Testa a Cremona: il riposo non esiste
Oggi zero complimenti, zero fanfare, la bontà del lavoro di Gasperini si vedeva da Kaiserslautern e anche nelle sconfitte. C'è solo da continuare a lavorare
(GETTY IMAGES)
Dio forse esiste. Il riposo sicuramente no. Non scriverò una parola sulla bontà del lavoro di Gasperini perché il valore di quello che sta facendo è stato evidente sin da subito. Si vedeva da Kaiserslautern. Si è vista nei primi 30’ col Bologna, nel secondo tempo a Pisa, nell’atteggiamento nel derby, nella ripresa con l’Inter e col Parma, nella vittoria a Firenze, nei 90’ di Reggio Emilia, nei 37’ da Louvre contro il Milan. È sempre stata figlia del suo allenatore (mai assomigliato a Ranieri). La Roma che si sta gasperizzando allargandosi a macchia d’olio (su tela) sul campo è un processo iniziato dal momento in cui si è scelto un Lavoratore Capace. C’era anche nei ko col Toro e con le milanesi, o con quelle mezze inutili in Uefa: eppure per una mezza partita il mondo ha rimpianto Ranieri, gracchiato “Geppetto bla bla bla”, delirato sulla fenomenite di un tecnico che, anche se volesse farne uso, non credo sappia cosa sia (mentre chi lo diceva sì). Oggi zero complimenti, zero fanfare, oggi ancora più di ieri c’è da lavorare. Soprattutto nelle due settimane di riposo che non esiste. La Roma che è prima, e gioca con il romanismo come modulo e schema, è la Roma che è rimasta centrata mentre tutto il mondo deragliava appresso a chiacchiericci, mode critiche del momento, riflessioni apparentemente profonde e persino “ribelli”, per questo dozzinali. Non dico niente. Tifo e spero di rivedere questa squadra a Cremona. Finora c’è sempre stata (quando ha perso non è mai stata dominata). E stavolta il tabellino con l’Udinese rende clamorosa giustizia, alla voce marcatori: L. Pellegrini, Celik. Due giocatori simbolo della serietà, e della sofferenza, di questa squadra.
Pellegrini un anno fa con l’Udinese entrava tra 40.000 fischi, domenica con l’Udinese è uscito fra 60.000 applausi. L’anno scorso ha segnato alla Lazio, su rigore all’Udinese e in Coppa, quest’anno ha segnato alla Lazio, su rigore all’Udinese e in Coppa. Il tempo si ripete per far vedere come passa. E come passa per Zeki Celik, ridotto a meme dai romanisti 3.0, che più che il tricolore sognano di diventare Ricky Gervais, senza alcuna possibilità nemmeno di avvicinarcisi (il sarcasmo “famolo” coi potenti). Credo che dopo quelle di Falcao, di Tommasi a Bergamo, di Cassetti nel derby, la mia esultanza preferita adesso è quella di Celik con l’Udinese: segna sorride, abbozza un gesto, come se avesse segnato al figlio al parco, e immediatamente torna verso il centrocampo educato così com’è al lavoro. Era al suo primo gol in Serie A! Questo per me è romanismo.
Alla voce marcatori ci sarebbe dovuto essere: “atteggiamenti di Pellegrini e Celik”. Fiori di grotta. Sono quelli che sbocciano solo in certe condizioni ambientali, difficili e senza sole, e che per questo sono i più belli. Fiori che però non sopravviverebbero se sovraesposti. In un mondo che canta che in un mondo di Paul e John sono Ringo Starr io sono George Harrison anzi preferisco i Rolling Stones. In un mondo che canta che nessuno vuole essere Robin, io voglio convintamente essere Batman o qualsiasi eroe che ci porti a vincere. Non credo alle favole, credo a Geppetto che le costruisce. A Gasperini. A gente come Pellegrini e Celik, a chi la Roma la tratta come quei fiori della grotta tenendosela, zitto, dentro il cuore. Testa a Cremona. C’è da lavorare: il riposo non esiste.
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