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Controvento

Non si butta via nulla nel mare nostrum

La prestazione è stata raccapricciante, il risultato se possibile di più. Senza se e senza ma. Delusione, quindi. Che però non vuol dire buttare tutto a mare.

Mourinho durante Juventus-Roma

Mourinho durante Juventus-Roma (GETTY IMAGES)

06 Settembre 2022 - 09:30

Mantenere la barra dritta quando la nave è in balia della tempesta è l’atto più difficile. Forse anche il più rivoluzionario. Perché avoja a fare proclami, ma se le falle imbarcano acqua abbandonare è la prima tentazione. La più umana, volendo. Non la più romanista però. Non si tratta di essere temprati da anni di sofferenze e batoste mal digerite e via sciorinando tutto quell’infinito e ripetitivo elenco a metà strada fra realtà e leggenda mainagioista. È invece questione di attaccamento, identità, orgoglio. Quando siamo in piena burrasca, la voglia di stringersi è più di un po’. Alla squadra e fra noi. O almeno così è sempre stato, prima dell’era social.

Ora le cose sono un po’ cambiate e nel mondo che va perennemente a mille all’ora, vale il contrario di quanto si sosteneva appena qualche ora prima: il mercato che il 2 settembre era un capolavoro è diventato già «deficitario«; Mourinho è tornato a essere «bollito«; Pellegrini «inadeguato», e così via. Per non parlare del trionfo europeo, dimenticato se non sparito. Sgombriamo il campo da pericolosi equivoci, sempre in agguato in casi simili: nessuno vuole giustificare gli obbrobri di Udine. La prestazione è stata raccapricciante, il risultato se possibile di più. Senza se e senza ma. Delusione, quindi. Che però non vuol dire buttare tutto a mare. Soprattutto se è mare nostrum. Che si provi gusto a farlo dall’altra sponda è più scontato dei “fuori tutto” di fine stagione e in qualche modo fisiologico, che accada da questa parte è molto meno comprensibile, oltre che nocivo.

Nel day after della rovinosa caduta in Friuli è tornato in voga quel glossario che i nemici-giurati-di-professione sono stati costretti a mettere in naftalina per mesi. Maltornati! Ma certo non sarà una sconfitta, per quanto foriera di legittima incazzatura, a portarci via quanto di buono costruito in un anno. Anzi: magari ripenseremo in futuro al nulla della Dacia Arena come all’eccezione di un’ottima annata. Potrebbe essere la parentesi amarognola di una stagione all’insegna del miele. Questo allenatore e i suoi ragazzi possono cadere, certo. Come tutti. Soprattutto gli imperfetti (e noi lo siamo ancora, a prescindere dai peana suonati ad arte da chi non è animato da grandi simpatie verso la Roma). Ma hanno già dimostrato che non conoscono cedimenti strutturali. A ogni caduta corrisponde sempre una reazione e non c’è posto per chi molla. Con le gambe, ma soprattutto con la testa. Parola di José.

Se c’era qualcosa su cui avremmo scommesso forse non tutto ma più o meno tutti, è che questa squadra non avrebbe più sbracato. Fino a Udine. A Torino ha scricchiolato pericolosamente, vero, ma è riuscita a riprendere la rotta dopo un tempo che lasciava poche speranze perfino ai più ottimisti. La strigliata di Mou è servita eccome. E meno di un anno fa servì Bodø, a cui oggi ripensiamo con un sorriso enorme quanto lo scoramento di quel giorno. Chissà che la stessa sorte non accompagni i lucciconi del bambino inquadrato a Udine, che le sue lacrime si perdano in questo sconfinato e a volte incomprensibile mare. Sempre nostro però. Dove non si butta via nulla. Ora più che mai.

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