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L'accusa di Elisabetta Cortani: "Tavecchio mi ha molestata"

"Vi racconto quello che è successo affinché certe cose smettano di accadere". Il Romanista ha avuto accesso agli atti, ecco la ricostruzione

19 Ottobre 2018 - 15:59

«Vedendo l'altro giorno Tavecchio in prima fila ricevuto con tutti gli onori dal presidente della Repubblica Mattarella mi sono chiesta in che paese viviamo». Elisabetta Cortani, 54 anni, presidente della Lazio Calcio Femminile, quando racconta la sua storia ha la voce rotta dall'emozione e alterna momenti di profondo scoramento ad altri in cui sembra lei stessa far forza a chi le sta intorno. Da quasi un anno ha deciso di rendere pubbliche le molestie sessuali che sostiene di aver subito con forza dall'allora presidente della Federcalcio Tavecchio, ma se l'iter giudiziario sta seguendo il suo corso (è di pochi giorni fa, come riportato dal Romanista e da pochissimi altri quotidiani, la notizia che il giudice De Robbio ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dai legali di Tavecchio e ha disposto nuove indagini che dovranno fare piena luce e chiarire se la vicenda dovrà o meno finire nell'aula di un tribunale penale), sui giornali la questione non viene affatto trattata: «Può significare solo due cose: o culturalmente ritengono normale che una donna subisca quel che è capitato a me oppure Tavecchio è ancora un uomo potente, riverito come tale.

Ecco perché mi ha dato fastidio vederlo davanti al presidente della Repubblica». Noi del Romanista abbiamo deciso di raccontarla per intero questa storia perché dentro quell'ufficio della presidenza di via Allegri quel 5 agosto del 2016 qualcosa è successo e starà sicuramente ai giudici valutarne l'eventuale rilevanza penale. Ma ciò che nessuno può mettere in dubbio è che quel giorno è stato per l'ennesima volta rappresentato il clichet dell'uomo di potere che appena ne ha la possibilità manca di rispetto ad un'interlocutrice che è stata convocata per motivi esclusivamente professionali e che all'improvviso, nel chiuso di un ufficio blindato e "pulito", viene vista come una preda da blandire con modi e attitudini quantomeno imbarazzanti ("ormai non scopo più, posso farlo solo qua dentro che non mi vede nessuno"), schifosamente volgari ("ti trovo proprio bene, tu scopi molto?"), e presto si vedrà se siano penalmente rilevanti.

Servono però alcune premesse: tutto ciò che è avvenuto quel giorno in quell'ufficio è documentato interamente da una registrazione audio e parzialmente da una registrazione video (che s'interrompe nel momento in cui Tavecchio tocca l'interlocutrice all'altezza del seno, provocando lo spegnimento della minitelecamera nascosta negli occhiali poggiati sulla camicia) di cui Il Romanista ha preso visione, come di tutti gli altri atti depositati. Prima di quell'incontro, ci fu un altro appuntamento che, secondo il racconto della Cortani, fu macchiato da un altro approccio sessuale non gradito e che è stato alla base della decisione di presentarsi al secondo munita di telecamera e registratore audio. Il resto è tutto raccontato nella storia. Nell'intervista abbiamo preferito usare il più colloquiale "tu" al posto del più formale "lei", e così l'abbiamo trascritta, per non togliere niente del sapore spontaneo nel cui contesto s'è sviluppata. Chiaramente, Il Romanista rimane a completa disposizione anche dell'ex presidente Tavecchio e dei suoi legali per ogni ulteriore testimonianza sull'argomento.

Elisabetta, partiamo dall'inizio. A quando risale l'inizio del rapporto con il presidente Tavecchio?
«Il rapporto risale al 2006-2007, sotto la presidenza Levati nella divisione calcio femminile, fui nominata supplente dei delegati assembleari, ho cominciato a frequentare i vertici della Divisione e della Lnd. Poi la Levati non si è ricandidata alle elezioni ed è stato eletto Padovan, io fui nominata presidente della Consulta e rimasi delegata, rappresentavo il calcio femminile alle assemblee federali, e quindi ebbi modo di incontrare più volte Tavecchio nella sua qualità di presidente della Lnd. Quando poi Padovan si è dimesso perché i conti non tornavano e il calcio femminile non riusciva ad esplodere, ci siamo uniti in forze in tanti, noi della Lazio e poi Torres, Monza, Milan, Verona e altre e abbiamo chiesto di andare a nuove elezioni».

