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L'analisi della gara col Bodø: se abbassi il ritmo non è più vera Roma

Dopo il vantaggio di Pellegrini, la squadra di Mourinho ha provato a gestire il risultato. Male. Ma ci sono speranze per il ritorno

L'esultanza dopo il gol del momentaneo 1-0 contro il Bodo/Glimt (AS Roma via Getty Images)

L'esultanza dopo il gol del momentaneo 1-0 contro il Bodo/Glimt (AS Roma via Getty Images)

09 Aprile 2022 - 10:40

Per spiegare il motivo per cui la Roma su tre partite giocate contro il Bodø non ha mai vinto, ha subito 10 reti, rimediando due sconfitte e un pareggio, peraltro piuttosto rocambolesco, bisogna partire da un presupposto: nel calcio moderno non esiste più la retorica della squadra del paesino di pescatori magari di un campionato poco competitivo con date stagionali improbabili e conseguenti preparazioni atletiche approssimative (il campionato norvegese si svolge d'estate, quindi è appena cominciato) e altre banalità del genere. Oggi se ti puoi permettere un budget discreto, hai dirigenti avveduti e un allenatore bravo chiunque può mettere in difficoltà a chiunque. I valori tecnici possono essere azzerati con una strategia di gioco azzeccata, soprattutto nel breve respiro di uno scontro diretto.

Onore al merito

Per capirci, il Bodø è una squadra che gioca un ottimo calcio, che ha concetti di gioco validi sia in fase di possesso sia in fase di non possesso. Knutsen schiera la sua squadra con un 433 corto, compatto e stretto. Quando la palla ce l'hanno gli avversari rivolge i suoi giocatori come se fossero uniti da una cinghia elastica sempre in direzione del pallone, i movimenti all'interno delle linee sono sincronizzati e misurati, nelle uscite in pressione. Quando si muovono nel loro habitat naturale, ad esempio sul terreno sintetico dello stadiolo Aspmyra, non c'è niente che possa distogliere i calciatori dal rispetto delle consegne individuali e di reparto. Non cambiano mai la loro filosofia, sia che affrontino una squadra nettamente superiore dal punto di vista tecnico, come la Roma, sia che affrontino l'ultima del loro campionato, che in Italia faticherebbe magari a vincere il campionato di Lega Pro. Attraverso questo concetto generale il Bodø può permettersi di perdere giocatori importanti, come quelli venduti sul mercato a gennaio (Berg e Botheim), o anche di lasciare a casa l'influenzato top player (Solbakken) e nulla cambia nella loro filosofia. Certo che il loro limite può venire fuori quando la differenza tecnica si fa più marcata ed è questo il motivo per cui sarebbe impensabile immaginare oggi un Bodø che possa vincere oltre al campionato norvegese anche una coppa europea. Ma possono dar fastidio a chiunque, soprattutto in casa.

Parola di guru

Ecco perché riteniamo che oggi la Roma abbia invece ottime chances ancora di qualificarsi. Da qui si potrebbe innestare un discorso piuttosto complesso che porterebbe ad inquadrare polemicamente le parole che un "guru" come Fabio Capello continua a diffondere (ieri sul Corriere dello Sport) a proposito della necessità della scuola italiana di tornare a recuperare il patrimonio delle antiche tradizioni. Probabilmente l'Italia ha bisogno dell'esatto contrario, e per fortuna lo sta facendo da diversi anni in qua, da quando Guardiola ha dimostrato al mondo che era possibile praticare un tipo di calcio diverso per ottenere risultati importanti: se poi hai anche Messi, Iniesta e Xavi vinci a ripetizioni le Champions League, se non ce li hai come minimo migliori le potenzialità della tua squadra e riduci il gap con le big. Per fortuna, quindi, caro Capello, i tecnici di tutto il mondo hanno scopiazzato Guardiola, sai sennò che divertimento a fare difesa e contropiede. Ci sarebbe da fare poi un'ulteriore digressione a proposito di quanto il calcio di Moggi rappresentasse il calcio all'italiana, e lo potremmo chiedere proprio a Capello, ma siamo sicuri che non risponderebbe.

L'errore della Roma

Ciò che interessa oggi invece è capire quali sono i margini che la Roma abbia di recuperare una situazione che si è fatta complicata. La prima considerazione che va fatta è che, per fortuna, Mourinho ha da tempo lasciato i dettami del calcio antico di Capello. È vero che al centro della sua filosofia tattica c'è ancora l'equilibrio difensivo e da lì sempre parte per costruire le sue squadre. Ma è innegabile che il gioco della Roma oggi sia un gioco moderno, almeno nelle intenzioni, che non disdegna la costruzione dal basso (vedi anche il gol di giovedì, 51 secondi e 18 passaggi consecutivi), che si sviluppa attraverso un palleggio sofisticato e che arriva fino a pressioni offensive come quelle che coraggiosamente la Roma ha messo in atto soprattutto nel primo tempo della sfida in Norvegia.

Shomurodov prova a superare in dribbling un avversario (AS Roma via Getty Images)

Il problema anche a Bodø è stato forse l'opposto, quando la Roma prima in vantaggio e poi accontentandosi del pareggio ha abbassato l'intensità e l'aggressività del proprio gioco, lasciando che i norvegesi mantenessero il controllo del palleggio e aprendo di fatto la strada a quegli attacchi che nel finale hanno portato poi gli avversari ad ottenere un premio persino superiore rispetto a quello che si è visto in partita. Ma la Roma non ha demeritato, e non si può dimenticare che ha preso due gol con altrettante carambole. Il primo è stato un infortunio totale passato attraverso un tiro sbilenco, una deviazione di schiena e una papera del portiere romanista. Il secondo attraverso un posizionamento sbagliato sulla punizione e comunque sempre attraverso la deviazione con la coscia di un giocatore della Roma (Viña) senza la quale forse la palla sarebbe terminata fuori. Nello specifico va detto che lo schieramento a zona mista dei giocatori della Roma su quel calcio di punizione doveva per forza prevedere una cerniera che servisse a non far passare il pallone nel cuore dell'area: c'era Ibanez, ma guardava più quel che succedeva fuori area. E non è neanche vero, come ha sostenuto Bergomi nel salottino televisivo di commento a Sky, che la Roma marcasse a zona. Il problema è stato proprio che Cristante, inizialmente messo sul numero 10 norvegese, è stato fermato da un blocco e non ha potuto quindi seguire il suo avversario.

Le chances della Roma

Motivi per sperare però, lo ripetiamo, ce ne sono. Intanto l'Olimpico tra cinque giorni non sarà una comfort zone per i norvegesi, sia per la temperatura sia per il terreno, ma anche per la spinta di uno stadio pieno: sono tutti elementi che potrebbero distogliere in qualche modo la concentrazione degli avversari, togliendo loro quella che è la principale qualità, la compattezza. Tecnicamente poi i giocatori della Roma potrebbero esprimersi a livelli superiori rispetto a quello che hanno fatto intravedere l'altra sera e la concentrazione non mancherà in nessun momento, considerando che al 99% sarà una partita con il risultato in bilico fino all'ultimo secondo di gioco.

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