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Per la Roma

La solita storia, l’insolito cambiamento

Perché poi, di fondo, il problema è proprio questo: di pallone ne parlano tutti convinti, però, di parlare di calcio. Figurarsi oggi, poi, che esistono i social

Abraham e Mourinho durante una partita

Abraham e Mourinho durante una partita ((As Roma via Getty Images))

26 Ottobre 2022 - 11:00

Ero davvero molto piccolo il 12 febbraio del 1984: all’Olimpico la ROMA contro il Torino. Quel giorno, invece che ai nostri soliti posti, con mio padre e mia sorella andammo a vedere la partita in Tevere. La Tevere bassa, da bambino, significava poter guardare i miei beniamini più da vicino perciò immaginate la felicità nel potermi godere ogni azione con i calciatori a corrermi davanti invece che tanto distanti come li avevo sempre visti dalla curva.

No, questo non è un pezzo amarcord… voglio semplicemente arrivare a parlarvi del signore che, quel pomeriggio, era seduto proprio davanti a me. Un signore di mezza età, che passò tutta la partita a insultare Roberto Pruzzo perché, a suo dire, aveva il "culo pesante" e, soprattutto, non segnava mai. Sì, lo so: mettere Pruzzo e non segnare mai nella stessa frase già, di per sé, fa parecchio ridere. Fatto sta che, sul risultato di 1-1, indovinate un po’ all’83’ chi siglò il gol vittoria? Manco a dirlo, proprio il Bomber di Crocefieschi.

Poi gli ultimi minuti di sofferenza – palo di Dossena – prima del triplice fischio con i giocatori ad abbracciarsi e a salutare il pubblico e proprio Pruzzo, fatalità, a due passi dalla Tevere e da quel signore che fino a qualche attimo prima lo aveva insultato incessantemente e poi, in quei momenti di festa, gli gridava parole d’amore stile "Bomber sei un grande!".
Tornando a casa – sono passati tanti anni ma lo ricordo come fosse oggi – ci ridemmo parecchio con mio padre. E, in realtà, ci rido ancora ripensando alla schizofrenia sentimentale di quel tifoso e, soprattutto, alla sicurezza con cui voleva convincere tutti quelli accanto a lui che Pruzzo e il gol erano due cose differenti.

Perché poi, di fondo, il problema è proprio questo: di pallone ne parlano tutti convinti, però, di parlare di calcio. E, allora, vale tutto e il contrario di tutto… figurarsi oggi, poi, che esistono i social cosa uscirebbe dalla tastiera del telefono di quel signore nel commentare, e pitturare, Mourinho, Abraham, Pellegrini e chi più ne ha più ne metta.
Lo so, questo racconto dimostra che la grottesca e noiosa altalena di giudizi è sempre esistita. Ma c’è una cosa che è cambiata parecchio: prima certi strafalcioni venivano subissati dalle risate, oggi – invece e purtroppo – dai like.
È il segno dei tempi.

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