Come hai cominciato la tua avventura nel calcio?
«Mio fratello è stato per vent'anni nello staff della Lazio Femminile, io ero legatissima a lui anche in seguito a un lutto familiare (la morte dell'altro fratello più piccolo), le ragazze della squadra per mio fratello erano tutto, io anche uscii da un momento personale brutto e il calcio rappresentò per la nostra famiglia la salvezza. E tutto per puro volontariato. Il presidente quando sono entrata io era Tiberio Frosi».

Pare di capire che all'epoca i tuoi rapporti con Tavecchio fossero cordiali.
«Anche affettuosi. Mi incaricò, dopo la morte di mio papà, di girare l'Italia per spiegare alle varie commissioni regionali la necessità dello sviluppo del calcio femminile attraverso l'apparentamento con le squadre maschili, come poi è avvenuto in questi ultimi anni».

Di che anni parliamo?
«Fine 2012, inizio 2013».

Lavoravate in grande armonia. Mai un indizio del comportamento che avrà in seguito?
«La delusione più grande nasce proprio dal fatto che mi fidavo di lui, c'era un rapporto di stima reciproca. Finché è stato in Lega Dilettanti, non ha mai avuto un comportamento sgradevole. Poi per noi alla Lazio e per la Divisione Calcio Femminile arrivarono momenti difficili. Io ebbi qualche ritardo nei pagamenti e fui deferita e quindi non potei prender parte all'attività federale per un certo periodo. Al governo fu nominato Belloli».

Quello che disse "Basta con i soldi a queste quattro lesbiche". Un'altra felice scelta di Tavecchio...
«Esatto. Poi arrivò Rosella Sensi e con lei cominciai a collaborare seriamente, raccogliemmo le firme per chiedere di passare sotto l'egida della Figc, così scrissi al presidente Tavecchio per ottenere un appuntamento e portargli le firme».

Parliamo del vostro primo incontro con lui presidente federale.
«Sì, mi ricevette in Federcalcio, ma nella sala d'aspetto perché disse di avere altre persone nel suo ufficio. Lì chiuse la porta e dopo poco ricevetti le sue sgradevolissime avances».

Di cui però c'è solo il tuo ricordo, ovviamente nessuna registrazione.
«Logico. Chi poteva aspettarselo?».

La tua reazione?
«Sconcertata. Riuscii a balbettare qualcosa, ma ero imbarazzata e sorpresa. All'interno del Palazzo federale, il santuario del calcio, con le foto della Nazionale in bianco e nero appese alle pareti. Poi mi alzai e me ne andai».

Che periodo era?
«Maggio 2015».

Ok, poi?
«Scesi in strada, ad aspettarmi c'era il mio compagno: gli avevo chiesto di accompagnarmi perché parcheggiare a via Allegri di mattina è impossibile, mi ha atteso lì, e appena entrata si accorse subito che qualcosa di strano era accaduto. Inizialmente ero imbarazzata, non sapevo se dirlo o no, poi scoppiai a piangere al semaforo prima del Muro Torto».

Le sue reazioni quali furono?
«Quelle di ogni maschio, voleva tornare indietro, colpito nell'orgoglio, abbiamo persino litigato perché io non volevo, mi incalzava, mi chiedeva se fosse già accaduto in precedenza, insomma, non fu facile. Ero lì per parlare del mio progetto, ma era accaduto tutt'altro».

E il progetto che fine fece?
«Il mio imbarazzo fu anche per quello. Io ero stata investita di un compito da tutte le società, non potevo fare un passo indietro, io alle società avevo sempre parlato un gran bene di Tavecchio, arrivai persino a giustificare le sue frasi infelici, come quella davvero indicibile sulle "donne handicappate rispetto agli uomini", lo giustificai con il suo eloquio piuttosto limitato, figlio forse anche di un'antica cultura maschilista. Ma lui per il femminile ha fatto sempre molto. Come potevo fare un passo indietro? Lo feci però mollando l'attività con la Lazio Femminile, lasciando gratuitamente al presidente Lotito il titolo della società, ma proseguii nell'impegno di rappresentare gli altri club che mi avevano dato fiducia affidandomi quel progetto».

Ci sono elementi che portano a pensare che lui possa aver frainteso la tua confidenza. Nelle chat dei tuoi messaggi con Tavecchio, che il Romanista ha potuto visionare, si percepisce comunque un atteggiamento molto affettuoso tra te e lui e i tuoi messaggi sono di gran lunga più numerosi rispetto ai suoi.
«Non ho talmente niente da nascondere su questo che ho raccolto tutti i messaggi scambiati tra me e il presidente Tavecchio e li ho depositati in Procura. Non c'è niente di ambiguo, solo il mio modo affettuoso di rapportarmi alle persone. È il mio modo di parlare, anche con te ci siamo sentiti in questi giorni e sono stata affettuosa, no? Anzi, lui negli anni mi ha sempre invitata a chiamarlo Carlo, ma io l'ho sempre e solo chiamato "Pres", sempre per il rispetto del ruolo».

