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Cronache marziane e teatro dell'assurdo

«La Roma sul podio li ha fatti tornare tutti incazzati»: non si può spiegare in alcun modo la ridda di commenti al vetriolo sulla direzione di Abisso in Roma-Torino

Rosario Abisso in Roma-Torino, di Mancini

Rosario Abisso in Roma-Torino, di Mancini

19 Dicembre 2020 - 08:58

Che il genio immortale di Ray Bradbury potesse fare proseliti perfino nella cornice mediatica della nostra Serie A, forse nemmeno lui avrebbe potuto immaginarlo. Anche se in teoria saremmo in pieno svolgimento delle sue Cronache marziane, ambientate fino al 2026. «L'astronautica ci ha fatto tornare tutti bambini», recita l'epigrafe del capolavoro. Noi che siamo molto più prosaici e infinitamente meno fantasiosi, ci limitiamo a un semplice «la Roma sul podio li ha fatti tornare tutti incazzati». Altrimenti non si spiega.

Non si può spiegare in alcun modo la ridda di commenti al vetriolo sulla direzione di Abisso in Roma-Torino. Come fosse stata decisiva a indirizzare una partita dominata dal primo all'ultimo minuto. Come se la squadra di Fonseca fosse stata favorita negli episodi chiave. A partire dall'entrataccia di Singo (che non è Tamai, ma per un intervento simile nemmeno in un cartone avrebbe evitato il cartellino) punita col doppio giallo. Come se il fanalino di coda Toro di Sua Editoria Cairo non l'avesse messa sull'intimidazione fisica fin dal fischio d'inizio (per conferme basta rivedere i due falli di Lukic in 40 secondi, al primo minuto di gioco). Come se Bremer non avesse steso Dzeko. O anche come se avesse protestato dopo il fallo da rigore. Invece no.

Gli autori dei falli incriminati non hanno fatto una piega. Rei confessi nella mimica. Proprio come Ayhan del Sassuolo dopo la sua parata (in quel caso impunita), sempre contro la Roma. Ci ha pensato il tribunale del riesame mediatico non solo a concedere l'assoluzione ai granata, ma anche a farli passare per martiri di un arbitraggio «disastroso», «imbarazzante», tanto per citare gli aggettivi più abusati giovedì sera. E meglio non pensare ai condizionamenti, sapendo che a Bergamo toccherà a Di Bello, Var di giovedì, dirigere. Una levata di scudi che manco per lo Juve-Roma con tripletta di Rocchi (ah, no, in quel caso no). C'erano proprio tutti. In fila, pronti a gridare allo scandalo. Anfitrioni nei salotti di emittenti satellitari, ex prime donne di tv di stato in auge durante Calciopoli (e all'epoca dileggiatori di chiunque mettesse in discussione il sistema arbitrale), pseudo-vip tifosissimi di quegli altri. In fila e in coro a commentare sdegnati il contrario di quanto le immagini (peraltro poco interpretabili) hanno mostrato. Il trionfo della realtà virtuale. La mistificazione dell'evidenza. E il paradosso risiede anche nella tempistica. Tutto è accaduto a distanza di pochi giorni da Roma-Sassuolo, quando di fronte allo scempio perpetrato da Maresca la parola d'ordine generale è stata: soprassedere. Se non giustificare o minimizzare. Roba ai confini della lealtà. Sì, con la "L".

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