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L'analisi di Genoa-Roma

Ora serve il campo per trovare i rimedi

Non può più bastare dire "Troppo brutta per essere vera". Questo è il momento di lavorare meglio e correggere gli errori commessi in questo inizio di stagione

La delusione dei giallorossi dopo Genoa-Roma

La delusione dei giallorossi dopo Genoa-Roma (GETTY IMAGES)

30 Settembre 2023 - 08:54

Diventa difficile nel vortice dell’amarezza per l’inaccettabile momento che sta passando la Roma trovare dei motivi di conforto analizzando la partita di Genova. Al Ferraris la squadra di Mourinho è stata quanto di peggio si potesse mai immaginare: moscia, prevedibile, sfilacciata, inefficace, nervosa, lunga, fragile, persino maldestra nel suo via via più complicato compito di risalire la china di una gara che è apparsa segnata già dopo pochi minuti. Prestazione indecorosa, resa ancora più inquietante per la coincidenza di due fattori: di fronte c’era una neopromossa in Serie A con un allenatore esordiente e nella formazione titolare Mourinho ha potuto schierare tutti i titolari tranne due infortunati, Smalling e Renato Sanches, su cui in un modo o nell’altro in questa prima fase di stagione si sapeva di non poter contare, almeno a tempo pieno. E se è vero che già nel primo tempo si è dovuti intervenire sull’assetto per l’infortunio di Lorente, dall’altra parte Gilardino ha dovuto effettuare due cambi in mezz’ora di fatto rinunciando al centrocampo titolare, per la resa di Badelj e Strootman. Stavolta, insomma, di attenuanti non ce ne sono. È la Roma che è stata inguardabile. Perché?

La fase di possesso
Cominciando l’analisi delle quattro fasi di gioco (possesso, non possesso, poi vedremo le transizioni), si può partire dalla frase sibillina di Mourinho in sala stampa: «Nell’azione del primo gol abbiamo perso una palla malamente perché non abbiamo fatto quello che avevamo stabilito in allenamento». L’azione la rivediamo nelle grafiche della pagine accanto: dove si è sbagliato? Provando ad interpretare le parole di Mou, viene da pensare che Spinazzola sotto la pressione avversaria non avrebbe dovuto “scucchiaiare” la palla in zona intermedia, ma cercare altre soluzioni, o l’uscita chirurgica palla a terra (rischi che però la Roma difficilmente si prende) o il lancio lungo verso Lukaku. Ma sono situazioni di gioco in cui spesso la squadra giallorossa sembra trovare soluzioni istintive e poco preparate. Semmai è mancata attenzione sullo sviluppo della transizione avversaria, ma ci torneremo. Dopo il vantaggio genoano, la Roma ha provato poi ad attaccare di più, ma lo ha fatto in virtù di un possesso palla piuttosto sterile che mancava sempre del presupposto principale tipico delle squadre che sanno attaccare con convinzione: lo smarcamento preventivo. Quando il pallone arrivava esterno dopo il giro palla sempre troppo lento, ad esempio, raramente Kristensen o Spinazzola si facevano trovare con la postura e l’atteggiamento giusti, propedeutici all’attacco dello spazio con o senza pallone, magari tentando l’uno-due, con compagni preventivamente disponibili, o provando il dribbling. Così la soluzione più adottata era il controllo del pallone di nuovo verso l’interno per l’inevitabile retropassaggio che favoriva un altro giro palla lento. A differenza di quanto era accaduto nel più dinamico primo tempo di Verona, peraltro, sono mancati i movimenti sincronizzati tra le punte e le mezzeali, così se Dybala veniva incontro e veniva cercato alto Lukaku, non c’era l’attacco alla profondità della mezzala opposta (Pellegrini) o lo scarico pronto sulla mezzala di zona palla (Cristante), né i contromovimenti giusti a creare il presupposto del passaggio in sicurezza (e tanti sono stati infatti gli errori tecnici in rifinitura). Tante piccole smagliature che rendevano prevedibile la manovra e facevano sentire comodi i padroni di casa. Il gol è nato invece da una felice quanto solitaria incursione di Cristante in un momento d’incertezza generale perché Llorente era fermo a terra e chiedeva il cambio e qualche genoano attendeva solo che il pallone venisse messo fuori per consentire la sostituzione. Bravo in ogni caso Spinazzola a calciare forte e tagliato quel pallone come per tutta la partita non è più riuscito a fare nessuno, né dal fondo né sulle punizioni laterali o frontali fuori area, in cui si sono alternati senza fortuna Pellegrini e Paredes.

La fase di non possesso
Quando invece la palla ce l’avevano gli avversari, la Roma per un lungo periodo è sembrata incapace di opporre una difesa efficace almeno nelle due zone più lontane dalla propria porta. Le pressioni offensive, ad esempio, risultavano approssimative. C’è stato un momento, ad esempio, in cui queste difficoltà hanno avuto una plastica evidenza: intorno al 15’ del primo tempo e quindi sul risultato di 1-0 per il Genoa, Pellegrini è uscito sul terzo centrale (il braccetto di destra, Dragusin) lamentandosi della mancata copertura sul play (in quel momento Frendrup) di Paredes che però in quello stesso istante si stava lamentando con Llorente per la mancata copertura in uscita alta su Gudmundsson, poi sulla palla tornata al portiere Cristante ha provato a chiudere la parte di Frendrup chiedendo però supporto perché nel frattempo Strootman era senza copertura. Una disorganizzazione evidente rispetto ad uno schieramento avversario classico (tre centrali, tre centrocampisti, due esterni, due punte) e conosciuto alla vigilia. Inevitabile la domanda: alla lezioni sulle pressioni da portare, il maestro non è stato chiaro o gli scolari sono stati disattenti? E ancora: quando la Roma era in manovra, le distanze tra la linea difensiva del Genoa schierata, il centrocampo e l’attacco in pressione (sia a blocco basso, sia a blocco medio) sono rimaste corte e costanti in ogni momento. Molto spesso, invece, la Roma si è fatta trovare con la linea dei difensori bassi per non lasciare spazio alle spalle, gli attaccanti troppo alti e i centrocampisti in balia dei movimenti assai dinamici degli avversari, in zone franche e assai poco dense di maglie bianche. Questo atteggiamento consente alla Roma di evitare di prendere palloni alle spalle della linea di difesa, ma espone spesso i difensori ad attacchi in velocità e in parità numerica in cui sarebbero fondamentali doti di intepretazione rapida (in cui è maestro Smalling, ad esempio) o velocità nel breve (Ibañez eccelleva in questo) di cui i difensori schierati a Genova non sono dotati. E contro Frosinone, Servette e Cagliari difficilmente ci saranno altri interpreti (anzi, è in infermeria anche Llorente adesso). E poi il disastro sulle transizioni: nelle azioni dei due gol del Genoa del primo tempo, sono mancate le capacità di contrasto e gli accorciamenti preventivi che avrebbero potuto complicare almeno la vita per i rifinitori del Genoa, invece assai a proprio agio nei metri di spazio generosamente concessi dai difendenti in maglia bianca. Un quadro piuttosto sconfortante, insomma, da cui si può trarre balsamico sollievo solo nel filosofico rifugio del “troppo brutta per essere vera”, anche se sarebbe preferibile una più responsabile presa di coscienza generale e magari un più attento lavoro didattico sulla testa, le gambe e soprattutto il campo.

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