Ok. Continuiamo il racconto.
«Mi prendo un anno sabbatico, ma nel frattempo mi arrivano tanti messaggi di ragazze o delle loro mamme che mi chiedevano di tornare ad occuparmi anche del club, erano legate a me anche per i progetti sociali che portavo avanti, dalla terribile storia di Chiara Insidioso a quelle minori di tante altre ragazze che vivevano situazioni disagiate in qualche casa-famiglia. E mi convinco: faccio rinascere la Lazio Femminile dalla Serie C».

Ma il titolo non l'aveva preso Lotito?
«Sì, ma infatti lui con la Lazio Women era in serie A».

E Tavecchio? Perché torni da lui?
«Avevo fatto dei progetti per i comitati regionali e glieli volevo sottoporre via mail, ma lui mi ha invitato ad andarlo a trovare».

Te lo ha scritto per messaggio?
«No, per telefono. Lui fa così, non risponde ai messaggi e chiama».

Questi dettagli nell'eventuale dibattimento si dovranno confermare con i tabulati.
«Ne chiederemo l'acquisizione».

Perché vai con registratore audio e video al nuovo incontro?
«In cuor mio speravo che quello passato fosse solo stato un episodio sporadico, ma avevo anche deciso che se mi avesse messo di nuovo le mani addosso lo avrei denunciato. Così acquistai degli occhiali con telecamera incorporata e su consiglio di mia figlia accesi anche il registratore audio del telefono».

Ciò che accade è testimoniato dall'audio e dal video, ma il video a un certo punto si interrompe.
«Lui partì subito con apprezzamenti pesanti. All'improvviso mi disse "Ti trovo bene, scopi spesso?". E io, sorpresa, risposi subito con un "abbastanza" che a ripensarci ancora oggi non mi spiego... Ero imbarazzata e sapevo che stavo registrando, non riuscii a controllare ogni mia reazione. Sta di fatto che il video si interrompe quando lui allunga la mano sul mio seno».

La difesa dice che ti sfiorò il polso. Nel video l'immagine non è chiarissima.
«Come si capisce, io gli occhiali li misi agganciati alla camicia, come li porto sempre, del resto mi servono solo per leggere. Se mi avesse toccato il polso come avrebbe potuto spegnere il tasto di accensione? Del resto nella perizia lo stesso tribunale lo scrive esplicitamente».

Leggiamo dal documento "... avvicina la propria mano destra in corrispondenza del seno della donna provocando lo spegnimento del dispositivo di videoregistrazione".
«Appunto, ma per fortuna l'audio c'è ed è integrale».

Quel che è accaduto è negli atti. Lo sintetizziamo: Tavecchio comincia a dire che "non scopa più" perché non ha più la privacy, che l'unico posto sicuro per scopare è quello in cui si trovano perché lo ha fatto "pulire", poi passa alle avances e si sente la Cortani dire all'improvviso "Dai Pres!". E più tardi, scrive il perito del tribunale, mentre la donna spiega il suo progetto "sembra replicare con disappunto e imbarazzo ad una condotta verosimilmente non gradita da parte dell'interlocutore", dicendo "Pres!", poi "si sente lo schiocco di un bacio e lei aggiunge: Pres! Ma è tutto aperto!" e Tavecchio replica "E chi se ne frega se è tutto aperto, non ci vede nessuno", e lei "Pres! Ma che dici!", e un minuto dopo lascia la stanza.

Con lui dissimuli l'imbarazzo, poi che succede?
«Finito l'incontro, entro in macchina e ho il cedimento nervoso. Piango con Stefano e con mia figlia che mi aspettavano giù. Torniamo a casa, mettiamo la scheda video nel computer e ci rendiamo conto che il video si interrompe in quel punto, ma per fortuna avevamo l'audio».

Perché non lo hai denunciato subito?
«Mi sono presa un periodo di tempo per riflettere. C'è stato un grande travaglio, anche familiare. Temevo le reazioni di una persona potente che, come ho scritto in denuncia, spesso ripeteva di avere tanti amici anche in Procura. Oltretutto mio figlio ad esempio non voleva che questa storia finisse sui giornali, temeva le conseguenze della cosiddetta macchina del fango, e anche io ero molto combattuta».

