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Emerson: "Racconterò ai miei nipoti di aver giocato con Totti e Neymar"

Il terzino giallorosso: "La partita con il Porto e l'infortunio al ginocchio i momenti più brutti. Francesco mi ha detto: "Sei giovane, sei forte. Hai il futuro davanti""

La Redazione
07 Novembre 2017 - 11:42

Il terzino sinistro della Roma Emerson Palmieri, tornato a Firenze a disposizione di Di Francesco, ha rilasciato un'intervista al magazine online "L'Ultimo Uomo". «L'addio al calcio di Totti? Era un giorno bellissimo. Il giorno dell'addio di Totti, io avevo ricevuto la convocazione in Nazionale e avevo già la mia roba negli spogliatoio per andare a Coverciano. Cosa mi ha detto Francesco? Sei giovane, sei forte. Hai il futuro davanti. Il momento in cui Totti si ferma a parlare con me lo porto nel mio cuore. È una di quelle cose che potrò raccontare ai miei figli e ai miei nipoti: la fortuna di aver giocato con Totti e di aver trascorso quel giorno con lui». Poi sull'infortunio ha aggiunto: «E' stato il momento più difficile della mia carriera, dopo la partita con il Porto. Quando ho fatto il contrasto ho sentito un dolore che non so neanche spiegare. Mi sono reso subito conto che era grave. Appena ho fatto quel movimento».

Il brasiliano ha poi parlato della sfida con il Porto: «Ho commesso un errore grave: è importante che lo riconosca. In quel momento tutti mi dicevano che non potevo giocare nella Roma, così mi sono seduto con Spalletti per decidere il mio futuro. Il mercato era aperto e magari potevo andare in prestito da qualche parte. Ma col mister abbiamo deciso che sarei rimasto per dimostrare il mio valore. Quando cominci a giocare, prendi fiducia, ne giochi 5-6 di fila, è normale che le cose iniziano a uscire. Il derby contro la Lazio vinto 2-0? È stata una delle mie migliori partite. Marcavo Felipe Anderson che conosco da tanto tempo, abbiamo fatto le giovanili del Santos insieme e sono riuscito a marcarlo bene. Il gol al Villarreal? Sono avanzato, avevo la palla sul destro ma non avevo nessuno a cui passarla quindi ho tirato. Contro il Sassuolo era più difficile. Era un cross di Radja e la palla rimbalzava, dovevo tirare ma pensavo di mandare la palla fra i tifosi, e invece appena ho calciato ho sentito che mi era uscita bene, ho pensato "mamma mia che gol", e invece ho preso la traversa».

Una battuta poi sul cambiamento di dieta: «Ho eliminato la coca-cola e il cibo da fast food che mi concedevo dopo le partite. Ho cominciato a pensare che la preparazione della partita della domenica comincia il lunedì». Spalletti? «Si è fidato di me nel momento in cui tutti avevano perso fiducia. Se oggi sono considerato un giocatore importante lo devo a lui. Quando è andato via sono stato triste, è normale. Quando una persona che ti vuole bene va via ovviamente ti rende triste ma il mondo del calcio è così, ora siamo avversari». Ora c'è Di Francesco che punta molto sugli esterni: «Sì, è vero, il mister insiste molto per giocare sugli esterni. Quando abbiamo giocato contro il suo Sassuolo era difficile difendere sulle fasce. Lui mi è molto vicino, mi aiuta e mi spiega cosa vuole da me. Mi chiede spesso di dare ampiezza, offrire sempre un'opzione in più in attacco, ma senza perdere di vista la fase difensiva. Giocare a destra? A destra mi trovo bene. Ho giocato lì contro Palermo, Empoli e Milan, e mi sono sentito bene, penso di aver giocato bene».

Infortunio arrivato poche ore dopo la convocazione in Nazionale: «Ci ho pensato tanto, quattro mesi. Brasile o Italia? Ora penso solo alla Nazionale italiana. Penso che un uomo deve avere solo una parola. Ci ho pensato tanto a questa decisione, quattro mesi, e quando ho detto che avrei voluto giocare per la Nazionale italiana ho dato la mia parola, e voglio arrivare fino alla fine con questa parola. Florenzi e Strootman mi dicono di non fare le cose di fretta e di tornare quando mi sento bene». Infine sul rapporto con il fratello Giovanni: «Parliamo spesso, anche lui era un terzino sinistro, ci diamo consigli su come migliorare, guardiamo le partite assieme. Era triste per il mio infortunio, sa cosa sto passando perché lui stesso si è rotto il crociato due volte e mi chiede sempre come sto. È importantissimo per me. Giovanni qualche anno fa doveva venire in Europa, ma appena prima si è rotto il legamento crociato. Qualche tempo dopo ha avuto un'altra possibilità per un trasferimento importante, ma si è rotto di nuovo il crociato. Allora ti accorgi quanto conta la fortuna o gli episodi, perché secondo me non c'è tanta differenza di talento. Ma nella vita di un calciatore cose così cambiano tutto. Io fortunato? Sì, sento che Dio si sta prendendo cura di me, ha un piano, niente succede per caso».

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Leggi l'intervista integrale di Emanuele Atturo su "L'Ultimo Uomo"

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