine, poi ha scansato l’uscita di Steele e ha depositato in rete, frustrando l’esultanza per la bandierina alzata dell’assistente Rahmouni. E invece dopo un minuto di controlli Var il gesto assolutorio di Letexier ha liberato la gioia dello stadio proiettando subito la partita in un’altra dimensione. Perché un conto è pensare di giocare una partita secondo la propria idea di calcio, un conto è riuscirci per quello che il calcio a questi livelli  richiede, perché quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, e adesso nella Roma di duri - intesi come giocatori abituati a certi palcoscenici grazie all’esperienza maturata negli scorsi anni (e sempre grazie a Mourinho per questo) e indubbiamente grazie anche al potenziamento tattico portato da De Rossi - ce ne sono tanti e di sicuro di più che al Brighton.  

Così la partita ha proseguito secondo lo stesso spartito, con loro che puntavano ancora sulla velocità e sugli scambi rapidi in verticale e la Roma che si metteva in mezzo a rovinare i piani tattici e a ripartire con grande efficacia, e a volte palleggiava pure con la stessa sicurezza che all’improvviso gli inglesi non avevano più. Ogni zona del campo aveva il suo duello, con Cristante ad aprirsi sul terzo centrale Igor, El Shaarawy a scappare forte indietro su Lamptey, Paredes e Pellegrini incollati a Gilmour e Gros, e Spinazzola a stringere su uno dei tre attaccanti, a volte persino Welbeck. Al 25’ Adingra, ad esempio, ha lasciato sul posto Celik e ha messo sul secondo palo dove l’anziano attaccante ha superato lo stacco di Spinazzola, costringendo Svilar al primo intervento decisivo. Poi ha sfiorato il raddoppio due volte la Roma, con Lukaku e Pellegrini, e al 37’ un magnifico tacco orientato di Dybala ha mandato Celik nel vuoto della metà campo avversaria, poi la conclusione di Pellegrini è stata deviata. Serviva un segnale per capire dove sarebbe andata la partita ed è arrivato al 43’, quando un rilancio lungo di Paredes è andato dritto verso il controllo di Dunk, in teoria il loro difensore più navigato, eppure il controllo è rimasto in teoria, e in pratica è diventato  l’assist migliore per Lukaku, che ha approfittato del regalo, ha condotto la palla fino a dentro l’area e ha calciato forte sul primo palo senza lasciare scampo a Steele. Poi Svilar ha tolto dall’incrocio un altro tentativo di testa di Steele per  l’ultima sliding door della serata.

Sì, perché nonostante l’ingresso di Ansu Fati per lo svagato Enciso, la partita nella ripresa non ha cambiato forma. La Roma si è fatta cullare dalla tentazione di spegnere l’elettricità della serata, ma ad ogni tentativo di riduzione di ritmo arrivava un gesto dell’ossesso in piedi davanti alla panchina a richiamare l’attenzione di tutti, perché il lavoro procedeva ma non era ancora un capolavoro. Al 4’ Spina è andato ancora via in fascia a crossare delicato per Lukaku, la cui schiacciata è stata ricacciata da Steele fuori dalla porta e al 12’ addirittura il Brighton è ripartito in contropiede, con una volata del folletto Adingra, assist per Welbeck e sinistro alto. Il risultato pareva suscettibile ancora di variazioni e poi c’è stato l’episodio che ne ha definitivamente spostato l’inerzia: è arrivato al 19’ quando su un calcio d’angolo da destra non sfruttato da Mancini la palla è finita sul fronte sinistro ad El Shaarawy che l’ha addomesticata e ha capito dalla nuova composizione cromatica dell’area che i difensori del Brighton stavano risalendo il campo senza un criterio e tutti centralmente, così invece di calciare ha scucchiaiato la palla sul secondo palo trovando all’appuntamento Mancini e Cristante, col difensore che ha anticipato in tuffo di piede il centrocampista realizzando un gol molto simile a quello che fece Totti in un memorabile derby con la Lazio, ad 2015. Ma il meglio doveva ancora arrivare, con l’azione che quattro minuti dopo ha mandato tutti in estasi. Vale la pena raccontarla tutta: perché da un fallo laterale sotto la Monte Mario e rapido giro palla, si è arrivati dalla parte opposta a disegnare due triangoli e mezzo di seguito, prima Spinazzola-Pellegrini-Spinazzola, poi Spinazzola-El Shaarawy-Spinazzola, con nuovo taglio  in profondità per El Shaarawy che si è inventato un esterno destro pennellato verso il secondo palo dove Cristante ha anticipato Celik chiudendo con l’ultimo tocco un quadro già dipinto nella testa di quel magnifico artista della panchina che è già Daniele De Rossi. Che un minuto dopo era ancora lì arrabbiato nero per un cambio ordinato e non ancora effettuato, con Bove e Baldanzi pronti a rilevare Paredes e Dybala.

Proprio Bove ha rischiato di concedere agli avversari il gol della bandiera perdendo una brutta palla sulla trequarti, ma Ddr l’ha rassicurato con un applauso che l’ha riportato immediatamente in partita. De Zerbi si è giocato allora le ultime cartucce, virando sul 424 con Veltman ed Estupiñan terzini, i due mediani e quattro attaccanti, da destra Lamptey, Welbeck, Fati e Adingra. E in un paio di minuti hanno sfiorato altrettanti gol, spingendo in maniera un po’ confusa la palla in area mentre la Roma cercava fiato da recuperare. Ma è stato l’ultimo sussulto di una serata indimenticabile. Gli ultimi cambi hanno allungato il tabellino (dentro Ferguson e Baleba per loro, Llorente, Zalewski e Azmoun per noi), senza incidere nell’economia della gara. E alla fine De Zerbi, nell’abbraccio con l’amico De Rossi, ha riconosciuto la superiorità romanista senza accampare scuse. Confermando di essere l’uomo giusto per accompagnare la carriera che indubbiamente farà l’ultimo salto in avanti quando gli daranno una vera big. E accadrà presto.

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