Tipico del nostro paese far sentire in colpa chi subisce la molestia.
«Mio figlio temeva la reazione dei suoi amici. In più ci sono stati anche altri problemi, mio fratello ha avuto tre infarti nel giro di un mese, abbiamo deciso di soprassedere sul momento».

E però hai continuato a scambiarti messaggi con Tavecchio come se niente fosse accaduto.
«Da una parte volevo mantenere i rapporti professionali, in sospeso c'erano questioni pratiche che non potevo trascurare, per un po' non mi sono neanche fatta sentire. In un messaggio glielo scrivo pure».

E la questione della denuncia rimane ferma.
«Poi però esplode Me Too, il movimento americano successivo alle denunce del produttore Weinstein. E quando ormai sono sempre più orientata a denunciare vedo un'intervista dell'avvocato Giulia Buongiorno alle Iene in cui dice "denunciate sempre e comunque, anche più tardi si possono individuare dei reati satellite che magari non conoscete per i quali vale la pena denunciare". Sento dentro di me la spinta decisiva».

I malpensanti diranno che hai atteso che Tavecchio fosse caduto e magari l'hai fatto per qualche risentimento personale, magari per non aver dato seguito ai tuoi progetti... L'intervista della Buongiorno arriva proprio nel giorno delle dimissioni di Tavecchio.
«Potrei facilmente dimostrare che stavo affrontando la questione della denuncia diversi giorni prima, un incontro con avvocati e periti avvenne l'8 novembre, non era ancora stata giocata Italia-Svezia, nessuno pensava che Tavecchio sarebbe caduto».

E una vendetta personale?
«E per cosa? Non gli ho mai chiesto niente di personale per me».

Negli sms che abbiamo letto fai un riferimento a un posto alla Juventus, che avrebbe potuto raccomandarti.
«Ma è una battuta perché sembrava che neanche la Juventus all'inizio riuscisse a far aumentare l'interesse sul calcio femminile. Se avessi voluto ottenere qualcosa avrei potuto ricattarlo secondo il metodo Corona: "Ho questi documenti audio e video, quanto mi dai per farli sparire?"».

Insomma, alla fine denunci.
«Non trovai subito l'avvocato migliore, prima ne incontrai uno che fece un po' di casino a livello mediatico, poi io stessa decisi di concedere un'intervista al Corriere della Sera, ma mantenendo l'anonimato».

E come reagì Tavecchio?
«Annunciò querele che ovviamente non ho mai ricevuto».

Perché poi sei andata avanti?
«Perché queste cose non devono accadere. Sai quanti mail e messaggi ho ricevuti di donne diciamo over 30, con un carattere formato e un certo spessore lavorativo che subiscono molestie dai loro superiori e stanno in silenzio perché non saprebbero come spiegarlo?».

Ci si è messo anche il Pm che aveva respinto la tua denuncia sostenendo che mancava il cosiddetto metus e cioè "quello stato di paura e timore che è ingenerato nel privato dalla situazione di preminenza di cui usufruisce il pubblico ufficiale". Anche con uno sgradevole riferimento alla tua età.
«Ma io non voglio credere che il pm pensasse questo, io credo che per età intendesse un carattere già formato. Ma certo quella decisione è sembrata assurda, soprattutto ai quotidiani stranieri. In Italia invece ne hanno parlato in pochi. Voi e pochi altri».

Immaginiamo che la tua denuncia serva, come sempre in questi casi, anche ad evitare che simili cose si ripetano.
«È agli atti della procura anche una telefonata che ho ricevuta da una dirigente calcistica che afferma che Tavecchio abbia avuto comportamenti non consoni anche in altre occasioni e anche con lei, che se ne lamentava anche perché il suo diniego le era costato qualche passo avanti in carriera. Queste cose spero possano essere approfondite, io non ne sono stata testimone».

E ora?
«Ora credo nella giustizia, ci ho sempre creduto, e ringrazio te e il tuo giornale per questa ospitalità. Da laziale fervente non avrei mai pensato che questa possibilità potesse arrivarmi da un giornale come Il Romanista».

Non hai perso la voglia di scherzare.
«Mi piace farlo, lo avrai capito ormai. Ma seriamente ringrazio voi e ringrazio ovviamente l'avvocato Mariani e sua moglie, li ringrazierò per tutta la mia vita».

Un'ultima cosa: lunedì ci saranno le elezioni del nuovo presidente federale. Temi che in qualche ruolo Tavecchio possa ancora riciclarsi?
«Spero di no, ma non mi sorprenderebbe».

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